Andrea Mutti è un disegnatore molto versatile e dallo stile adatto a molti generi diversi di fumetto. Nella sua carriera ormai ventennale (anche se è molto giovane: classe 1973) ha difatti lavorato per progetti indipendenti, per Sergio Bonelli Editore e per colossi dell’editoria francese e americana.

Andrea Mutti ha fatto parte della mitica “scuola bresciana”, il gruppo di fumettisti che negli anni ’90 si fece notare con la serie Hammer, trampolino di lancio per molti talenti del fumetto. Tra i suoi lavori più famosi in Italia ci sono La Sindrome di Caino (sei volumi scritti da Nicolas Tackian) e vari interventi su personaggi famosissimi degli universi dei supereroi Marvel e DC: Batman, X-Men e tanti altri.

È presente a Lucca con un nuovo lavoro realizzato per gli Stati Uniti, primo fumetto di origine americana a essere pubblicato nella collana Historica della Mondadori. L’occasione è ghiotta per parlare anche della sua carriera e del suo metodo di lavoro.

RibelliClaudio Zuddas (CZ): Come nasce questo lavoro, Ribelli?

Andrea Mutti (AM): È nato perché ero in contatto con Brian Wood, abbiamo fatto varie cose insieme, come Conan, DMZ e altro; siamo sempre rimasti in contatto e un anno e mezzo fa vide una mia vignetta con un vascello del ‘700. Aveva già in mente questo progetto e dopo aver visto quel disegno mi propose di prendervi parte.

Ribelli è sì un fumetto storico ma ha una grande parte di avventura, c’è la guerra ovviamente ma è più che altro un contorno che dà alla vicenda un significato differente, la Storia c’è: ci sono le date, i luoghi, i personaggi storici però si parla di uomini. Di uomini normali, non solo di Washington o degli altri patrioti che tutti conosciamo. Questo alla fine dà una visione interessante e originale di un popolo nato fondamentalmente dal nulla.

CZ: Rispetto al mercato francese come ti sei trovato a lavorare per quello americano?

AM: In realtà lavoro già da tanti anni per il mercato americano; la differenza sostanziale è la libertà espressiva. Prendi questo stesso fumetto: è vero che si tratta di un lavoro di ambientazione storica, (e quindi bisogna stare attenti ai dettagli, ai costumi, alla documentazione) però quello che è più importante in questa serie è catturare il climax del momento: la guerra non deve ridursi al rispetto scrupoloso dei sette bottoni sulle divise ma è importante come la racconto, e devo dire che questo lavoro, anche per Brian e per gli editor della Dark Horse, è stato veramente divertente e hanno appoggiato su tutta la linea questa scelta stilistica.

Andrea MuttiCZ: Mi ricordi chi sono gli editor della serie?

AM: Spencer Cushing, Sierra Hahn e Dave Marshall. Ribelli ha avuto molto successo presso il pubblico americano, per quanto sia una serie anomala nel panorama americano, perché siamo riusciti a trasmettere quello che era la guerra di quel tempo: la sporcizia, la fatica, la rudezza, la morte stupida e violenta per nulla, e questo secondo me è molto importante per evitare di raccontare il solito tafferuglio in battaglia che tutti conosciamo.

CZ: Come ti sei trovato con lo stile di sceneggiatura americano?

AM: Gli americani sono estremamente sintetici (soprattutto Brian, ma un po’ tutti lo sono). Eventualmente quello che non capisci te lo spiegano, sono molto aperti e se tu proponi qualche idea sono veramente contenti di vedere che anche il disegnatore si sente autore del progetto, che non sei solo il mero esecutore ma che sei uno che deve esserci e quando lo fai loro si entusiasmano.

CZ: Sfogliando Ribelli mi sembra di aver visto dei disegni molto realistici, delle pose plastiche non banali: hai fatto ricorso a fotografie?

La Syndrome de CainAM: Sì, ma non ho semplicemente riprodotto delle fotografie da altre fonti. A volte per visualizzare meglio una scena o vedere come cadono gli abiti ho fatto posare degli amici o mi sono fotografato io stesso con degli abiti appositi acquistati su internet.

CZ: Ti sei servito di assistenti per questo volume? So che tu hai anche degli assistenti, stai facendo un po’ un lavoro di reclutamento tra le giovani leve.

AM: A volte sì, ma non per questo lavoro nello specifico. Però spesso quando ho bisogno ho dei ragazzi fantastici che mi danno una mano.

CZ: Fra cui ci saranno i maestri di domani, sicuramente.

AM: Ma già anche di oggi!