Il viaggiatore autentico è sempre un vagabondo, con le sue gioie, le tentazioni e il senso di avventura del vagabondo. O viaggiare è un vagabondaggio, o non è affatto viaggiare.

Lin Yutang, Importanza di vivere

Ilaria Graziano e Francesco ForniLa coppia più bella della musica italiana è tornata sfoderando un altro concept album pieno zeppo di storie: come un baule del tesoro rubato nella stiva di una nave pirata. Metafora calzante, in quanto dopo il genere western (di cui rimane imbevuto anche questo secondo lavoro), è proprio la salsedine, e il senso di avventura associata a mari infestati da pirati e a duelli all’ultimo sangue, a fare da sfondo a questo Come 2 Me.

Un titolo doppiamente significativo: pronunciato in inglese acquista il senso dell’avvicinamento e dell’apertura all’altro, mentre letto all’italiana “come due me” attesta di fatto la consapevolezza di una complicità che è ormai evidente e apprezzata da tutti.
Un sodalizio artistico come pochi se ne vedono. Solo un paio di anni fa il duo partenopeo (ormai romano d’adozione) dava alle stampe quello che a tutt’oggi può essere considerato uno dei migliori concept album degli ultimi dieci anni: From Bedlam To Lenane. Trascinato dal successo delle riletture di grandi classici (su tutti il poema indiano Love Sails, ma anche Cancion Mixteca e Volver Volver) e dalle splendide composizioni originali, hanno fatto gridare al capolavoro più di un giornalista [1], e innamorare all’istante molti appassionati di buona musica.

La loro formula non è semplice, ma è immediata; dalla loro hanno la leggerezza e la sfrontatezza nell’assemblare e mischiare tra loro tempi, tradizioni e ritmi diversi senza mai snaturare l’animo originale delle canzoni, mentre la raffinatezza compositiva di Ilaria Graziano e Francesco Forni si adagia su strumenti acustici come chitarra, ukulele, banjo e cassa tonda. Forse in pochi si aspettavano di riuscire a sentire un altro capolavoro provenire dalle stesse penne a solo un anno di distanza. Ma tant’è…

Coppia artistica di fatto

Si sta bene in due quando si sta bene anche da soli, questa la prima considerazione da fare.

Nel caso di Ilaria Graziano e Francesco Forni, infatti, entrambi hanno già avuto gruppi ed esperienze soliste all’attivo (Forni con l’album Tempi Meravigliosi) ed entrambi hanno avuto la fortuna di collaborare in ambiti diversi, quali il teatro e il cinema. Non tutti sanno forse che la Graziano ha inciso la sua voce per la mitica compositrice giapponese Yoko Kanno (curatrice delle colonne sonore di anime come Ghost In The Shell, Wolf’s Rain e Cowboy Bebop, tra i tanti), mentre Forni, oltre a un disco solista, ha composto diverse colonne sonore per il teatro.

È proprio questa moltitudine di spunti e di stimoli provenienti da mondi distantissimi, ma ugualmente affascinanti – da cui il duo formato da Ilaria e Francesco ha attinto a piene mani – a rendere così musicalmente ricchi e così umanamente diversi i loro dischi.
Rispetto alle molte altre esperienze di alternative folk o indie cantautorale del nostro paese, c’è la consapevolezza di essere una coppia artistica di fatto, che si sposa con la loro innata propensione al confronto con modi “altri” di concepire musica (si veda la partecipazione ai progetti del Collettivo Angelo Mai) e un’attitudine tutta partenopea – se non proprio gitana – verso i ritmi e balli convulsi, e l’amore sconfinato per il viaggio e la scoperta.

Il Viaggio

Impossibile comprendere a fondo la grande capacità di scrittura (musicale e letteraria) e la disarmante bellezza che promana dai loro dischi senza farsi accompagnare dalla metafora del viaggio.
Nel primo album, a dare l’indicazione era proprio il titolo: From Bedlam to Lenane rappresentava un viaggio fisico ed emotivo lungo le feritoie della storia (dai corsari ai filibustieri, dai briganti ai cavalieri che si infilzavano duellando per amore, si corre in lungo e in largo attraversando scenari europei e balcanici, messicani e carbonari).

cover Come2me

Come 2 Me continua sul medesimo solco, ma scavando più a fondo, perfezionando la loro alchimia in undici tracce originali che fanno dello storytelling musicale il loro albero maestro.
Si inizia con un racconto e si finisce con una ninna nanna, in maniera quasi circolare, come ai tempi della chanson de geste.
Ad essere sincero all’inizio non mi aveva convinto questo secondo album, avendo ancora in testa le ritmiche manouche, mariachi e i divertissement francofili (On y va) del primo… Ma Come 2 Me è meno immediato e va assaporato piano piano, e quando il gusto arriva alle papille nella sua forma più piena e rotonda, lo stupore è grande: un altro capolavoro a distanza di soli due anni.

Il Concerto

Si parte con una voce in lontananza da dietro le quinte, e poi si affacciano in maniera teatrale: lei bellissima, vestita di bianco con tacchi e labbra intensamente rossi di passione, lui di nero.
Lei intavola un siparietto sulle note di Volver volver, dove la donna cerca di riconquistare l’uomo. Con Rosaspina il concerto decolla e Forni tira fuori la voce e il groove mentre Graziano segna il tempo con un tamburello “pagano”.
Giustamente su di giri anche Il giro dell’oca su cassa tonda battente e inserti jazz quasi in stile manouche.

A seguire Giardini di rose, uno struggente pezzo in bilico eseguito in maniera dolce ed epica. Riescono a far volare alto l’immaginazione con l’uso sapiente dei pochi strumenti a loro disposizione (anche se la voce di Ilaria vale doppio almeno) e di ospiti molto intimi quali Francesco di Bella, che interpreta alcuni dei suoi pezzi come Carcere e Kevlar accompagnati anche da Daniele Senigallia, che ha masterizzato i lavori della coppia.
Dopo il folk napoletano torna una delle canzoni più belle, Love Sails, seguita da una Come2Me, che in pochissimo si trasforma in una cavalcata western al lazo grazie alla partecipazione del pubblico.

Francesco Forni e Ilaria Graziano sul palco del Palladium

Ogni tanto affiorano ricordi, e prima di suonarla i due svelano che la struggente Crying ha segnato l’inizio della loro fortunata collaborazione ed è, appunto, l’inizio del trittico finale del concerto, insieme a Canción mixteca (che crea immediatamente un asse musicale tra Messico e Napoli) e la stupenda rilettura di Be my husband.
Nel generoso bis vengono calati assi quali Rosso che manca di seraMad tom of Bedlam e una versione estremamente swingata di On y va, che prepara il terreno all’ultimo encore della coppia: una versione combat funk al fulmicotone di I shot a man in Reno di Johnny Cash.
Tutto il pubblico del Palladium in piedi, applausi a gogo, si chiude il sipario.

Intervista a Ilaria Graziano e Francesco Forni

Leonardo Vietri (LV):  Fucine Mute è un webmagazine che parla principalmente di fumetto, cinema, musica e teatro oltre ovviamente alla letteratura. Vi chiediamo un paio di suggestioni a testa per i nostri lettori: fumetto, cinema, libri, musica, vale tutto.

Ilaria Graziano (IG): La strada di Cormac McCarthy resta ancora al numero uno delle mie classifiche. Per quanto riguarda la musica ho da poco scoperto i Barr Brothers, provenienti dalla ricca scena canadese, pullulante di artisti e band interessanti.

locandina L'Arte della FelicitàFrancesco Forni (FF): Un bel progetto che comprende cinema, fumetto e una bellissima colonna sonora – tutta “made in Naples” che ci vede anche coinvolti – è il film d’animazione L’Arte della Felicità. Per quanto riguarda le letture, mi appassionano i libri reportage di Kapuscinsky, uno su tutti In viaggio con Erodoto.

LV: Ognuno cerchi un aggettivo per descrivere l’altro.

IG: Enigmatico

FF: Passionale

LV: Il vostro rapporto è: amore vero, amicizia di lunga data, un sodalizio artistico indivisibile o altro?

IG: A certi rapporti è difficile dare una definizione, proprio perché si rischia di limitare il loro contenuto, mi rendo conto che nel nostro c’è tanta roba.

FF: È tutto questo, altro e il suo contrario… È vivo e pronto a sorprenderci continuamente.

LV: Siete mai stati nei posti che descrivete nelle vostre canzoni o sono atmosfere che vi sono arrivate attraverso delle suggestioni? E in questo caso, quali?

IG: Il Salento selvaggio ha ispirato l’immaginario di Io sono e la Puglia è presente anche in Giardini di rose, scritta in un vagone vuoto di un treno che viaggiava tra gli ulivi. Altre cose emergono dal viaggiare il mondo attraverso la musica.

FF: In qualche maniera parliamo sempre di luoghi in cui siamo “stati”, anche quando le atmosfere sono ispirate da immaginari western, corsari e pirati, angeli caduti, sogni, favole.

LV: Avete fatto un lungo tour in tutto lo stivale, proponendo le vostre canzoni in acustico. Dal punto di vista paesaggistico, storico o culturale, quali sono state le “location” più suggestive?

IG: Quest’estate abbiamo scoperto o riscoperto la nostra regione, la Campania. Ci siamo persi tra le montagne brulle dell’Irpinia e ci sembrava di essere nel far West che corrisponde al nostro immaginario. In quell’occasione stavamo andando allo Sponz Fest a Calitri (AV), dove lo stupore si è dispiegato tra le rotaie di una stazione ferroviaria che ha fatto da cornice ad uno dei festival più belli a cui abbiamo partecipato.

FF: Confermo che le sorprese maggiori sono legate a luoghi ancora sconosciuti della Campania nostra regione d’origine.

LV: Quale processo seguite nella composizione delle vostre canzoni?

IG: Il processo inizia cercando il filo conduttore tra musica e testo si va avanti a scavare stando sul percorso tracciato dall’urgenza di ciò che vuoi comunicare.

FF: Si tratta di un processo irrazionale, e di partenza spontaneo, ma che prende forma e si sviluppa creando l’accoglienza a “qualcosa” che sta arrivando. Si parte di solito da un testo, o da un frammento di canzone. Bandita la melodia, poi si inserisce un testo.

Ilaria Graziano e Francesco Forni

LV: Parlateci un po’ del retroterra che sta dietro le vostre canzoni. Al concerto spiegavate che Red & Blues parla di un angelo caduto in cerca del blues, e di come Crying sia stata la canzone che ha iniziato la vostra intesa musicale. Vi va di condividere qualche altro aneddoto riguardante altre canzoni?

FF: Cavalli selvaggi è un omaggio all’omonimo romanzo di Cormac McCarthy. Non la storia, ma l’atmosfera è una dichiarazione d’amore a quell’immaginario western scomparso così ben descritto dal libro di McCarthy.

LV: Chiudi gli occhi sembra una ninna nanna in stile old west: a chi è diretta?

FF: Di ispirazione a mio figlio Emanuele, ma poi come tutte le opere sono dirette a chi ne viene toccato. In questo caso non per forza a un figlio, ma sicuramente a una persona di cui ci si prende cura.

LV: Sicuramente Daniele Senigallia ha fatto un ottimo lavoro in sede di masterizzazione degli album, grazie a chi altro suonate così bene?

IG: Probabilmente c’è una cura e un’attenzione nel fermare tutto ciò che ci corrisponde ed eliminare il superfluo. Questo ci ha permesso di registrare due dischi in casa sfruttando al massimo le nostre potenzialità artistiche e creative senza filtri tecnologici… Volevamo qualcosa che non fosse così diverso dai nostri live, qualcosa che facesse sentire la nostra presenza umana sempre e in tutte le sue sfumature.

LV: Vostri debiti o amori riguardanti la scena musicale napoletana? Ieri sul palco avete portato Francesco di Bella come guest d’eccezione.

IG: Nessun debito, solo il piacere di aver avuto una bellissima occasione di ritrovarci sul palco con un artista che amiamo molto, che conosciamo da tempo e che si prende cura della nostra lingua e cultura attraverso le sue canzoni e il suo modo unico di interpretarle.

http://www.youtube.com/watch?v=0FyiryxIVZQ