Qualche settimana fa mi sono recato con la mia ragazza in Tuscia per qualche giorno: la “missione” era quella di trovare e visitare due siti antichi di cui avevo trovato informazioni a giro per il web. Mi riferisco alla cosiddetta Piramide Etrusca vicino a Bomarzo (VT) e al cerchio megalitico di Poggio Rota, sulla Valle del Fiora, nella provincia di Grosseto.
Per quanto, da antico ed accanito visitatore di siti precristiani britannici, abbia acquisito una certa familiarità con determinate architetture e atmosfere, sono rimasto assolutamente sbalordito di fronte a questi due monumenti e sono rimasto in uno stato di rapimento magico a lungo…
Se la scoperta è stata possibile devo però ringraziare un manipolo di studiosi, che, coraggiosamente, si stanno occupando del passato più oscuro di Maremma e Tuscia, con lo spirito più verace del ricercatore: Daniele Baldassarre, ad esempio, con il suo monumentale lavoro sulle mura ciclopiche del Centro Italia, oppure il fotografo Marco Bisogni, ma soprattutto Giovanni Menichino e Giovanni Feo, che in questa sede abbiamo intervistato.
Molti dei loro libri, tutti imperdibili, sono pubblicati dalla casa editrice Laurum, di Pitigliano, il cui catalogo è denso di gemme da consultare per scoprire i grandi tesori del nostro straordinario passato, prima che Roma venisse!
Antonello Cresti (AC): Come è nato il tuo interesse per le civiltà antiche?
Giovanni Feo (GF): Fin da giovane ho sempre avuto un particolare interesse verso le antiche civiltà, motivato, come ho scoperto con il passare del tempo, del sentire che nel mondo antico vi era un modo di vivere e percepire la vita radicalmente diverso da quello attuale. In quelle antiche civiltà, prima di Greci e Romani, era ancora riconosciuto l’aspetto miracoloso e misterioso dell’esistenza, dove ogni creatura e forma vivente era l’espressione di un enigmatico potere. Talvolta superiore e creativo, oppure inferiore e distruttivo. Questo tipo di approccio conferiva alla vita significati e valori, mentre, nella civiltà moderna, raziocinante e materialistica, ogni cosa e creatura è tragicamente (e falsamente) sola, isolata in uno sterile e insensato materialismo.
AC: Come si svolge il tuo quotidiano lavoro di ricerca “sul campo”?
GF: Il mio lavoro di ricercatore è nato sul campo, senza “ingessature” accademiche. Riguardo ad un luogo o ad un monumento antico è per me importante vederlo di persona e valutarlo tramite tutte le impressioni e informazioni che toccano la mia testa e i miei sensi; soltanto dopo è utile documentarsi e leggere tutto quello che gli altri hanno già detto e scritto al riguardo, ragionando senza pregiudizi, dogmatismi e ideologie. Non può esserci vera e libera ricerca se si ha la testa già “programmata” con le ingombranti e obsolete nozioni insegnate nella maggior parte delle università, prima fra tutte le tanto sbandierate superiorità del mondo moderno su quello antico.
AC: L’Italia ha uno straordinario patrimonio archeologico. Come è nata la tua predilezione verso Maremma e Tuscia?
GF: Nella mia ricerca ho privilegiato l’Italia centrale perché per capire veramente come e perché il più grande impero mondiale e la prima religione dell’Occidente siano nati proprio a Roma, bisogna cercare le risposte nel periodo storico a quello precedente: la civiltà etrusca. Comunque per comprendere il passato è necessario fare delle comparazioni tra più civiltà e più epoche, per questo mi sono anche interessato alla civiltà dell’India, all’impero Incas, a quello egizio e a molto altro ancora. La comparazione è la chiave maestra per scoprire molte “americhe”.
AC: Vorresti condividere con noi quello che tra tutti i luoghi che hai visitato consideri il più magico? Il tuo luogo dell’anima, insomma…
GF: Nel 2004 ho scoperto un incredibile monumento preistorico del terzo millennio avanti Cristo. E’ un complesso megalitico con funzioni astronomiche, quasi ancora intatto. L’insieme è composto da dieci impressionanti megaliti, tagliati e sagomati in modo da risultare allineati con le montagne visibili sul lontano orizzonte. Su quelle vette gli antichi vedevano tramontare il sole nei giorni dei solstizi, segnavano così il passare del tempo e osservavano i movimenti della luna, di Sirio e della stella polare: un osservatorio astronomico e al tempo stesso un tempio votato al culto astrale. Si tratta di un monumento unico in Italia e forse anche nel mondo per il modo in cui venne realizzato. Oggi il sito (poggio Rota, presso Pitigliano – Grosseto), con la scusa della crisi economica, è abbandonato da anni e sta sfaldandosi a causa dell’età e dell’azione erosiva degli agenti atmosferici. Eppure lì sono conservate conoscenze uniche ed eccezionali che, in un paese civile, avrebbero sicuramente tutela, valorizzazione e apprezzamento.
AC: Con quali difficoltà si deve scontrare uno studioso come te in un Paese in cui, a differenza del Regno Unito, ad esempio, l’interesse accademico e governativo verso certi siti è davvero molto basso?
GF: Nel nostro paese l’interesse verso le antiche civiltà è enorme, il pubblico è curioso e vuole conoscere. Chi non nutre un sincero interesse per questi temi sono le istituzioni pubbliche, soprattutto quella casta di accademici, soprintendenti, baroni e comprimari che – per esempio- espongono nei musei bellissimi vasi etruschi con sotto l’etichetta “vaso”… E’ gente solo interessata alla carriera e alla mercificazione e monopolio della cultura. Il risultato è sotto i nostri occhi: crollano Pompei, Paestum, I fori Romani etc… Non è vero che mancano i soldi, manca l’amore e la passione per la cultura, per la conoscenza e per la condivisione che potrebbe derivare da una cultura aperta al confronto e promotrice di libera ricerca. E proprio a causa di questa impasse culturale e dell’evidente impotenza delle autorità preposte nel risolverla, è ora il momento che i giovani si muovano e pretendano di sdoganare il territorio antico e i monumenti che tutti ci invidiano, per gestirli, curarli, rendendoli visitabili, produttivi, per salvarli dal quotidiano sfacelo e ricostituire il bene comune.
AC: Da dove nasce la tua passione per il trekking e l’escursionismo?
Giovanni Menichino (GM): Sono stato sempre un appassionato delle passeggiate all’aria aperta, ma una vacanza a Trafoi, sulle Alpi, nel 1983 mi ha fatto scoprire l’escursionismo in montagna e lo stesso anno mi sono iscritto al Club Alpino Italino.
AC: Non sei originario delle aree di cui parli nei tuoi libri. Come è avvenuta la scoperta di Tuscia e Maremma?
GM: Io sono di Terni, ma i parenti di mia moglie vivono nel viterbese e quando i bambini erano piccoli andavamo molto spesso in quelle zone. Ho cominciato così a scoprire quel territorio appassionandomi ai luoghi natii della civiltà Etrusca.
AC: Per quali ragioni ritieni che l’escursionismo, il muoversi a piedi, possa essere ancora oggi un’alternativa valida nella società ipertecnologica?
GM: La velocità dei collegamenti e il ritmo frenetico dei nostri giorni impediscono un contatto approfondito con il territorio. È importante un’attenzione maggiore verso il recupero dell’ambiente secondo il ritmo lento del passo, il ritmo al quale sono commisurati i nostri sensi e la nostra facoltà di percepire. Solo in questo modo si può pensare di ritrovare e riassaporare la vita semplice di un tempo.
AC: Anche a te chiedo quale sia, tra tutti i luoghi che hai visitato, quello che consideri il più magico.
GM: Una delle avventure più straordinarie della mia vita è stata la riscoperta della cosiddetta Piramide di Bomarzo, grandioso altare votivo ricavato da un enorme masso di peperino. Destinato all’oblio, l’Altare con la lunga rampa legata al simbolismo dell’ascensione verso il Cielo, verso il mondo divino, cela il luogo segreto degli àuguri e degli aruspici etruschi.
Ad ogni modo ol mio luogo dell’anima è senz’altro il solitario romitorio rupestre di Poggio Conte (Ischia di Castro), immerso in una fitta vegetazione e rallegrato da una splendida cascata dove, in un’atmosfera incantata e silenziosa, si leggono i segni di una spiritualità primordiale e perduta.