Locandina della mostra di HokusaiL’esposizione su Katsushika Hokusai (1760-1849), che con quella di Niki de Saint Phalle apre la stagione artistica 2014-2015 del Grand Palais di Parigi, sembra costituire un perfetto e prezioso Haiku dell’universo giapponese.

Racchiude infatti molti dei temi che di questa cultura ci sono cari: la commistione fra pittura e scrittura, ad esempio, tipica anche dell’arte cinese antica, di cui abbiamo parlato qui.

In tale connubio di parola e immagine, è centrale l’attenzione portata verso il mondo naturale, o meglio ancora verso un mondo naturale immaginario: creature leggendarie, ibridi vegetali, fantastici animali volanti. In ogni disegno di Hokusai si percepisce la presenza sacrale della natura. Presenza che non si esaurisce alle soglie del materiale, ma il cui spirito si diffonde e domina su ogni dimensione del vivente: immaginaria, reale o spirituale essa possa essere. Impossibile non pensare all’universo di Hayao Miyazaki, regista giapponese famoso per film come Il mio vicino Totoro o Princess Mononoke, di cui protagonisti assoluti sono lo spirito della natura e la continuità tra naturale e sovrannaturale.

Un'opera di HokusaiTale insistenza dell’immaginario nella produzione di Hokusai dimostra che, benché la sua incredibile ricchezza produttiva possa sembrare attribuibile ad un’ambizione enciclopedica, non era questo il suo reale progetto: il dominio dell’immaginario non può infatti scendere a patti con alcun principio di esaustività. Se il dettaglio degli schizzi e la quantità di modelli proposti ai suoi allievi sembrano voler riportare l’intera varietà dell’universo animale e vegetale, non vi corrisponde in realtà alcuna presunzione di esaustività, ma solo un’appassionata e divertita ricerca. I Manga, 200 quaderni colmi di schizzi e disegni che all’occhio contemporaneo potrebbero sembrare una colossale opera di catalogazione e listaggio, un atlas di figure giapponesi, sono in realtà manuali in cui la ricerca dell’artista si diverte ad inseguire (più che eseguire) lo sviluppo delle forme grafiche.

E questo risulta ancora più chiaro quando si analizzano i soggetti di Hokusai. La precisione del tratto e la minuziosità del dettaglio che caratterizzano ritratti realistici e nature morte li rendono delle opere magistrali, perfette, apice della maîtrise rappresentativa. L’ assenza di gravità e prospettiva sembrano racchiudere in pochi centimetri di tela l’immagine inesplorata di una cultura che arriva a noi, intatta, attraverso i secoli.

Eppure quelle più appassionanti non sono le figure perfette, immortalate nel loro imperituro attimo di grazia. Hokusai sente di doversi prima o poi confrontare con la forma vera, che è quella in essere, in movimento.

Un'opera di HokusaiCosì, al centro di delicati panorami tinte pastello, Hokusai introduce uno sprazzo di esitazione: cascate, laghi o onde marine, sono qualcosa di indomabile ed  irriducibile ad una singola forma. Il loro regime è quello della metamorfosi, della trasformazione, dello scorrere eterno che sfugge al dettaglio.

Per immortalarle, Hokusai le traspone in un regime di rappresentazione che non gli è proprio.  Così, le onde del mare diventano artigli pronti a graffiare, e le nuvole assumono la stessa forma degli alberi, si confondono con essi, si penetrano a vicenda. In un certo senso, è come se la loro rigidità introducesse, nella perfezione dell’orizzonte, il potere irriducibile e metamorfico della natura. La sua forza scorre da un elemento all’altro e in questo movimento si rigenera, dando vita ad un insieme pittografico dove reale e immaginario, spirito e materia, si fondono alla perfezione.

È in questa forma, imperfetta e imprevedibile, approssimativa e monumentale, che si raccoglie la massima cifra stilistica di Hokusai. Che infatti dichiara: “Dall’età di sei anni, ho sempre avuto la mania di disegnare la forma degli oggetti…ma è solo a 63 anni che ho capito la struttura della natura vera.”