La Banda di Piazza Caricamento sta ai Rolling Stones come l’Orchestra di Piazza Vittorio sta ai Beatles
Antonio Vivaldi, Repubblica
La musica è sempre stata il tramite ideale per unire popoli e culture diverse, e progetti come la Banda di Piazza Caricamento diretta da Davide Ferrari, lo testimoniano con grazia e bellezza.
Nata sulla scia della ben nota Orchestra di Piazza Vittorio, la Banda di Piazza Caricamento si è guadagnata un posto di tutto rilievo tra le formazioni di world music.
Se è vero, come scrisse Antonio Vivaldi su Repubblica, che “La Banda di Piazza Caricamento sta ai Rolling Stones come l’Orchestra di Piazza Vittorio sta ai Beatles”, c’è da dire che dentro l’ensemble genovese c’è anche altro. Sicuramente il groove del funk, a sentire come riescono a coverizzare il classico Rock the Casbah dei Clash.
Una sapiente miscellanea sonora che affonda le radici in luoghi lontani e poi si ritrova nella zona di Sottoripa, i portici di Piazza Caricamento a Genova. I suoi membri arrivano da paesi apparentemente tanto distanti e diversi, come Italia, Germania, Sudan, Marocco, Rwanda, Senegal, Brasile, India, Messico, Russia, Irlanda, Sri Lanka e Ghana. Sul palco però, sono una cosa sola, incarnando concetti come cooperazione internazionale e integrazione, divertendosi e facendo divertire il pubblico. A partire da Don Gallo, che era un loro fervido estimatore.
In Italia la prima (e più nota) esperienza di meticciato musicale è stata l’Orchestra di Piazza Vittorio, ideata e diretta da Mario Tronco e dal documentarista Agostino Ferrente negli spazi dell’allora dismesso cinema Apollo 11, e che nel tempo ha dato luogo a rappresentazioni teatrali e un omonimo e pluripremiato documentario.
La storia fortunatamente si ripete, e in quel di Genova. Lo scenario, con le dovute differenze, è simile: negozi storici genovesi convivono con attività nuove di altre etnie, il tutto in una cornice che è quella dei posti del porto vecchio. Se è vero che le coordinate generali entro le quali si muovono i membri della BDPC sono ovviamente le musiche etniche e la world music, con “Il Sesto Continente” dimostrano di voler spingere la contaminazione a un nuovo livello.
Le linee armoniche sono estremamente curate, grazie alla presenza di vocalist del calibro di Jana Oder (Tagikistan), Parveen Khan (Rajasthan – India), Medard Kha (Benin) e Lorrain Mc Cauley (Irlanda), tanto che a tratti sembra di sentire affiorare le meravigliose armonie vocali di Rosie Wiederkehr, l’indimenticata voce degli Agricantus, uno dei più felici esperimenti di musica world concepiti dal nostro stivale. A questo si aggiunge una capacità di attraversare e interpretare i generi e gli stilemi rock, pop, funk, elettronica e jazz veramente apprezzabile e unica in questo genere, che – come detto – è world, ma non solo.
Si spazia in lungo e in largo, a partire dal flirt con i ritmi funk di Infinity, fino alla mistica Gnawa Genes (traditional proveniente dal Marocco) che s’incunea nel limbo tra etnico e jazz, come fece a suo tempo uno sperimentatore come Miles Davis. In più di una traccia si sentono echi addirittura celtici (sempre grazie all’irlandese Lorrain Mc Cauley) e in tutto Il Sesto Continente si sentono influenze distanti grazie alle collaborazioni live con Celia Mara (dal Brasile) e Gnawa Bambara (Sufi dal Marocco). Amawabode risulta un capolavoro capace di mettere insieme tendenze elettroniche con melodie africane mentre Final Call riunisce in un ideale abbraccio i Cranberries con i canti del continente nero.
Una delle più belle canzoni, Ninna nanna per Yanuska, porta la firma anche di Antonella Ruggiero e ci conduce in maniera dolce e soave verso una Russia di altri tempi, così come El Pepe ci accompagna allegramente e con il brio tipico del ChaCha all’attualità dei nostri giorni, un omaggio per José El Pepe Mujica, il “presidente povero” dell’Uruguay, che ha dato dimostrazione di estrema onestà e trasparenza, rimanendo vicino alle esigenze dei suoi compaesani.
Un elogio va espresso anche agli ingegneri del suono e gli arrangiatori, che hanno saputo creare dinamiche e atmosfere capaci di trascendere il particolare ed entrare direttamente a contatto con un immaginario ancestrale, tribale, mistico e quasi da sogno. In una parola: evocativo.
Il Sesto Continente
È la terra ideale, dei sogni di ogni migrante, o viaggiatore, o sognatore.
È il luogo dell’accoglienza, dell’incontro e delle emozioni.
Della natura incontaminata, delle tradizioni e della creatività.
È la musica di un nuovo continente, quella che si genera nelle città popolate dall’incontro tra genti straniere, residenti e/o in transito, musiche senza stili e origini dominanti, dove il meticciato è il terreno di fondo su cui si coltivano le arti contemporanee.
Davide Ferrari, direttore Banda di Piazza Caricamento