Roland BarthesNel 1979 usciva il primo numero di Alfabeta, importante rivista culturale italiana. Umberto Eco apriva le danze con un articolo dedicato alla lezione inaugurale che Roland Barthes tenne nel 1977 al Collège de France. Un Roland Barthes come sempre brillante, provocatore e imprevedibile, che per l’occasione aveva stupito pubblico e media accusando la lingua di avere una natura “fascista”.

Intellettuale fuori dal coro, scrittore dichiarante la morte dell’autore, semiologo appassionato di imperi di segni asiatici e ideologie occidentali, Roland Barthes non smette ancora oggi di ispirare e interrogare la cultura contemporanea. Il centenario della sua nascita è un’occasione per riflettere sulla sua più grande passione: la scrittura.

Fra i numerosi eventi che prenderanno vita nel corso dell’anno, due meritano un’attenzione particolare: l’uscita di una nuova imponente biografia a cura di Tiphaine Samoyault, e l’esposizione Les écritures de Roland Barthes, panorama, alla Bibliothèque Nationale de France fino al 26 luglio.

Un inedito Barthes

È una biografia fuori dal comune quella che la ricercatrice Tiphaine Samoyault dedica a Roland Barthes. L’autrice si è infatti basata su del materiale ad oggi in gran parte inedito: diari, agende, classificatori colmi di note, appunti, lettere. Una scrittura intima e metodica che, lontana da ogni esigenza di pubblicazione, rivela il puro piacere che Barthes provava nello scrivere e nel riportare, chiarificare e scontornare la propria quotidianità. La gran varietà di supporti e tecniche utilizzate testimonia di una produzione che non aspirava affatto ad essere continua, compiuta, esaustiva, ma che esaltava al contrario la potenza del frammento. La fragilità e la facilità di dispersione di note, cartoncini, foglietti, l’alternanza tra diversi tipi di tratti e grafie, l’utilizzo di matite, penne pregiate o strumenti calligrafici di importazione, il ventaglio di grammature della carta… questo magico universo manifesta essenzialmente una passione per la pratica scritturale, piuttosto che un tentativo di ricostruzione del sé. E riflette l’eclettismo intellettuale di Barthes e la sua sensibilità critica, in grado di analizzare e ribaltare gli stereotipi della contemporaneità.

Esibire la parola

BarthesNon è facile realizzare un’esposizione dedicata ad una produzione letteraria: si rischia facilmente di cadere nella banalità o nella pedanteria, con il risultato che il pubblico finisca deluso e annoiato. Per Les écritures de Roland Barthes, panorama, un inconveniente logistico (lo spazio dedicato all’esposizione era più piccolo di quanto previsto in origine) ha fatto aguzzare l’ingegno dei curatori, che hanno giocato sulla giustapposizione di ambienti e zone espositive, in un dialogo tra contrasti che avrebbe divertito (o piuttosto spaventato) il semiologo. La Galerie des donateurs è infatti uno spazio raccolto e oscurato in cui viene presentata, in teche disposte al centro della sala, la produzione di Frammenti di un discorso amoroso, una delle opere più popolari di Barthes. Le note del seminario da cui il libro è tratto, la bozza con le correzioni, i piccoli disegni che l’accompagnano: l’opera è sviscerata. Le pareti scure e tinte in blu-nero Waterman, inchiostro prediletto da Barthes, favoriscono la concentrazione e l’effetto di raccoglimento.

Per accedervi bisogna attraversare l’allée Julien Cain, un lungo corridoio luminoso dove, su una tenda lunga cento metri, volteggia l’universo barthesiano: citazioni dell’autore, ritagli di magazine che aveva lui stesso raccolto, foto delle sue più note mitologie. Un montaggio verticale denso e cinematografico che presenta tutti i macro soggetti su cui Barthes ha lavorato: la scrittura del politico, la scrittura del mondo, la scrittura intransitiva e in ultimo Vita Nova, l’opera incompiuta di Barthes.

L’esperienza del manoscritto, raccolta, minuta, oscura, dialoga quindi con quella sovrastante, morbida, luminosa del collage, senza annoiare il pubblico. Un accostamento simpatico, che presenta alla perfezione la larghezza di prospettiva di Barthes e al contempo la sua minuzia di pensiero. Ma che, c’è da scommetterci, non avrebbe convinto lui, instancabile demolitore della compiutezza retorica e discorsiva.