Autore: Thierry Jonquet
Traduzione: Giovanna De Angelis
Editore: Einaudi Einaudi (collana Stile Libero Noir)
Pagine: 146
Prezzo: € 12,00
ISBN-13: 9788806209766
Scrivo romanzi noir. Intrighi dove l’odio e la disperazione la fanno da padrone e annientano senza tregua dei poveri personaggi ai quali non lascio alcuna via di scampo.
Ognuno si diverte a modo suo.
Thierry Jonquet, Rouge c’est la vie, Le Seuil,1998.
Thierry Jonquet, morto nel 2009 all’età di soli cinquantacinque anni e considerato uno dei maestri del noir francese contemporaneo, conosceva bene la natura umana e i gesti abominevoli che è in grado di compiere quando viene spinta dalla disperazione.
Tarantola, uscito in patria nel 1984 e tornato in auge dopo aver ispirato l’ultimo film di Almodóvar, La pelle che abito, è indubbiamente uno dei suoi testi migliori. Il pregio dell’opera non consiste tanto nella narrazione avvincente che immerge il lettore nell’atroce incubo vissuto dal protagonista, quanto nella descrizione della psicologia perversa che sta alla base del gesto che ha mosso la mano del suo carnefice.
Richard Lafargue è un chirurgo plastico di fama internazionale che, moderno Dottor Frankenstein, decide di sfruttare il suo talento medico per vendicarsi della persona che ha usato violenza a sua figlia riducendola alla pazzia.
Ève è una donna doppiamente in trappola: rinchiusa al primo piano di una lussuosa villa con parco e piscina può uscire solo in compagnia del suo aguzzino e, due o tre volte al mese, è costretta a prostituirsi sotto gli occhi divertiti di lui che non le risparmia le peggiori umiliazioni. Ma c’è di più: quel volto che ogni giorno vede riflesso nello specchio, e quel corpo nel quale scalpita la sua anima prigioniera, non le appartiene, ma le è stato imposto da qualcuno.
Vincent Moreau è un giovane che rimorchia ragazze con il solo scopo di fornire a se stesso e al suo amico Alex Barny un motivo di divertimento e di “svago”, ma dopo un giro in moto nella foresta scompare misteriosamente senza lasciare tracce inseguito da una macchina con a bordo un padre psicotico e arrabbiato.
Alex Barny lavora come buttafuori in un locale notturno e a volte si improvvisa rapinatore di banche. Sente la mancanza dell’amico Vincent, scomparso ormai da quattro anni, e per salvarsi dalla prigione decide di sottoporsi a un intervento di chirurgia plastica per il quale pensa bene di minacciare Lafargue andando a rapire proprio Ève.
Il fulcro dell’intrigo è insito nel binomio Vincent/Ève, e nel rapporto predatore/preda che si instaura tra Lafargue e la donna. Rapporto che in teoria dovrebbe alleviare la sofferenza psicologica del primo a scapito della salute mentale e fisica della seconda, ma in realtà il tormento della persona che riteniamo responsabile delle nostre angosce assai di rado si rivela davvero appagante. In un passo del libro, Lafargue, dopo un terribile accesso di rabbia, trascina Ève da uno dei suoi clienti più sadomasochisti e cerca di assistere impassibile mentre questi la frusta a sangue. Dopo pochi secondi, tuttavia, è lui stesso ad intervenire e a portare in salvo la sua “creatura” medicandole le ferite, a dimostrazione che per quanto possa essere forte la sua sete di vendetta conserva comunque quel briciolo di compassione che lo lega indissolubilmente a lei.
La narrazione si snoda su tre piani: il racconto in terza persona del rapporto tra il chirurgo ed Ève, del mondo che li circonda e dell’ambiente in cui vivono; la voce della coscienza di Vincent che descrive nei minimi dettagli la terribile esperienza vissuta dal giorno della sua scomparsa al momento della trasformazione a cui lo sottopone Tarantola, soprannome che egli attribuisce al suo carceriere; e la narrazione in terza persona della storia di Alex Barny che, dopo la rapina in banca, finisce inevitabilmente per intrecciarsi con quella degli altri due protagonisti.
Thierry Jonquet non lascia speranze a nessuno, ma crea un legame talmente forte tra Lafargue ed Ève in grado di andare oltre quell’odio che provano l’uno per l’altra. Hanno raggiunto entrambi un tale livello di dolore e di sofferenza che ormai hanno finito per accettare i loro ruoli.
Il libro è molto scorrevole malgrado la frammentazione narrativa, e si legge tutto d’un fiato in poco meno di tre ore.
Da segnalare, infine, l’errore riportato nella quarta di copertina dell’edizione italiana che indica, come protagonisti del film di Almodóvar, Antonio Banderas e Penélope Cruz; in realtà l’interprete femminile è Elena Anaya, che aveva già avuto un piccolo ruolo in Parla con lei, e che, come lei stessa ha dichiarato in un’intervista, per Almodóvar farebbe anche il microfono.
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