El Sanguanel de RefavaieLuca Salvagno è un disegnatore particolare, che oltre a essere stato uno dei continuatori designati dell’opera di Jacovitti ha sviluppato sia uno stile umoristico autonomo che uno stile realistico che nulla hanno a che vedere con quello surreale del Maestro.

Complice l’intervento della Pro Loco di Prade Cicona Zortea la casa editrice bellunese DBS ha meritoriamente salvato dalla semi-clandestinità del Messaggero dei Ragazzi (rivista diffusa solo per abbonamento, di cui da alcuni anni ho perso le tracce persino a Lucca) un lavoro di cui Salvagno è autore completo, El Sanguanel de Refavaie.

La storia riprende un personaggio del folklore trentino, Saverio Gobber detto El Sanguanel de Refavaie, che mentendo sulla sua età nel 1914 parte a dieci anni per lavorare sui monti e contribuire così all’opera bellica dalla parte degli Austriaci. Conclusa questa prima parentesi introduttiva Saverio partirà alla ricerca della madre internata a Braunau con il fardello aggiuntivo di proteggere un misterioso manoscritto, quasi una reliquia con poteri taumaturgici, affidatagli da un vecchio.

Nell’arco di due anni, grazie alla sua determinazione e forse per intercessione divina, diverrà praticamente l’unico civile a percorrere la Valle del Vanoi dove si nasconde dai soldati di entrambe le fazioni e alla fine, stremato e malconsigliato dalle presenze sovrannaturali che infestano quelle zone, cercherà di imitare il “Sanguanel”, una creatura leggendaria che si narra crei le valanghe percuotendo il terreno col bastone.

El Sanguanel de RefavaieI disegni sono stupendi e il formato quasi A4 del volume, unitamente alla carta impiegata (una patinata lucida ad alta grammatura), rendono pienamente giustizia al lavoro di Salvagno. I fitti tratteggi con cui occasionalmente dà corpo e vita ai personaggi e ai panorami possono ricordare Eleuteri Serpieri o Sicomoro, ma la grande attenzione per la composizione delle tavole e per gli equilibri degli elementi, resi con un contorno più marcato a seconda della loro importanza, lo apparentano a Giacinto Gaudenzi e anche un po’ a Sergio Toppi, pur se risulta più espressivo di entrambi.

I paesaggi e gli sfondi sono curatissimi ed è evidente lo scrupoloso lavoro di documentazione (testimoniato d’altra parte anche dall’appendice), ma il banco di prova dell’abilità di Salvagno sono gli animali, tra i soggetti più difficili da rappresentare in maniera realistica senza che sembrino impagliati, e che vengono resi con grande maestria.

La professionalità di Salvagno non si limita comunque al disegno: con consumata abilità fa ricorso a un coro greco di diauli per rendere più vivace la narrazione e descrivere quelle circostanze e quelle sensazioni che delle semplici didascalie avrebbero banalizzato. La presenza di Astarot, Belial e compagnia non è solo una metafora della presa di posizione antimilitarista, ma è un elemento integrato nella trama giustificato dal fatto che da bambino Saverio assistette alla rappresentazione di Godimondo e Fortunato insieme al padre prima che questi partisse per “la ’Merica”.

Da segnalare infine, per quanto possa sembrare paradossale, che la guerra è evocata con incredibile efficacia, è una presenza incombente che tutto permea, nonostante in concreto non ci siano scene di battaglia e la “vera” guerra in pratica non si veda mai.

La qualità di stampa è perfetta, impensabile per molti editori di fumetti italiani: i tratteggi non sono tremolanti, i neri sono belli compatti e si vedono addirittura i depositi di pigmento in alcune pennellate di Salvagno, che ha usato un medium liquido (acquerelli o chine o ecoline) per colorare le tavole.

El Sanguanel de RefavaieLa rischiosa idea di Salvagno di usare quasi solo tavole doppie a partire dal secondo capitolo (godibilissime su rivista spillata ma difficili da ammirare nella loro interezza su un albo brossurato) non ne pregiudica la lettura perché il volume ha una foliazione di sessanta pagine, una robusta rilegatura a filo refe e un grande formato. Quindi le pagine si possono tranquillamente spalancare senza perdersi i dettagli centrali delle tavole e soprattutto senza timore che si stacchino dal dorso.

Per la cronaca, in un’epoca di digitalizzazione selvaggia, anche il lettering è fatto da Salvagno in persona (o forse da qualcun altro, ma è comunque fatto a mano).

Oltre a un’introduzione, il volume consta di una testimonianza dello stesso Salvagno in appendice e di un buon apparato iconografico.