Carlo GoldoniNon so perché, ma ogni volta che penso a Venezia, la mente fa un balzo all’indietro nel tempo e “vedo” Goldoni affacciato alla finestra della Cà dei Cent’anni, la sua casa natia, sita fra il Ponte dei Nomboli e quello di Donna onesta, mentre lungo i canali scivolano piano le gondole e dalle calli riecheggiano voci di uomini, donne e bambini.

È un dolce fraseggio, un ciacolar incessante e sommesso. La gente parla di tutto: facezie e temi importanti, affari, amori, tormenti e pettegolezzi.

Intanto don Carlo osserva, ascolta e registra ogni cosa nel vivace crogiolo del proprio intelletto.

Ma perché è tanto attirato da ciò che succede intorno? Se la domanda è banale, la risposta è persino scontata: perché è sempre stata l’umanità ad ispirare gli artisti, siano essi poeti, pittori, scultori o commediografi. E in tal senso Venezia è una miniera d’oro!

Caratterialmente, i veneziani hanno diverse sfaccettature, sono tutto e il contrario di tutto: misurati e magnanimi, ingenui e maliziosi, concilianti e rissosi, pigri e risoluti, sempre, comunque, arguti e pervicaci.

Chissà quale mestiere avrebbe fatto Goldoni se invece di nascere nella Serenissima, fosse nato in un’altra città. È vero che anche durante il suo soggiorno francese scrisse svariate commedie di succeso, ma è nella città natale che creò i suoi capolavori: La Locandiera, Sior Todero brontolon, I Rusteghi, Le Baruffe chiozzotte, etc. garbati affreschi di varia umanità, scritti con l’animo aperto al sorriso e la certezza che ogni vicenda, anche la più “imbrogliata”, si può infine risolvere. I personaggi sono figure del popolo, ma mai trascendono o danno in escandescenza, mai sono violenti o sguaiati, anche quando le situazioni sono estreme, come ad esempio nelle Baruffe chiozzotte, un acceso contrasto fra alcuni pescatori di Chioggia.

Quel che muove l’autore è un sentimento positivo ed ilare della vita; egli è sorretto da un ottimismo di fondo che lo induce a sdrammatizzare gli episodi spiacevoli che a volte s’incontrano sul proprio cammino. Quello di minimizzare le avversità è un sentimento comune a tutti i veneziani, che, pur messi a dura prova, non si piangono addosso e sanno riacquistare la propria serenità.

Panorama di Venezia

A Venezia, Goldoni ha a disposizione la materia prima per scrivere, ovvero una società composita, fatta di nobiltà, borghesia e popolino.

La Venezia del XVIII secolo è un centro che ha perduto la sua antica grandezza e vive un lento declino. L’aristocrazia non ha più interesse per le iniziative mercantili ed investe le proprie ricchezze nell’acquisto di terre e beni immobili. Anche le attività artigianali segnano il passo. Solo il commercio risulta abbastanza florido, grazie all’affermarsi di una borghesia solida e “illuminata”, che diventa pertanto il volano dell’economia locale.

Ed è proprio a quest’ultima classe sociale che Goldoni volge la propria attenzione, celebrandone le virtù e criticando, al contempo, le mollezze, gli sperperi e il conservatorismo dell’aristocrazia.

L’autore riconosce alla borghesia una certa misura ed una moralità naturale, istintiva, non bigotta, e per questo motivo la rende protagonista delle proprie commedie.

Anche il popolo sembra essergli simpatico, perché privo d’ipocrisia e dotato di acume e buon senso.

Ecco che la sua scena si affolla di artigiani, studenti, gondolieri, osti, comari, servette, personaggi che animano bozzetti di vita ordinaria, resi ancor più realistici dall’uso del dialetto locale, così musicale, immediato e spontaneo.

Sono dunque i personaggi più umili e meno in vista che caratterizzano la Venezia goldoniana, meglio di quanto possano fare i notabili con la loro “pompa” ed i loro stravizi.

Ma all’epoca Venezia è considerata un centro di secondo piano e così diversi scrittori preferiscono prendere a modello le opere famose di Parigi e di Londra, diventando in tal modo seguaci delle correnti culturali dominanti in Europa.

Goldoni, che pure è stato all’estero e sa benissimo quale vento spira, resiste a questa tentazione, intuisce che a fare veramente la storia sono le classi subalterne, col lavoro, la costanza e la sagacia. Per questo motivo eleva i ceti più modesti a protagonisti delle proprie opere. Oltre all’introduzione dell’opera scritta per intero, è qui la sua innovazione più importante, la sua “rivoluzione culturale”.

Anche grazie alle commedie goldoniane, Venezia tornerà lentamente a riprendersi, ad esser grande come in passato, centro di vita civile ed operosa, riassurgendo perciò a metropoli e straordinario palcoscenico del mondo.