Dave McKean è una delle personalità più influenti e rivoluzionarie del fumetto e non solo. Nato in Inghilterra nel 1963, ha fatto fare un salto decisivo al mercato dei comic book americani creando immagini sperimentali e mature per le copertine e le tavole delle storie di Batman e soci.
Ha collaborato con Grant Morrison in Arkham Asylum, ma il sodalizio più importante è stato quello con Neil Gaiman, che ha portato alla realizzazione di fumetti come Violent Cases e Black Orchid e alle copertine per la serie (e le ristampe, e le raccolte in volume, e le edizioni speciali…) di Sandman.
È stato autore completo con la saga di Cages e ha realizzato molteplici illustrazioni per le committenze più varie. La sua attività artistica si è estesa anche alla fotografia, alla composizione musicale, al cinema e al teatro.
Claudio Zuddas (CZ): Con quali novità è presente a Lucca?
Dave McKean (DM): Le Edizioni Inkiostro hanno pubblicato un artbook, è una raccolta di materiale eterogeneo, quasi casuale, ma è una cosa voluta: il titolo è Apophenia, che in greco si può tradurre come “illusione di significato”. A seconda dell’ordine in cui le immagini sono presentate possono creare un significato piuttosto che un altro. Si tratta di cose poco viste, soprattutto in Italia.
CZ: Lei farà parte del progetto Sandman Universe?
DM: No [il tono secco della risposta fa ridere gli astanti, Ndr]. Però sto facendo delle copertine nuove più simili a quelle dei comic book normali, per riportare Sandman all’epoca in cui fu pubblicato.
CZ: L’arrivo di Sandman rivoluzionò il settore dei comic book americani, e il suo influsso si fa sentire ancora oggi.
DM: Sì, certo, erano poche le opere realizzate in quel modo all’epoca: non erano numerose ma piantarono dei semi, che adesso sono ormai cresciuti rigogliosi. Moltissimi fumetti non ci sarebbero stati senza Sandman.
CZ: Karen Berger viene ancora ricordata per il suo coraggio e il suo intuito nel lanciare la linea Vertigo.
DM: Certo, dette un’impostazione molto originale alla DC Comics e incoraggiò molti nuovi autori (anche lei “piantava semi” tornando al discorso di prima), ma non ci ho avuto molto a che fare perché era una script editor, si occupa delle sceneggiature.
Agli inizi degli anni Novanta gli editor acquisirono più potere dicendo la loro anche sulla parte grafica… e così me ne sono andato.
CZ: Cosa pensa del fumetto contemporaneo?
DM: Attualmente il fumetto sta vivendo un’Età dell’Oro, anche grazie al lavoro che facemmo noi a suo tempo, tanto per tornare al discorso dei semi che sono maturati. Mi piacciono i fumetti molto curati dal lato visuale ma che abbiano anche un buono script e storie che parlano di vita vera, di quello attraverso cui passiamo tutti.
Mi piacciono le graphic novel che parlano di scienza, della natura, di politica, di “come sono le cose”, libri scritti da scienziati che spiegano come funzionano le cose.
Attualmente in Inghilterra ci sono degli editori indipendenti straordinari.
CZ: Quali sono i suoi strumenti preferiti? So che lei usa molto il computer.
DM: No, in realtà i miei strumenti sono la matita, la carta e la gomma: il computer lo uso, ma solo per controllare l’immagine e rifinire qualche dettaglio. Un’immagine digitale mi trasmette una sensazione di “plastica”.
CZ: Tornerà a girare film o videoclip?
DM: Mi sono divertito a farlo, ma l’ho anche trovato frustrante. Con una graphic novel penso a una cosa e la metto subito su carta, il cinema richiede molto più tempo e lavoro senza avere necessariamente il controllo su tutte le fasi della realizzazione. No, dei film non mi interessa più molto. E poi il tipo di storie che vorrei fare richiedono un certo budget che non sarebbe facile da trovare per finanziare un film.
CZ: Cosa pensa della Brexit, se può dircelo?
DM: Stavo lavorando a Calegaro, la mia ultima graphic novel; ero proprio nel mezzo della storia e non sapevo come sarebbe finita: avevo previsto due finali, uno più positivo e l’altro negativo. Proprio in quel momento è capitata questa Brexit e alla fine ho scelto il finale che mi piaceva di meno, perché si adattava bene a quel momento. Trovo che la Brexit sia una cosa stupida, dovuta all’egoismo e alla paura.