Ripartito a pieno regime in presenza dopo due anni passati tra piattaforma online, mascherine, green pass e decreti del governo che minacciavano di interrompere di colpo le proiezioni, il Trieste Science+Fiction Festival 2022 ha richiamato ancora una volta gli appassionati con ospiti di eccezione e pellicole che affrontano, in chiave fantasy, scientifica, fantascientifica o horror, diverse tematiche ponendosi le domande più sensate e insensate, dal “cosa faresti nei tuoi ultimi istanti di vita se un asteroide gigante stesse per colpire la Terra?” a “se trasformassimo la celebre Heidi in una guerriera e la infilassimo in uno splatter svizzero con tanto di torture a base di fonduta bollente, cosa ne verrebbe fuori?”.
La risposta alla prima domanda è data da The Impact di Chris Jones, nato come parte del progetto sperimentale Create50 che prevede la possibilità di dare visibilità in un unico film a un alto numero di sceneggiatori desiderosi di affinare la loro professionalità. Il risultato è una pellicola che ha visto impegnati trentasei registi e sessantasette sceneggiatori nella creazione di diversi punti di vista legati a un imminente evento catastrofico. Punti di vista che possono far sorridere, rabbrividire, commuovere o arrabbiare, a seconda di quella che si pensa sarebbe la propria reazione personale in una circostanza che non lascia via di scampo, ma soprattutto che sono il frutto della creatività di tante menti che lavorano con stili diversi e ambiscono a farsi conoscere. Un evento imprevisto come la pandemia ha favorito certamente un’interpretazione del film radicalmente mutata rispetto a quella inizialmente programmata. Se prima lo si poteva classificare come un’opera nata dalla volontà di portare sullo schermo una nuova forma di disaster movie, ora si ha la consapevolezza che in un prossimo futuro ci si potrebbe trovare davvero in una situazione simile e quindi i personaggi assumono, agli occhi dello spettatore, uno spessore diverso.
Il tentativo di rispondere alla seconda domanda, invece, ha dato vita a Mad Heidi di Johannes Hartmann e Sandro Klopftein. In una Svizzera in cui i soprusi di un fascista re del formaggio, che ambisce a dominare il mondo, hanno ormai raggiunto il limite, la tranquilla esistenza col nonno di una Heidi ormai ventenne viene sconvolta dalla violenza. Per sopravvivere, si vedrà costretta a staccare molte teste naziste con originalità e ironia tali da mettere in discussione l’opinione di Orson Welles nel Terzo Uomo secondo la quale da un paese come quello escono solo orologi a cucù. Realizzato grazie a una campagna di crowdfunding, il film – sanguinolento, brutale, irriverente, e proprio per questo capace di attirarsi le simpatie degli amanti dello splatter – è destinato a diventare un cult grazie a quell’eccessivo calcare la mano in un contesto insolito come l’innocua Svizzera e allo sfruttamento di un personaggio che richiama innocenza e caprette. La pellicola si è giustamente aggiudicata il Premio del pubblico. Per chi fosse interessato a vederla, sarà resa disponibile online, sul sito ufficiale, l’8 dicembre: https://madheidi.com/
La sezione cortometraggi è quella che abitualmente si contraddistingue per trame che pur restando nell’ambito della fantascienza o del fantasy portano all’estremo un certo tipo di realtà spingendo lo spettatore a confrontarsi con il proprio vissuto. Rientra in questa categoria Border, di Khalifa Al Thani, che condensa in dieci minuti la storia di un uomo che cerca di ricongiungersi alla figlia e alla nipote. Sottoposto, al momento della partenza, a un’infinita serie di controlli medici e burocratici, finisce per ritrovarsi bloccato in una stanza che rappresenta una sorta di limbo dove le persone che si permettono anche solo di rispondere in modo non conforme rischiano di restare ferme per un tempo indefinito. Nel momento in cui cercherà di far imbarcare un orsacchiotto, dotato di congegno elettronico, per la nipote, sarà costretto a vederselo sventrare perché considerato un oggetto pericoloso.
Sullo stesso piano, anche se di tematica radicalmente diversa, Submittan di Susumu Kimura. Nel 2035, nella città di Submittan, gli anziani sono considerati un peso per la comunità e vengono trasferiti a forza sulla montagna, dove i bambini credono passino il tempo a mangiare gelato e guardare la TV mentre invece sono destinati a una fine atroce. Una giovane illustratrice propone alla società che si occupa della campagna pubblicitaria per liberarsi degli anziani un manifesto che faccia sembrare la scelta un atto d’amore. Il suo traumatico passato influirà, tuttavia, sulle sue decisioni rendendola più consapevole della società dittatoriale in cui vive.