Scorrendo tra i vari articoli che delineano per la maggior parte uno scenario quasi brutale, in Italia e nel Mondo, mi sono imbattuta pochi giorni fa in una notizia meritevole di attenzione. In realtà, essa risale a un tempo immemore antecedente lo scoppio della pandemia. Ad ogni modo, credo sia una di quelle svolte da imprimere tra le trame della memoria, personale e collettiva, per stimolare la produzione di nuova linfa vitale.
Nel corso della 62esima cerimonia annuale per l’assegnazione dei Grammy Awards, tenutasi il 26 gennaio 2020, la vittoria per il miglior singolo reggae andò all’artista Koffee, che diventò così la prima donna, nonché la più giovane cantante, a essere stata premiata in quella specifica categoria.
L’EP vincitore è Rapture, brano portante dell’omonimo album.
Koffee, nome d’arte di Mikayla Simpson, è nata il 16 febbraio 2000 a Spanish Town,in Giamaica. L’ispirazione per la sua musica deriva dal background religioso della madre, insieme alla quale iniziò a cantare in un coro ecclesiastico. All’età di dodici anni imparò da autodidatta a suonare la chitarra, su uno strumento prestatogli da un amico. Poco dopo, si cimentò nella scrittura di testi musicali, facendosi ispirare dal cantante reggae giamaicano Protoje. Nel frattempo, perfezionò le sue abilità e conoscenze musicali attraverso l’istruzione scolastica superiore, durante la quale vinse alcune competizioni, ottenendo la possibilità di calcare i primi palchi. Ebbe quindi l’occasione di affinare in tenera età le sue doti performative, attraverso un’accurata educazione mirata a porre solide e durature basi musicali.
Il primo picco di popolarità lo conquistò attraverso un video caricato su Instagram. Nel 2017 realizzò il suo primo singolo, Legend, un tributo a Usain Bolt, realizzato semplicemente con voce e chitarra acustica. Dopo la condivisione sui social da parte dell’atleta, il suo brano diventò virale. Cominciò così la sua maratona artistica, tra festival, radio e svariate collaborazioni significative, tra le quali si può annoverare anche quella con il già citato modello di riferimento, Protoje.
Nel 2018 firmò un contratto con la prestigiosa etichetta discografica americana Columbia Records, proprietà della multinazionale Sony. Pubblicare un album sotto questo marchio è una garanzia di qualità, oltre che di prestigio: questa casa discografica è la più longeva attualmente in attività ed è la seconda compagnia di produzione musicale al mondo.
Columbia Records riunisce, nella sua storia discografica, nomi come Janis Joplin, Louis Armstrong, Pink Floyd, Bruce Springsteen e tantissimi altri colossi della musica internazionale.
Il percorso che ha condotto Koffee verso la conquista di un Grammy Award così significativo è stato del tutto lineare e pulito: nessun inciampo, nessun eccesso, solo professionalità. Ascoltare i suoi pezzi, ignorando la sua identità, induce subito a pensare a una figura musicale ben delineata, grazie a una limpida e lucida comunicazione. Non ci si aspetterebbe che possa essere frutto di una vena artistica così giovane, a cui probabilmente manca davvero solo un pizzico di pepe dovuto all’esperienza.
I testi sono corposi e densi, intrisi di storie che Mikayla ha vissuto in prima persona. Molti sono i riferimenti alle ingiustizie della sua patria: violenza e armi nelle mani dei bambini sono un esempio lampante. Mikayla cerca così di spiegare con schiettezza che l’infanzia viene soclassata dalla complessità di valori – o disvalori – propri di un mondo adulto.
Anuh everybody got the keys sah
But mi have it wid mi see it yah
Give ceaserwaah fi ceaser
Give the youths dem a feature
What a gwaan a Jamaica
Parliament tun di paper
Fi ghetto youths them nuh cater
Dats why di country nuh safer
Hear seh di guns dem pile out here
Hear nuttin much mekyuh smile out here
Hear seh di youths dem wild out here
Money caan run fi a mile out here
Hear seh di government vile out here
Ghetto tears long river Nile out here
Youths a tuninna last smile out here
Dats why dem send mi fi a child out here
And mi humble enuh but mi hype pan di beat
Look out fi Koffee, mi live pan eeh street
Mi a five feet, but mi sharp like teeth
Koffee mi name suh mi born wid heat
Mitek di heat and mi melt weh di ice
Inna politician heart mekdem start pay price
Juvenile march out nuff like plain rice
Guh fi any politician weh nah play nice.
(Raggamuffin, brano dell’album Rapture)
Questo substrato sociale e culturale non può fare altro che rispecchiarsi nella personalità intima ed artistica di Koffee. Il suo portamento e le sue sonorità dipingono nel mio immaginario figurativo l’idea di centratura mentale e sicurezza di intenti, qualità che nella media si raggiungono attraverso un tempo di maturazione più dispersivo. Ritrovarli nel timbro artistico di una ventenne è campanello indicativo di un’indole adatta a plasmare in miccia rivoluzionaria ciò che di tossico intasa le vie comunicative del mondo. Accresce quindi la curiosità verso i futuri passi di un prodigio prezioso per la consapevolezza artistica e collettiva.