Milano (Palazzo Reale) e Parigi (Centre Pompidou) presentano, quasi in concomitanza, due mostre che riguardano due grandi artisti del nostro secolo, Egon Schiele (Tulln, 12 giugno 1890 – Vienna, 31 ottobre 1918) ed il contemporaneo Lucian Freud (Berlino, 8 dicembre 1922), entrambi di origini austriache.
I due artisti presentano una forte sintonia nella scelta dei soggetti da rappresentare: la sessualità provocante e la nudità imbarazzante dei corpi, gli autoritratti spesso aberranti, i lati più selvaggi della natura.
Tutto ciò facilita nella critica una tendenza accomunante per quanto riguarda la contestualizzazione culturale del loro lavoro: uno è infatti contemporaneo, mentre l’altro nipote del celebre medico Sigmund Freud, inventore (o scopritore, che dir si voglia) della psicananalisi.
Infatti, benché Freud nipote non abbia mai apertamente dichiarato la connessione con le idee del nonno, ed anzi si sia più volte dimostrato reticente nell’ammettere un legame tra le sue opere e il pensiero di Sigmund Freud, la critica si è spesso lanciata in interpretazioni che lo vedrebbero dotato di una certa capacità d’indagine introspettiva ereditata dal suo famoso predecessore.
Anche Schiele viene spesso paragonato al padre della psicanalisi, perché, nello stesso periodo storico, “scoprì” la sessualità dei corpi e diede vita, attraverso l’analisi delle espressioni e dei gesti dei soggetti rappresentati, ad una profonda indagine dell’Io. “L’introspezione psicologica” è infatti la chiave interpretativa che viene suggerita nell’introduzione alla mostra lui dedicata a Milano.
La psicanalisi, la sessualità rimossa sembrano quindi la base introduttiva imprescindibile per comprendere i due artisti, dei quali invece vorremmo sottolineare differenze e contrasti.
Schiele fu sicuramente influenzato dalle recenti scoperte di Sigmund Freud, ma di certo più lo fu dal contesto culturale decisamente vivace della Vienna di quegli anni, che allora contendeva a Parigi il titolo di capitale della cultura. Fervevano il teatro, la letteratura, la musica. Klimt nel 1897 propose la “Secessione”, per staccarsi dalla convenzioni accademiche dell’epoca, ed una schiera di pittori, musicisti ed architetti si raccolsero attorno a lui.
Schiele fu inizialmente condizionato dall’incredibile capacità compositiva di Klimt, e si dedicò con impegno a riprodurne eleganza e capacità descrittiva. Ne è un esempio la composizione Fiori stilizzati su fondo decorativo, del 1908.
Col maturare della figura artistica, però, l’erotico diventa sempre più protagonista: un erotico feroce, disinibito. Abbandonato il carattere descrittivo della pittura, emerge l’espressionismo delle forme.
I tratti si fanno calcati ed imprecisi, le figure evocano e sono l’effetto di un’energia interiore che appunto per questo ricollega l’espressionismo agli studi sul carattere umano di quegli anni. In Donna accovacciata con foulard verde, 1914, la figura è provocante e disinibita, seducente ed aggressiva allo stesso tempo. I colori e le imperfezioni dell’incarnato sono i simboli di una lotta interiore che però non toglie nulla all’energia del corpo, e al contrario aggiunge ancora maggior carattere alla composizione.
Con Lucian Freud la minuziosa precisione nei dettagli fa rientrare le opere dell’artista in una dimensione prevalentemente rappresentativa. “Le mie opere sono i miei soggetti, nello stesso modo in cui un attore incarna il suo personaggio” spiega Freud. Non siamo più di fronte all’evocazione del soggetto. Quella nel quadro è la vera personalità di un soggetto che solo nel e attraverso il quadro acquista una dimensione di completa realtà.
Così, nell’espressionismo e pure nella scuola di Londra, sono il corpo e la sua raffigurazione a dominare. Come suggestione di movimenti intimi per quanto riguarda la prima, come esaltazione pura della carne, in un’analisi quasi “biologica”, in quella che professa Freud. La diversa idea di corporeità si riflette anche nella diversa modalità di rappresentare le figure. I personaggi di Schiele sono ribelli, indomiti, carichi di una presenza e di un’energia vibrante. Essi dominano il disegno, sembrano uscire dal quadro per sfuggire alla nostra comprensione. Per quanto riguarda invece Freud, i soggetti sono completamente sottomessi all’opera e al genio interpretativo del pittore. Sono modelle che, rapite dall’ammirazione, si avvinghiano alle sue gambe (The painter surpreised by a naked admirer, 2004-2005), o corpi che esprimono un certo timore reverenziale, come fossero stati messi in trappola, come mostra l’immagine Sunny Morning – Eight Legs, 1997).
Corpo ribelle e corpo sottomesso. Esaltazione e potere della carne e sua degradazione.
Possiamo con certezza affermare che le teorie psicanalitiche fecero concentrare l’attenzione del mondo culturale sulla sessualità (più o meno repressa) dell’uomo e sulla relazione fisico/psiche, fino ad allora misconosciuta. Ma tale focalizzazione ha vissuto a livello artistico una parabola applicativa meno banale di quanto si possa sembrare.
Schiele, indipendentemente dai giudizi psicoanalitici, esaltava largamente la forza del corpo e dell’erotico, accentuando la bellezza del proibito, dello sporco, del volgare. Egli ribalta la prospettiva psicoanalitica: la dimensione interiore psicologica serve solo a dare maggior vigore e carattere a quella superficiale, corporea, pellicolare, e non viceversa. Se Freud studia gli accenti comportamentali e fisiologici in quanto sintomi di un malessere interiore, vero obiettivo della ricerca, Schiele dà vita ad una magnificazione della superficie, in cui le dinamiche psicologiche diventano pertinenti solo in quanto capaci di imprimersi in forme e disequilibri di inaudita tenacia che, sublimandosi, ribaltano il regime dell’estetico.
Lucian Freud, malgrado la dichiarata presa di distanza con la teoria psicanalitica, ristabilisce una forma repressiva del corpo: è la repressione della carne da parte dell’immagine, del tratto pittorico. Il corpo non riconduce più a delle dinamiche interiori celate, ma alla potenza dell’arte e dell’artista: egli separa la materia dallo spirito per appropriarsene completamente, per farla brillare di una luce altra, non interiore, non psicologica: quella che arriva dalle sue mani. d’altronde lo stesso Freud ad affermare: “Il mio lavoro è puramente autobiografico. Riguarda me, e quello che mi sta attorno. Lavoro su persone che mi interessano, alle quali sono molto legato e alle quali penso, in stanze dove vivo e che conosco alla perfezione.”
riusireste a spiegarmi cosa voleva rappresentare freud nel suo dipinto sunny morning?cosa voleva far capire alla gente con lo spuntare di quelle due gambe di morto da letto?xk le avrebbe disegnate?
Ciao Eleonora.
Come spiegato nell’articolo, il corpo in Freud non é mai presentato come un corpo sensuale, seduttivo.
Spesso i nudi sono grassi, deformi, percorsi da visibilissimi segni del tempo quali macchie o rughe. Sono materia senza spirito.
Quella di Freud é quasi una rappresentazione medica del corpo.
L’aggiunta della gambe “morte” in Sunny Morning puo’in questo senso essere ricondotta ad una ulteriore de-spiritualizzazione del corpo.
L’aggiunta attribuisce ai soggetti rappresentati anche una forte dose di vulnerabilità.
Quella stessa vulnerabilità che deriva appunto dall’occhio che li sovrasta, quello sezionatore e analitico dell’artista, che domina la scena dall’alto.