Frank Mentzer è praticamente Gandalf, ma con un bastone da passeggio assai più glamour, alla James Randi. A differenza di molti altri designer di giochi di ruolo è un consumato showman che intrattiene il pubblico ancor prima dell’inizio della conferenza alla Sala Ingellis la mattina del 30 ottobre. D’altro canto è abituato alle luci dei riflettori se non altro per interposta persona, visto che sua sorella (molto più famosa di lui, sottolinea) è un mezzosoprano, oggi ritirata, che ha fatto tournée in tutto il mondo.
Anche grazie agli assist dell’esperto Amos Pons che modera l’incontro, Mentzer è un fiume in piena che sviscera molti aspetti del gioco e racconta un bel po’ di aneddoti. Tanti e tali che è opportuno dividerli per temi.
LA NATURA DI DUNGEONS & DRAGONS: Mentzer inizia con un concetto conclamato ma che è opportuno ribadire: in Dungeons & Dragons non ci sono perdenti, ovvero non si gioca uno contro l’altro ma collaborando a un fine comune (i “perdenti” al massimo sono i mostri che vengono massacrati dagli avventurieri). Si tratta di un concetto ben noto a tutti i giocatori di ruolo, ma quando D&D uscì nel 1974 fu una cosa rivoluzionaria perché sin dall’invenzione dei giochi non ce n’era mai stato uno senza perdenti (e nemmeno vincitori). Si può essere più o meno performativi ma nessuno perde e bisogna collaborare per vincere.
GLI INIZI E IL LAVORO ALLA TSR: Mentzer ricorda che quando giunse alla TSR, la casa editrice di D&D, insieme al suo amico e compagno di gioco Tom Moldvay, il gioco stava esplodendo e per questo c’era bisogno di una nuova grafica e nuovi adattamenti per il mercato di massa e per quello internazionale. In effetti prima della famosa “scatola rossa” ci furono altri due boxed set con gli stessi nomi (“Basic” ed “Expert”) che sfoggiavano però ancora una grafica da cartoon. Il copertinista Erol Otus è oggi considerato un artista di culto ma all’epoca c’era bisogno di un aspetto dall’estetica più canonica, diciamo mainstream, per penetrare nel mercato di massa e in quello internazionale. Mentzer cita una famosa catena di negozi come obiettivo (raggiunto) dalla TSR, ma vatti a ricordare quale…
Fino ad allora, anche e soprattutto per gli interni e non solo le copertine, la grafica dei moduli era fumettistica (e infatti da lì sarebbero usciti Bill Willingham e Tim Truman) se non proprio dilettantesca. Per questo vennero chiamati i grandi artisti Larry Elmore, Jeff Easley, Keith Parkinson e Clyde Caldwell, che proprio alla TSR posero le basi di un’estetica fantasy.
Dungeons & Dragons non doveva espandersi solo in America ma anche all’estero e per questo a Mentzer venne affidato il compito di riorganizzare e chiarire le regole pensando alle future traduzioni, che infatti furono ben dodici.
Frank Mentzer dice di essere particolarmente orgoglioso del Companion (il terzo boxed set della serie, che porta i personaggi dal 15° al 25° livello) perché è il primo che ha fatto interamente da solo, introducendo un sacco di materiale inedito come i combattimenti di massa, anche se ci furono delle limitazioni: la “business people” presente in ogni contesto commerciale impone dei limiti al budget e le pagine non poterono andare oltre a quelle stabilite. Ad esempio le regole sulla maestria nelle armi che comparvero nel Master set avrebbero dovuto comparire già nell’Expert. In particolare, l’Immortals set avrebbe necessitato di molto più spazio per sviscerare tutte le idee che ebbe Mentzer, e così alcuni dei concetti introdotti quasi di sfuggita sono rimasti da sviluppare all’immaginazione del lettore.
UNA CURIOSITÀ: oltre che autore di giochi di ruolo Frank Mentzer è anche un chitarrista e quando lavorava alla TSR mise su una band con Keith Parkinson alla batteria, Clyde Caldwell alla chitarra ritmica (Mentzer suonava la lead guitar), Tracy Hickman[1] alla voce e alle tastiere. Cercarono di coinvolgere Larry Elmore facendogli suonare il basso ma con esiti disastrosi.
IL CALCO DELLE MANI: l’incontro con il pubblico è anche l’occasione per svolgere un rituale che da qualche anno caratterizza Lucca Comics & Games: imprimere su un blocco di cemento le mani degli ospiti illustri. Mentzer coglie l’occasione per raccontare un aneddoto: gli fecero già un calco delle mani alla storica convention GenCon di Milwaukee (Wisconsin) ma quando la fiera passò alla più grande Indianapolis gli organizzatori della piccola cittadina del Wisconsin non la presero bene e chissà dove finirono i calchi delle mani!
RAZZE E CLASSI: un elemento distintivo del primo Dungeons & Dragons era l’uso indifferenziato di razze e classi: un elfo era un elfo e basta, senza la possibilità di diventare chierico o ladro (anche se nella prima versione c’era il passaggio da guerriero a mago da decidere di avventura in avventura). E questo nonostante già altri giochi seminali come Tunnel & Troll usassero un sistema che combinava entrambi gli elementi. A chi gli chiede spiegazioni in merito, Mentzer risponde che lui non poteva modificare quello che c’era stato prima, ma solo abbellirlo e renderlo più fruibile; le regole di base però rimanevano sempre quelle. Ancora a proposito di razze, viene chiesto a Mentzer quale sia la sua preferita. Mentzer coglie l’occasione per andare un po’ fuori tema (in America il concetto di razza è molto sentito e lui per poco non venne ucciso in un’occasione perché aveva un amico di colore) ma poi non si sottrae alla domanda e accarezzandosi la folta barba dice che si tratta dei nani, cosa che suscita l’approvazione di una parte del pubblico presente in sala.
COME ESSERE UN BUON MASTER: Mentzer non si definisce un Master[2] quanto piuttosto un “Game Manager”, per quanto sia consapevole che il nome suoni un po’ ridicolo. Il gioco ha delle regole ma le regole (che il Master deve conoscere) sono solo una direzione, non sono il gioco.
Il segreto per essere un buon Master è ascoltare, guardare e conoscere le altre persone con cui si gioca e non aver paura di trasformare la propria avventura nell’avventura di tutti se un giocatore ha un’idea che cambia i piani e costringe ad andare in direzioni non considerate. Bisogna essere pronti a cogliere e usare subito quelle idee che giungono dai giocatori per trasformare così la propria storia nella storia di tutti. Questo d’altra parte è un fenomeno con cui i Master devono confrontarsi spesso visto che notoriamente i giocatori non fanno mai quello che dovrebbero fare…
SULLA QUERELLE GARY GYGAX/DAVE ARNESON: la reale paternità di Dungeons & Dragons è stata per anni messa in dubbio e attribuita alternativamente a Gary Gygax e a Dave Arneson, sfociando in una controversia legale che li ha contrapposti sciogliendo l’arcano con un accordo extragiudiziale i cui dettagli non sono mai stati resi pubblici. Una domanda del pubblico tocca questo argomento un po’ delicato e Mentzer ci offre la sua versione dei fatti: Dave Arneson era una persona geniale ma non riusciva a mettere per iscritto le sue idee. Aggiunge impietosamente che era un vero nerd, senza che il termine abbia alcuna accezione positiva: era poco portato alla socializzazione e aveva poca cura del suo aspetto (sottolinea anzi come gli puzzasse l’alito!), cose che gli impedirono di intessere quei rapporti che sono indispensabili per emergere.
Al contrario Gygax era sì uno sviluppatore di giochi, ma principalmente un buon businessman che infatti seguiva anche gli aspetti contabili del lavoro alla TSR, fintantoché la società conservò una dimensione sufficientemente piccola da poterglielo permettere, ovvero prima di coinvolgere nuovo personale che poi causò la sua fuoriuscita dalla società nel 1985.
Gygax però possedeva anche una maggiore facilità di scrittura che gli permise di dare una forma concreta alle idee brillanti di Arneson. Però non era un grande creativo, e la differenza nella sua ludografia comparata con quella di Arneson lo testimonia. Secondo Mentzer Gary Gygax fu quindi il co-creatore del gioco e il suo “publisher” (nel senso di editore, certo, ma anche di revisore) ma non ne fu l’inventore.
Niente di nuovo sotto il sole.
Per creare un fenomeno pop-culture, almeno in America (e dove altro?), sono necessari sia il nerd puzzolente (Arneson), sia l’ispirato businessman (Gigax), sia l'”aggiustatore” (Mentzer), che poi è quello più abile nel cavalcare l’onda mediatica.
Le controversie legali poi sono quasi inevitabili, vedi Lee-Kirby.
Ma comunque, molto interessante questo excursus su una storia di cui non sapevo nulla.
Ganzo anche il concetto per cui in D&D “non ci sono perdenti”… per gli americani è un’anatema essere un perdente.
Ma non ci credo. Gira gira, i perdenti ci sono sempre. Sono necessari.
D’altro canto, la definizione che Mentzer dà del buon Master, è quella che io identificherei come “il buon essere umano”.
uff… ma sempre Lee & Kirby tiri in ballo? Piuttosto pensa all’analogia tra i casi di Jobs e Wozniak, o tra Gates e quell’altro di cui non ricordo il nome.
Poi è vero che non c’è un “vincitore” ma performare meglio degli altri dà sempre soddisfazione…