Come vantarsi di avere piantato gli studi d’ingegneria navale a 5 esami dalla laurea per fare il critico cinematografico? […] L’unica giustificazione che posso addurre a conforto di una decisione che oggi più che mai dovrebbe apparire inconsulta, oggi che i critici di quotidiani e settimanali, quando trovano spazio, debbono limitarsi a compilare dei boxini e delle minicritiche, oggi che i mensili di cinema non li legge più nessuno, potrebbe essere data dall’aver iniziato la mia carriera non come critico, ma come organizzatore di Circoli del cinema. “Operatore culturale” sarebbe il termine attualmente in uso, un’attività che nell’immediato dopoguerra ti dava la sensazione di creare qualcosa, l’illusione di migliorare i gusti del pubblico, o di creare il pubblico di domani, e anche di soddisfare un tuo particolare capriccio: quello di renderti possibile la visione di film altrimenti invisibili.
L’essenza di Callisto Cosulich e della sua passione per il cinema è tutta racchiusa in questa affermazione: il desiderio di trasmettere cultura alle nuove generazioni e di scoprire un universo cinematografico sconosciuto ai più.
Sarà proprio il suo amore per il grande schermo a indurlo, nel 1992, a presentare le dimissioni da delegato per l’Italia al Festival di Berlino perché in disaccordo con i produttori italiani che avevano ritirato dalla manifestazione Il ladro di bambini di Gianni Amelio, Morte di un matematico napoletano di Mario Martone e La discesa di Aclà a Floristella di Aurelio Grimaldi. “Dopo la decisione dei produttori di ritirare i tre film già selezionati dal Festival non mi restava che rassegnare le dimissioni e le ho comunicate al ministro Carlo Tognoli e al presidente dell’Anica, ossia dell’associazione delle industrie cinematografiche, Carmine Cianfarani. La decisione presa dai produttori danneggia tutto il cinema italiano”, dichiarerà il critico alla giornalista del Corriere della Sera Giovanna Grassi, che dedicherà all’episodio l’articolo: Berlino: l’Orso perde l’Italia. A dimostrazione che Cosulich non è personaggio da sottostare alle ambiguità e ai giochi di potere del mondo cinematografico.
Classe 1922, Callisto Cosulich, nell’era in cui il digitale ha il sopravvento sui contatti umani, si affida solo alla sua poderosa memoria e alle sue “scartoffie”, ragion per cui riuscire a definire una chiara e precisa bibliografia del “materiale” da lui realizzato in oltre sessant’anni è un’impresa che richiede molto impegno e costanza. Doti che certamente non mancano a Elisa Grando e Massimiliano Spanu, giornalista professionista lei, insegnante di Semiologia del Cinema e degli Audiovisivi lui, che con entusiasmo e passione hanno accettato la sfida di raccogliere in un unico volume saggi e testimonianze su questo protagonista della critica cinematografica italiana; il tutto arricchito da circa trenta pagine di immagini e memorie, e da una vasta bibliografia che include non solo la maggior parte degli articoli e dei saggi dell’autore, ma presenta anche un elenco delle apparizioni, citazioni e interviste RAI che lo vedono protagonista. Il libro, intitolato Il coraggio della cinefilia. Scrittura e impegno nell’opera di Callisto Cosulich, è stato presentato il 24 gennaio scorso nell’ambito del Trieste Film Festival. All’evento ha preso parte anche lo stesso Cosulich che, grazie alle nuove tecnologie, ha potuto far sentire via telefono la sua squillante voce di quasi novantenne dotato di una gioia di vivere e di una parlantina da fare invidia ai ventenni presenti al Caffé Tommaseo.
Il testo nasce come prosecuzione del progetto Lo schermo triestino, della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Trieste, che vanta già al suo attivo tre monografie dedicate ad altrettanti protagonisti della realtà cinematografica: Franco Giraldi, lungo viaggio attraverso il cinema; Giacomo Gentilomo, cineasta popolare e Tullio Kezich, il mestiere della scrittura; tutti editi dalla Kaplan edizioni di Torino, ad eccezione, appunto, del volume su Cosulich, edito per l’occasione dalla EUT di Trieste. In tempi di crisi come questi, iniziative del genere, che permettono di riscoprire l’amore viscerale per un mestiere in cui conta soprattutto il bagaglio culturale e la volontà di metterlo a disposizione degli altri, esprimendo giudizi non basati su preconcetti ma che tengono sempre in considerazione i contenuti, aiutano a comprendere quale sia la vera essenza della vita.
I numerosi saggi, e le testimonianze di amici e colleghi che hanno avuto la possibilità di conoscere direttamente Cosulich, uno su tutti Franco Giraldi, permettono non solo di definire il suo stile critico, ma di tracciare la storia di un personaggio che ha saputo scegliere consapevolmente la sua strada e seguirla fino in fondo. Cosulich non ha mai dato niente per scontato e, nel suo lavoro, non si è mai lasciato influenzare da idee preconcette; si è occupato del cosiddetto cinema scomodo, di pellicole censurate, di horror politico e di sottogeneri, come sottolinea Massimiliano Spanu nel suo saggio La scrittura politico-culturale: Callisto Cosulich tra televisione, critica e lotta alla censura, per non parlare poi del cinema porno di cui, in un numero di ABC del 1969, cerca anche di tracciare una sorta di porno-geografia, che spazia dal sadomaso dei paesi anglosassoni ai film di lesbismo scandinavi senza tralasciare i film blasfemi e profanatori dei paese cattolici. L’amore per la settima arte non gli impedirà, su suggerimento di Gaetano Baldacci, direttore proprio di ABC, di prendere la tessera da cronista in Parlamento, esperienza che gli permetterà di affinare le sue doti di critico e di individuare, nel testo audiovisivo, anche un “contesto” sociologico, economico, legislativo, politico.
Il bellissimo rapporto di rispetto e stima reciproca nato tra Roberto Rossellini e Callisto Cosulich, di cui nel libro rende testimonianza il figlio Renzo Rossellini, oltre allo stesso Cosulich nella sua conversazione con Elisa Grando, dimostra poi come le più grandi amicizie possano nascere anche tra due persone che stanno “ai lati opposti della barricata”. Cosulich, infatti, aveva criticato alcuni film di Rossellini, a volte ricredendosi anni dopo, ma ciò non toglie che l’ultimo articolo scritto dal regista prima di morire sia nato proprio su suggerimento dello stesso Cosulich che gli aveva chiesto di parlare della sua esperienza di presidente della giuria al Festival di Cannes.
Sarei felicissimo di poter incontrare il Maestro Cosulich per poter parlare del Regio Incrociatore Eugenio di Savoia…..mio Zio Giovanni Tomasello classe 1918 tipografo di Bordo era il pupillo dell’Ammiraglio Da Zara.
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