Folla a LuccaL’annunciata assenza di due grosse realtà popolari come Bonelli e Panini mi aveva fatto sperare in una Lucca più vivibile, o perlomeno meno infestata da ragazzini (“ragazzini” anche quarantenni e cinquantenni, ovviamente). Povero illuso. Purtroppo l’invito a non circolare in città se sprovvisti di biglietto è stato abbondantemente disatteso. È anche vero che le forze dell’ordine non potevano fare molto per evitare che qualche cosplayer blocca-strada e crea-assembramenti circolasse, però bande e gruppi organizzati si sarebbero potuti e dovuti disperdere.

L’apertura anticipa la disorganizzazione che segnerà un po’ tutta la fiera: in Piazza del Giglio 3 l’orario per presentarsi a ritirare l’accredito viene spostato dalle 8:30 alle 9:00 (io ero lì dalle 8:20) causa mancato recapito dei braccialetti. Questi braccialetti dovrebbero cambiare di giorno in giorno e quindi non ce n’è uno unico per la stampa come al solito: questo perché il loro scopo dovrebbe essere quello di certificare che chi lo indossa è munito di green pass, da esibire ogni mattina al Giglio 3 una volta sola per tutta la giornata. In mancanza del braccialetto, per accedere agli stand bisogna esibire il green pass stesso, quindi nulla di drammatico, ma poi salta fuori che il braccialetto potrebbe pure non servire e allora si mette un timbro sull’accredito stesso presso gli stand, ma poi quando i braccialetti arrivano nella Press Area (non vorrei sbagliare ma credo appena sabato) pare che vadano comunque timbrati pure quelli. Non posso non pensare ai ragazzi che svolgevano le mansioni di accoglienza, sospesi in un imbarazzante limbo in cui spesso non sapevano cosa rispondere alle domande.

Per fortuna i controlli della temperatura, del green pass e del posizionamento della mascherina ci sono sempre stati, anche se con modalità diverse di padiglione in padiglione. Ciò detto, la percorrenza degli stand mi è sembrata più fattibile rispetto agli anni scorsi (tranne ai Games di mattina) ma forse ha influito il fatto che ci fossi andato in orari strategici.

Lucca Comics & Games ai tempi del Coronavirus

La visione di file chilometriche nel corso di tutta la giornata d’esordio è stata desolante, ho preferito procrastinare il mio ingresso nei padiglioni pur se munito di pass. Anche perché gli ingressi stampa propriamente detti non c’erano, o meglio erano improvvisati (ma in piazza S. Martino non c’erano proprio) e quindi toccava scavalcare o passare sotto le transenne (o spostarle a mano) attirando forse qualche sguardo perplesso. Niente Press Cafè, ovviamente, ma non sono comunque mancati grandi autori – a sentire quelli che sapevano chi fossero. Di interviste e dédicaces ne ho comunque raccolte. Una discreta doccia fredda è stata invece l’assenza di giochi di ruolo vintage, scelta ponderata che mi è stata spiegata da Amos Pons – a breve la sua intervista.

Bello il palazzetto, è la prima volta che ci vado ed è stato quasi emozionante entrare nel luogo favoleggiato da amici e riviste di settore che frequentavano Lucca fino dai primi anni Novanta. Voci più autorevoli della mia hanno in effetti sottolineato quanto le lamentele da parte degli espositori della Self Area per lo spostamento fuori dalle mura fossero ingiustificate, essendo il luogo a loro deputato inizialmente sito proprio in prossimità del palazzetto (non nell’edificio vero e proprio ma dentro la cancellata che ne determina il perimetro). D’altro canto lo Spazio Agorà aveva senz’altro un gusto più underground.

E con il palazzetto ecco che ho cominciato a parlare degli aspetti positivi di questa Lucca. Tra le altre cose, bellissimo il documentario su Tuono Pettinato, per nulla retorico ma anzi molto divertente (ma è ovvio che l’emozione in alcuni punti è stata forte dato il poco tempo trascorso dalla scomparsa). Peccato che il pubblico fosse poco in proporzione alla qualità del film, composto oltretutto anche da tanti colleghi e amici dell’autore. Non escludo che una certa confusione sull’orario di apertura della sala (anche Level Up e accreditati stampa sono stati fatti affluire normalmente) abbia influito sulla presenza.

tavole EisnerPassando alle mostre, quella dedicata a Will Eisner è stata veramente impressionante. La quantità degli originali in mostra era incredibile, ma penso che più di un visitatore (e io con loro) sia rimasto  emozionato nel vedere alcune delle tavole di The Spirit.

Bella anche l’illusione di aver fatto un affarone comprando tre numeri di Horror (benché due siano della Nuova Serie) per un totale di 12 euro. Ma le solite voci autorevoli mi informano che l’affarone si è rivelato appunto un’illusione e che anche quella storica rivista veleggia sui 5 euro a copia!

Per il resto, è stato bello rivedere conoscenze locali, rinsaldare vecchie amicizie e stringerne di nuove e ovviamente gustare la cucina locale.

Ma il fumetto in quanto tale come si pone in questo scenario? C’erano ovviamente gli editori che vendevano i loro prodotti, con ben poche novità pensate per la fiera, ma la carenza di ospiti internazionali (che erano presenti, ma chiaramente in numero ridottissimo rispetto agli anni scorsi) ha reso ancora più manifesto, per l’impossibilità di concentrarsi su quello, ciò che è evidente da diversi anni: ormai ai visitatori tipici di Lucca del fumetto non importa nulla, se non eventualmente come terreno germinativo per personaggi che poi saranno sfruttati in altri ambiti e forniranno lo spunto per l’ultimo cosplay. Un carnevale autunnale, insomma.

Se la speranza di vivere questa Lucca all’insegna dell’intimità con editori e autori si è parzialmente concretizzata proprio per questa ragione, le solite fiumane di persone che ingolfano le strade sono state uno spettacolo disarmante, soprattutto in questo periodo difficile che stiamo vivendo.

Verrebbe da dire che per i fumetti è meglio rivolgersi altrove. Già, ma dove?