Copertina de Sfida nel MontanaLa Sergio Bonelli Editore sta battendo negli ultimi anni nuove strade editoriali. Una di queste si sta rivelando molto promettente e conduce Oltralpe. Mi riferisco ai Romanzi a fumetti di Tex, la collana semestrale che presenta le avventure della giovinezza di Tex in un formato quasi inedito per la casa editrice milanese (l’unico precedente è rappresentato dall’eccezionale collana Un uomo un’avventura, pubblicata da Sergio Bonelli fra il 1976 e il 1980). Albi cartonati “alla francese”, con una foliazione di 46 pagine, su carta patinata, a colori: una vera isola felice dove poter sperimentare le libertà grafiche che il formato permette e, di più, incoraggia. A interpretare questo nuovo corso sono stati chiamati disegnatori di esperienza internazionale, acclamati protagonisti della Bande-Dessinée. L’ultimo in ordine di tempo è Giulio De Vita, autore dei disegni di Sfida nel Montana, quarto albo della collana. Gianfranco Manfredi imbastisce per l’artista pordenonese una storia ambientata in maestosi scenari innevati, montagne, boschi e fiumi che permettono a De Vita di mostrare ancora una volta tutto il suo talento. Il risultato è un albo in cui la componente visiva, anche grazie alla colorazione di Matteo Vattani, domina su quella meramente narrativa. E questo è già una piccola rivoluzione per la casa editrice di via Buonarroti. Ne abbiamo parlato con Giulio De Vita.

Alessandro Olivo (AO): Quando la Sergio Bonelli Editore ti ha chiamato per affidarti la realizzazione grafica di Sfida nel Montana, quali sono state le emozioni che si sono accavallate dentro di te? E poi, a mente fredda, lo hai considerato un giusto (e magari tardivo) riconoscimento del tuo valore come fumettista da parte della più importante casa editrice italiana di fumetti o piuttosto un onore riservato a pochi?

Giulio De Vita (GD): In realtà questa storia è molto più lunga ed emozionante (almeno per me). Risale ai primi anni del 2000 in Francia, dove Mauro Marcheselli mi volle presentare a Sergio Bonelli che mi propose di collaborare con la sua prestigiosa casa editrice. Anni prima, dopo Lazarus, avevo fatto delle prove per Brendon, ma fui scartato. Ciò mi mandò in crisi e abbandonai per qualche tempo il fumetto dedicandomi ai videoclip, ma poi il richiamo verso il fumetto fu più forte e trovai opportunità e successo in Francia. Quella proposta di Bonelli fu per me fonte di orgoglio, ma al contempo di frustrazione perché non potevo lasciare quanto stavo realizzando per i cugini d’oltralpe. Così passarono gli anni e la proposta tornò a farsi viva con un Texone, anche quello inconciliabile con i miei impegni nelle Bande-Dessinée, fino a quando nel 2014 non rincontrai Mauro Marcheselli a Reggio Emilia che mi propose la cover di Tex Color. Subito dopo, accadde quanto non avrei mai pensato potesse accadere: l’interruzione della mia collaborazione con la serie legata a Thorgal che mi apriva una finestra per la realizzazione di un albo di Tex, che con mia sorpresa si concretizzò con la proposta del cartonato. Davvero strano perché 15 anni prima era la stessa cosa che avrei voluto fare per Sergio.

AO: Quali difficoltà hai incontrato nel passaggio dalle atmosfere thriller (Il Decalogo), poliziesche (James Healer), urban-fantasy (Wisher) e historic-fantasy (I mondi di Thorgal) che tu ben conosci, all’ambientazione western, che invece era nuova per te?

GD: Devo dirti la verità: mi sono trovato davvero a mio agio, essendo il western un genere che ho sempre amato e sognato di disegnare. Sono cresciuto come quasi tutti noi italiani sognando da lettore e da disegnatore ammirando le tavole di Tex.

AO: Con la sua storia pluridecennale, Tex è un figura che incute sicuramente rispetto e, forse, anche un po’ di timore riverenziale. Nella veste di suo disegnatore, e quindi inevitabilmente di suo interprete, come ti sei approcciato al personaggio di Tex?

GD: Con un po’ di spavalda irriverenza, rispetto ai cliché fumettistici, ma allo stesso tempo, come sempre faccio, e consiglio sempre ai giovani disegnatori che mi chiedono “il segreto”, di completa dedizione e rispetto verso la storia, i personaggi, i lettori.

Tavola di Sfida nel MontanaAO: A differenza di Frontera! (l’altro volume “alla francese” della collana Romanzi a fumetti di Tex), realizzato da Mario Alberti (altro protagonista nostrano della Bande-Dessinée), la storia prevede un numero minore di personaggi e un Tex spesso in solitaria, immerso in panorami sconfinati. Questo ti ha permesso di esprimere le tue grandi capacità tecniche nel rappresentare maestosi scenari naturali. Quali sono state le difficoltà maggiori nella realizzazione e come giudichi il risultato finale?

GD: Il lavoro che faccio non ha difficoltà, ma solo sfide stimolanti e divertenti. Le difficoltà sono altre: una sceneggiatura scritta male, incomprensioni con i collaboratori, o tempistiche impossibili, o incompetenza o gente che non rispetta il tuo lavoro o ingerenze da chi non capisce niente del tuo lavoro, e non è il caso della mia esperienza in Bonelli.

AO: Nonostante i grandi paesaggi nei quali si muove in questa storia, Tex rimane sempre il centro e il protagonista assoluto. Pur nella maggiore libertà che il formato alla francese concede al disegnatore, quali sono i paletti che non bisogna superare quando si disegna Tex?

GD: Sono gli stessi che richiedono tutte le storie, l’ho detto prima: rispettare la storia, i personaggi, i lettori, tutto il resto viene da solo. Mauro Boselli mi ha lasciato la giusta libertà vegliando a distanza sull’avanzamento del lavoro.

AO: Come giudichi la collana Romanzi a fumetti di Tex in cui la Bonelli sperimenta il suo personaggio di punta in una formula editoriale, il cartonato a colori alla francese, completamente nuovo per la casa editrice milanese? È un tentativo di entrare in un mercato nuovo, anche internazionale, in cui il formato editoriale premia di più l’aspetto grafico?

GD: Credo che sia una delle operazioni più significative per l’evoluzione del linguaggio del fumetto italiano degli ultimi anni, un segnale importante all’editoria e probabilmente una risposta a un’esigenza del mercato, che si distacca dalle varie operazioni di marketing in stile anni 90 che non mi entusiasmano. Questa è una nuova vena parallela alla produzione standard per il fumetto italiano che può aprire ai personaggi Bonelli nuove frontiere finora precluse: a causa di un formato che all’estero non comprendono, ma anche per aprirsi anche in patria a target diversi. Mi auguro che Bonelli faccia presto lo stesso anche per altri personaggi.

Tavola 2 di Sfida nel MontanaAO: Parte del merito del successo dell’albo va anche a Matteo Vattani, responsabile della colorazione delle tavole, dotate, secondo me, di una luce perfetta, né troppo accesa (la presenza di tanta neve avrebbe potuto provocare un effetto accecante), né troppo spenta. Quale è stato il vostro metodo di lavorare insieme?

GD: Ho voluto fermamente che Matteo fosse il colorista di quest’albo. Abbiamo collaborato felicemente sul mio ultimo albo per I mondi di Thorgal. Ma per Tex abbiamo lavorato più di un mese per trovare la giusta tecnica per quest’albo e le giuste atmosfere. Dovevamo trovare il giusto equilibrio tra una colorazione ricca di gusto internazionale ma senza tradire le aspettative del lettore tradizionale di Tex. Alla fine abbiamo trovato la quadra del cerchio e il risultato è eclatante. Per ogni scena e tavola ho dato delle indicazioni di massima su atmosfere e contesti, lasciandogli interpretare a suo modo i colori, dopodiché lui mi inviava la tavola colorata in bassa definizione sulla quale apportavo eventuali modifiche o evidenziavo eventuali sviste prima della dell’ultimazione.

AO: Sfida nel Montana è stato scritto e sceneggiato da Gianfranco Manfredi, un autore veterano delle storie di Tex che, abitualmente, si sviluppano lungo centinaia di tavole degli albi della serie regolare. Qui, invece, Manfredi ha dovuto condensare la vicenda in quarantasei tavole e alcuni critici, pur nel plauso generale nei confronti dell’albo, hanno notato un’eccessiva accelerazione della narrazione nel finale. Come giudichi questo dettaglio e, più in generale, come si è svolto il lavoro insieme a Manfredi?

GD: Non ho ancora avuto il piacere di conoscerlo. La sua sceneggiatura è scritta davvero bene, ho adorato il modo gusto per le battute secche che lasciano intendere la psicologia dei personaggi dal non detto, non è una cosa immediata da cogliere, ma è propria della sceneggiatura cinematografica prima che fumettistica, ed è una cosa che apprezzo molto. Credo che l’aspetto dell’accelerazione finale sia il risultato di una scelta precisa, che in un certo senso difendo. Sicuramente 4-8 pagine in più avrebbero certamente permesso di costruire un finale più denso, ma evidentemente così non era possibile e Gianfranco probabilmente ha preferito costruire le atmosfere e lasciare i giusti silenzi e gli spazi per i grandi panorami e suscitare le emozioni che sono arrivate piuttosto che “sprecare” pagine preziose e lasciando un albo che benché non perfetto si lasci comunque ricordare… Ma le mie sono solo supposizioni, quando lo conoscerò, glielo chiederò :-)…

AO: Perché Tex riscuote ancora così tanto successo dopo quasi settanta anni? E quali sono le caratteristiche di Tex che a te sembrano più interessanti?

GD: Da un lato c’è un aspetto nostalgico e dall’altro un aspetto mitico. Il risultato è unico.

Tavola 3 Sfida nel Montana

AO: Sei un protagonista della Bande-Dessinée e, nel corso della tua carriera, hai potuto riscontrare di prima mano quali sono le differenze fra il fumetto d’Oltralpe e quello italiano. Ci spieghi quali sono le più importanti, tanto in qualità di addetto ai lavori quanto in quella di fruitore?

GD: Le differenze sono molte: prima di tutto la distribuzione, che in Francia avviene quasi esclusivamente in libreria o fumetteria e solo in parte in edicola, in Italia è l’opposto; in Francia le serie sono quasi esclusivamente disegnate dalla stessa coppia di sceneggiatore e disegnatore se non a volte da un autore unico, comportando l’uscita di al massimo un episodio all’anno, mentre Italia le serie sono mensili e realizzate da staff di autori, ne consegue che in Francia il personaggio viene spesso identificato con il suo autore e per questo i disegnatori sono considerati più degli artisti con conseguenze diverse: evoluzione stilistica più personalizzata e un’evoluzione del linguaggio più diversificata, gusti del pubblico più raffinati sull’estetica del fumetto (e il conseguente mercato degli originali con quotazioni sbalorditive rispetto a quelle italiane, gallerie d’arte specializzate in fumetti e case d’asta come Sotesby’s e Christie’s che si occupano di originali di fumetti) mentre probabilmente in Italia i lettori sono più esigenti sulla qualità delle storie. Le differenze del formato, paginazione e supporti, infine, comportano delle differenze anche nel modo di raccontare per immagini, sia per lo sceneggiatore che per il disegnatore.

AO: Personalmente non amo il termine graphic novel, soprattutto per l’uso che molti in Italia fanno di questa espressione, quasi a voler contrapporre un fumetto “alto” da libreria ad uno “basso” da edicola. Posto che Sfida nel Montana è la smentita concreta di una tale impostazione, quale è il tuo pensiero a riguardo?

GD: Sono d’accordo con te, ma se serve per definire o distinguere semplicemente i formati mi sta bene: formato francese, formato graphic novel, formato comics, formato bonelli, ok! In ognuna di queste categorie ci sono però sia porcherie che capolavori.

AO: Mentre lo stavi disegnando, ti sei mai chiesto cosa direbbe Sergio Bonelli del tuo Sfida nel Montana? E quale risposta ti sei dato?

GD: Ho fatto metà albo pensando a Sergio Bonelli e l’altra metà pensando ad Ade. Il mio Tex è un gesto di riconoscenza e affetto.

AO: Credo che i valori più importanti che hanno caratterizzato il lavoro di Sergio Bonelli siano stati serietà, onestà e rispetto per il lettore. A cinque anni dalla sua morte quale è il tuo ricordo e il giudizio sull’uomo, l’editore e l’autore di fumetti?

GD: Non ho avuto molte occasioni di incontrarlo: penso due volte dal vivo e altrettante per telefono. Di queste il primo incontro te l’ho già raccontato all’inizio di questa intervista, e l’ultima telefonata è stata una vigilia di Natale verso le 8 di sera, in cui entrambi stavamo ancora lavorando, e mi ribadì la sua volontà di vedere un mio Tex. La cosa mi colpì parecchio e penso che questo aneddoto racconti molto di lui.

Vignetta Sfida nel Montana

 

AO: Noi due abbiamo la stessa età. Io ho scoperto i fumetti da bambino grazie agli albi della Bonelli venduti in edicola. Poi sono cresciuto e ho imparato ad apprezzare tanti altri autori e generi. Tu come ti sei avvicinato al mondo dei fumetti?

GD: Io invece, ho scoperto prima Lanciostory e Skorpio, con la strabiliante scuola argentina, che mi lasciava mio zio Franco, e poi alcuni supereroi sull’onda di Supergulp! e alcuni fumetti horror americani. Solo alle medie ho scoperto Dylan Dog e di conseguenza tutti gli altri personaggi bonelli.

AO: L’ultima tavola di Sfida nel Montana riporta la tua dedica al compianto Ade Capone. Ci racconti come è avvenuto il tuo esordio nel mondo dei fumetti?

GD: Il mio esordio nei fumetti avviene qualche anno prima di Ade sulle pagine de il Messaggero dei Ragazzi su un personaggio di Emanuele Barison e Romeo Toffanetti, che si chiamava Alex il Britanno, ma nel fumetto nazionale avviene sulle pagine di Lazarus Ledd nel 1993 a 21 anni.

AO: Quali sono i tuoi attuali progetti lavorativi?

GD: Il mio prossimo progetto si chiama Lemuri: un avventuriero che viaggia in mondi lontani a caccia di preziosi tesori che fanno sognare le persone: la musica.