BeyoncéNella notte tra domenica 14 e lunedì 15 marzo (fuso orario di Roma) si è tenuta la 63esima cerimonia ufficiale dei Grammy Awards. Tante sono state le particolarità di questa edizione.

Senza ombra di dubbio, la più lampante riguarda l’organizzazione degli spazi: a causa della pandemia Covid-19 in corso, la celebrazione dei vincitori non si è svolta nelle forme di una grande festa e di un popolato evento, ma come una cena di gala. Tralasciando le ragioni drammatiche che hanno imposto una prassi differente, i miei gusti personali hanno gradito la visione di questa edizione speciale. L’annuncio degli artisti premiati si è tenuta in un salone arredato con piccoli tavoli circolari, imbanditi di vino e fiori. Ogni tavolo era riservato solo a due persone: l’artista in questione e un accompagnatore. Il tutto contornato dallo sberluccicare degli abiti eleganti, dall’esplosione di creatività espressa attraverso variopinte mascherine igieniche e da un piccolo palco in legno posto di fronte ai commensali. I succitati particolari hanno contribuito a idealizzare l’ambientazione come luogo accogliente e famigliare: mi è parso di assistere a una cena di buoni amici che si ricongiungono dopo tanto tempo per condividere bellezza ed esperienze passate. Questa cornice interpretativa non può che facilitare l’empatizzazione nei confronti dell’emozione espressa dai vincitori: dopo mesi di duri sacrifici, la loro vittoria sembra un po’ la vittoria di tutti.

Altra particolarità di questa edizione è la presenza predominante della figura femminile nella lista di artisti premiati. Sul podio troneggiano infatti solo donne. Una di queste ha inoltre raggiunto un record nel corso della serata come prima artista di sesso femminile ad avere vinto più Grammy Awards in assoluto. Sono passi fondamentali che devono risuonare da un capo all’altro del mondo, dal momento che gli studi statistici sono invece drammatici quando si tratta di occupazione femminile nel mondo della musica. Procediamo però con ordine.

Billie EilishTra le donne che presenziano sulle vette troviamo Taylor Swift che conquista il titolo di miglior album 2020 con Folklore.

Il brano struggente Everything I Wanted di Billie Eilish si aggiudica invece il titolo di registrazione più gradita dell’anno. Per scrivere questa canzone, l’artista si è ispirata ad un suo sogno tragico, nel quale decideva di togliersi la vita, scoprendo che nessuno ne avrebbe sofferto. Una scheggia d’arte pura che si insedia sotto la pelle dei corpi che tendono a ricercare l’opera come prodotto del dolore e della follia. Esiste però nelle parole del brano una zattera di salvezza, rappresentata dalla gratitudine nei confronti del fratello Finneas O’Connel, che sembrerebbe aver sostenuto Billie in tutte le sue cadute e in tutte le sue risalite. I due collaborano e si sostengono anche a livello lavorativo, in quanto Finneas è produttore e tastierista di Eilish. Non poteva mancare dunque la sua presenza nel corso della serata d’onore, fedele alla sorella fino all’approdo sul palco. Già nell’edizione Grammy del 2020, in cui Bad Guy aveva vinto come miglior brano dell’anno, Billie venne accompagnata fino alla fine dal fratello. In questa edizione, inoltre, il discorso di ringraziamento della giovane cantante è in assoluto il più umile: ha dichiarato di non meritarsi questa vittoria, attesa piuttosto per la cantante rap Megan Thee Stallion.
Quest’ultima conquista invece il premio come miglior artista emergente dell’anno: irriverente e spumeggiante, ha lasciato tutti sbalorditi per una mossa di danza compiuta durante l’esibizione del brano, consistente in un cambio di posizione avvenuto attraverso un intreccio di gambe con una sua ballerina e cantante di supporto. Megan Thee Stallion ha inoltre vinto la statuetta Grammy come miglior canzone e migliore performance rap con il brano Savage, interpretato in collaborazione con la regina del pop Beyoncé.

H.E.R.Miglior canzone dell’anno non può che spettare a H.E.R., che con il suo manifesto di protesta I can’t breathe ha smosso ogni animo in ascolto. Il brano fa riflettere, infatti, su quanto avvenuto il 25 maggio 2020, giorno in cui un uomo afroamericano, George Floyd, è morto per soffocamento a causa di una ingiustificata violenza eccessiva da parte di un agente della polizia statunitense. Era indispensabile creare quanti più segnali storici e culturali possibili a denuncia di una problematica razziale lampante e profondamente radicata nella società americana.
Inoltre, chi, come me, nutre una passione viscerale verso la cultura afro, non può che esultare di fronte a una presenza abbondante di suoi simboli tra i riconoscimenti di spicco. Infatti, oltre alla canzone I can’t breathe, il titolo Grammy Awards per il miglior video musicale è stato assegnato a Brown Skin Girl di Beyoncé, la figlia Blue Ivy, SAINt JHN e WizKid: un tripudio di colori, storia, vivacità. Black Parade, interpretata ancora da Beyoncé, ha conquistato invece il primo posto nella classifica delle performance R&B, decretando così l’artista come la donna più premiata nella storia dei Grammy, con un totale di ventotto statuette.

Come postilla conclusiva, risulta rispettoso sottolineare la vittoria di Trilogy 2 come miglior album strumentale jazz, interpretato dai musicisti Chick Corea, Christian McBride e Brian Blade. Un sigillo dorato volto a celebrare la morte recente di Corea, oltre che utile tappa di passaggio per rendere eterna l’adorazione verso le sue melodie, che furono da subito rivoluzionarie nel campo jazz degli anni Sessanta, grazie anche alla collaborazione con il pilastro Miles Davis.