Immagine articolo Fucine MuteCorrado Premuda (CP): Incontriamo ad Alpe Adria Cinema Nadja Veluscek e Anja Medved, madre e figlia, autrici di “Moja Meja — Il mio confine”, film documentario dedicato al confine che divide la città di Gorizia. Non a caso avete girato il film in un periodo cruciale per la città, quando il confine viene meno tra la parte italiana e quella slovena.

Nadja Veluscek (NV): L’argomento mi interessava da molto tempo. Vedi, la gente riesce a convivere in diversi modi, riesce ad adattarsi, si sforza di vivere nel miglior modo possibile. Rimangono però secoli difficili e brutti. La storia di Gorizia è una storia importante, che ha segnato questi territori, ed è fondamentale che ne rimanga la testimonianza.

Anja Medved (AM): Il confine era un aspetto appartenente alla nostra terra. Difatti le persone che vivono qui hanno tutte una nonna che può raccontare una storia interessante a riguardo. Quindi non era così difficile avere delle idee per il film.

CP: Nel film quali sono stati i momenti più emozionanti, considerati i fatti che, in seguito alla guerra, portarono alla divisione della città?

NV: Ci sono stati momenti molto toccanti, ma non siamo volute scendere nel patetico della narrazione: abbiamo voluto tenere una linea emotiva, certo, ma non esagerata o disperata. Comunque penso che le morti gratuite, quelle senza senso, siano i momenti più forti.

CP: Dei fatti di Gorizia ci si è sempre dimenticati, in Italia nessuno ha mai parlato della questione di Gorizia, in molti neanche sanno dove si trovi esattamente. Allo stesso modo si è dimenticato il fatto che sia divisa da un confine, sebbene la Slovenia stia per entrare nella Comunità Europea e in confine diventerà sempre più simbolico. Comunque, nella pratica, esistono due città, Gorizia e Nova Goriza. In Slovenia cosa si dice di Gorizia? E come la parte slovena vede la parte italiana?

AM: È strano. Viviamo, ancora oggi, in due città, sebbene dall’alto possa sembrare un unico spazio urbano. Tuttavia il confine, negli ultimi tempi, si sta sciogliendo grazie alla comunicazione reciproca tra le cittadinanze. Questa città inizia ad essere un centro e non più due periferie attaccate una all’altra.

NV: Dobbiamo fare una distinzione: la gente, quella più anziana, di Nova Goriza e dintorni ha sempre vissuto Gorizia come la propria città. Questo perché quando Nova Goriza nacque era del tutto una nuova città, dove si occupava il suolo e si costruiva da zero, come nel Far West. Poi ci sono i giovani che sono nati nella nuova città. Forse nel futuro, affinché entrambi i territori possano essere considerati importanti, l’opzione sarà quella di un’unica città.

CP: Una giornalista di origine bosniaca, che vive a Trieste, ha recentemente affermato in un giornale locale che a Trieste resistono ancora degli odi tra italiani e slavi. A Gorizia, che è stata colpita nel cuore per via della divisione del suo territorio, questo aspetto sembra essere meno presente. Qual è la vostra opinione?

NV: Dopo la ricerca che abbiamo effettuato possiamo dire che dell’odio esieste, ma in un numero limitato di persone, perché in sostanza le persone si volevano bene, sia quelle che abitavano nei piccoli paesi sia i goriziani. Gli estremisti cercano di far vedere la vita in un modo estraneo ad essa, ma non ci riusciranno. Gli abitanti di Nova Goriza forse avranno un po’ di paura per l’assenza del confine, perché il confine è apertura, ma è anche protezione. La libertà non è sempre facile, è anche difficile.

AM: Comunque la gente slovena e italiana di Gorizia ha delle abitudini abbastanza simili. Non mi pare che la vita sia così differente.

CP: Per realizzare questo film avete consultato archivi importanti come quello di Belgrado e di Lubiana. È stata una ricerca svolta “in profondità”?

NV: Abbiamo cercato di scoprire tutto ciò che era possibile: non credo ci siano altri materiali che documentano i fatti riguardo il confine. Gli archivi della Slovenia e della ex Jugoslavia conservavano la gran parte delle informazioni.

CP: Come è stato lavorare con tua madre, esperta regista di documentari?

AM: Abbiamo già lavorato assieme nel campo dei documentari. La mia è comunque l’esperienza di una persona che ha studiato regia per il teatro. Forse io cerco di razionalizzare di più le cose, mentre mia madre ha più carica ed energia.

NV: Lei ha studiato regia per il teatro, mentre io provengo dall’insegnamento nella scuola. Quindi l’esperienza del documentario è nata in questo assieme.

CP: Avete qualche progetto per il futuro? Una nuova collaborazione magari?

NV: Tanti progetti. Cerchiamo di rimanere legate al nostro territorio, che è molto interessante dal punto di vista storico. E su questa base stiamo lavorando a nuovi documentari.