Wantoo era un ingegnere, o forse un “semplice” industriale, insoddisfatto della sua bella ma non appagante vita rosa dal tarlo dalla gelosia. Ulisse era un giovane impiegato contabile che nel suo ufficio viveva un’umiliante esistenza di vessazioni.
Entrambi sono stati posseduti da “demoni dentro” che, giunti al proverbiale punto di non ritorno (reale o solo immaginato), hanno reso concretamente manifesta la loro rabbia inducendoli a fare cose di cui si sono amaramente pentiti. Questi demoni interiori stanno letteralmente col fiato sul collo ai due protagonisti e si manifestano come delle inquietanti ombre acquerellate (ma, ci giurerei, frutto di computer grafica).
Sia Wantoo che Ulisse andranno alla ricerca di espiazione, di una maniera per placare i loro “demoni dentro” che li divorano. E per farlo, seguiranno il periplo del diario del pellegrinaggio di Babadush che viene offerto loro da un rigattiere di buon cuore che ha intuito la loro condizione di anime sofferenti alla ricerca di riscatto.
Demone dentro è la classica storia di passaggio che racconta la conquista dell’autoconsapevolezza, in cui un personaggio (in questo caso due) deve venire a patti con quello che lo lacera. Il finale è volutamente interlocutorio e aperto all’interpretazione del lettore, mentre una nuova vicenda analoga a quelle di Wantoo e Ulisse si innesta nel blocco centrale della storia principale.
Il viaggio verso il cuore della soluzione dei problemi è ovviamente puntellato dai luoghi simbolici topici del viaggio iniziatico o espiativo: l’acqua come battesimo a nuova vita, la scalata impervia della montagna come superamento delle difficoltà, l’arrivo nel ventre della terra per affrontare definitivamente la propria vera essenza e la fonte dei problemi.
Si tratta insomma di una storia basata per intero sulle atmosfere e sulle suggestioni che sa evocare e non sul disvelamento di una trama. Se quindi a livello di testo siamo di fronte a qualcosa di suggestivo, ma tutto sommato non particolarmente originale e innovativo, alcune delle soluzioni grafiche sono interessanti ed efficaci.
Già la scansione dei capitoli con un elemento grafico a costituire una sorta di incipit di quello che leggeremo nelle pagine successive (spesso apparentemente slegato dal flusso della storia) è una bella pensata che intriga il lettore e lo spinge ad addentrarsi nell’universo ideato da Iacono anche tramite questi dettagli.
Per quel che riguarda lo storytelling il giovane autore dimostra già una grande professionalità e sa bene come gestire le tavole nella maniera più razionale, come alternare panoramiche e dettagli, come usare i recadrage, come dare la giusta scansione alle vignette e in definitiva come guidare l’occhio del lettore.
La rappresentazione dei “demoni dentro” come fumo acquerellato è senz’altro efficace, mentre trovo veramente ottimo l’effetto espressivo di decolorazione con cui l’autore rappresenta l’attesa carica di tensione a pagina centosette.
Al di là di queste considerazioni prettamente narrative, il tratto di Mattia Iacono è sospeso tra Paco Roca e Adventure Time, riferimento quest’ultimo cui lo stesso autore rimanda nella postfazione. Il risultato non è però così allegro e rassicurante come si potrebbe pensare, tanto più che l’autore predilige un segno sketchy: anche se i vari mostri che compaiono nella storia sono raffigurati con fattezze alquanto buffe non sono per questo meno inquietanti.
Molto simpatici i fogli di risguardo del volume (cartonato come tutti i titoli più recenti della collana Prospero’s Books), che riprendendo dei disegni colorati di Iacono forse vogliono essere una citazione degli albi originali di Tintin e Blake & Mortimer.