Trav-01Con quelle dedicate a Niki de Saint Phalle e Jeff Koons, Flux, l’esposizione di David Altmejd al Museo d’Arte Moderna di Parigi, fa parte del trio di appuntamenti sulla scultura che ha scandito l’inverno della capitale francese. Pur essendo meno noto al grande pubblico rispetto ai suoi due colleghi, David Altmejd, artista canadese già presente alle ultime Biennali del Whitney e di Venezia, stupisce da diversi anni critica e visitatori con un linguaggio artistico inedito, violento e al tempo stesso commemorativo.

Cosa rende così affascinante l’immaginario di David Altmejd? La spirale di metamorfosi che avvolge i suoi soggetti. L’oscillazione incessante tra struttura e dettaglio, regno umano e naturale, rappresentazione e vuoto costruisce infatti un universo onirico in cui, proprio come nei sogni, le nostre coordinate vengono completamente abissate dal fluttuare degli eventi. Lo si intuisce immediatamente all’ingresso dell’esposizione, di fronte a Sarah Altmejd, ritratto della sorella dell’artista: un viso senza volto, divorato da un buco nero. L’elemento minerale della grotta fa contrasto con i capelli morbidi della ragazza. Si è spinti a guardarvi dentro per cercare una risposta, un’identità, risucchiata dallo scavare dell’arte.

“Ho avuto questa idea, – racconta l’artista a proposito dell’opera – e ricordo di essermi detto che era il modo giusto per costruire un oggetto molto potente… era tutto quello che potevo fare. Ho lavorato un bel po’ per riprodurre il contorno del viso di mia sorella, i capelli, il collo, tutto. E poi, una volta finito, ho iniziato a scavare all’interno del viso per creare un buco nero che sembrasse infinito. Non stavo facendo il ritratto di Sarah Altmejd, stavo creando un infinito buco nero, e ogni tanto mi ricordavo che si trattava di mia sorella. O di me. Ero anche io stesso. Io visto attraverso mia sorella.”Trav-02

Sarah Altmejd traccia l’inizio di un percorso il cui obiettivo è anzitutto quello di disperderci e farci disorientare. Le opere di David Altmejd si aprono all’infinito attraverso la loro sistematica incompiutezza, ottenuta attraverso un accurato lavoro di sottrazione e aggiunta di elementi, come in The Giant o Man 2, mastodontici ibridi umani e animali, o come in The Flux and the Puddle, immensa teca di vetro in cui sembra materializzarsi un pulviscolo di coscienza. L’opera è grande come l’intera sala del museo; non possiamo che camminarvi attorno e, proprio come nei sogni, ad ogni passo che facciamo verso la comprensione ci sfugge un dettaglio rimasto celato in qualche anfratto.

L’apoteosi espositiva e le teche trasparenti che si susseguono una nell’altra, tipiche del lavoro di Altmejd, finiscono per celare molto più di quanto mostrino, lasciando la sensazione di aver partecipato a qualcosa a cui non eravamo stati invitati. Il rigido sistema espositivo del plexiglass, ispirato alla passione dell’artista per la biologia, si piega all’improvviso esplodere dell’organico, che installa dove meno ce lo aspettiamo membra umane, visi deformi, gruppi di insetti e animali.

Trav-03Il moltiplicarsi delle vetrine non rivela nessuna tecnica di catalogazione, ma al contrario un caleidoscopico accumulo di elementi, caotico e immoderato, sfuggito al controllo dell’atterrito biologo. Architetture di fili, bobine e sottili catenelle sembrano ricostruire dei sistemi arteriosi, linfatici, nervosi: sono mappe sospese che non ci conducono da nessuna parte, colorate ragnatele che aggiungono un tocco glamour a questi maxi-sistemi senza ristabilirvi alcun ordine.

Si tratta di un’esposizione importante, la prima dedicata in Francia all’artista, che riunisce opere passate e inedite di David Altmejd. Un’esposizione itinerante, che continuerà oltre i confini francesi per essere presentata nei prossimi mesi anche al MUDAM del Lussemburgo e al MACM di Montreal.