Murmur. Fiaba per bambini pelosiNon è una storia qualunque quella di Murmur, il giovane protagonista del romanzo breve Murmur. Fiaba per bambini pelosi di Leonor Fini (traduzione e cura di Corrado Premuda. Edizioni Arcoiris). Anzi, è una storia surreale dove gli elementi che nei romanzi classici fungono da contorno (descrizioni, paesaggi, minuziosi dettagli) assurgono a un ruolo di primo piano trasmettendo un ventaglio di emozioni che non possono lasciare indifferente il lettore.

Il giovane Murmur è, di per sé, una creatura che ben si inserisce in un simile contesto. La sua natura, per metà umana e per metà felina, in quanto figlio della gatta Belinda e di un uomo non meglio identificato, lo rende aperto verso gli altri e lo predispone a tutta una serie di sensazioni, sia fisiche sia mentali, che avrà modo di scoprire nell’ex monastero in cui lo porterà la madre, in fuga dagli esseri umani incapaci di accettarla. Il regno incantato dove i due personaggi si trovano a vivere è popolato da fate, diavoletti dal sedere multicolore, sfingi e gatte imparruccate. È un regno dove l’istinto di ognuno è libero di sprigionarsi, senza sottostare a regole precise e senza dare luogo a sensi di colpa. È un mondo carico di atmosfera e magia dove le maniglie delle porte sono spalmate di marmellata e dove anche la letteratura assume una sua forma palpabile:

Il tapis roulant scorreva a tutta velocità; improvvisamente si fermò in una zona bianca. “Qui” disse Murko “tutto si conserva e tutto si mummifica”. A mo’ di introduzione c’era la famosa balena di Moby Dick, poi fu il turno del narvalo, l’unicorno dei mari, “tutto bianco e pulito” come avrebbero detto le gatte imparruccate. Indietreggiai davanti a Crono, vera e propria mummia o semplicemente avvolto nelle bende, forse perché, sistemato lì tra gli orologi, si sarebbe sfasciato nel giro di poco tempo. E poi, allineati o in gruppo, c’erano dei personaggi che credevo inventati di sana pianta dagli scrittori. Di quella materia marmorea erano fatti i figli del Capitano Grant, il Capitano Nemo, Robinson e Venerdì.
(pagg. 53-54)

Benché il sottotitolo del volume parli di fiaba per bambini pelosi, Murmur è in realtà un testo per adulti che guida il lettore attraverso un universo sensoriale dove la sessualità del giovane Murmur, pur con dovizia di particolari, viene descritta, appunto, come forma di scoperta, e quindi senza mai scadere nella volgarità, e come rito di passaggio che segna definitivamente l’abbandono dell’infanzia.

Un dipinto di Leonor Fini

Pubblicato nel 1976 in Francia, e quest’anno per la prima volta in Italia, il romanzo contiene numerosi riferimenti alla vita dell’autrice Leonor Fini (1907-1996). L’assenza della figura paterna, l’ambientazione “esotica” che si rifà all’ex monastero di Nonza, in Corsica, dove l’autrice trascorreva le sue estati, il nome Murmur, soprannome attribuitole dall’amico André Pieyre de Mandiargues e tutte quelle minuziose descrizioni che richiamano da vicino la profonda cultura, e l’ambiente intellettuale, che ha sempre contraddistinto la persona di Leonor Fini rendendola un’artista di prim’ordine del Novecento.

Corrado Premuda nell'archivio Leonor FiniCorrado Premuda traduce il testo con particolare accuratezza dimostrando non solo una profonda conoscenza dello stile dell’autrice ma operando una scelta linguistica che consente al lettore di vivere e provare sulla sua pelle quelle sensazioni che la Fini stessa voleva trasmettere. La dettagliata postfazione, sempre a cura di Premuda, permette poi di farsi un’idea chiara e consapevole del mondo di questa magnifica autrice e artista il cui lavoro merita di essere tramandato ai posteri.

Nel dicembre scorso, a Trieste, il nome di Leonor Fini è tornato a far parlare di sé grazie all’intitolazione di un giardino della città; gesto con il quale si è voluto ricordare il suo grande contributo alla cultura e la sua forte personalità.