Cosa potrebbe esserci di più parigino dell’esposizione L’impressionisme et la mode (l’impressionismo e la moda), al Museo d’Orsay fino al 20 gennaio?  La scelta del soggetto ha sollevato, però, alcune critiche: è noto, infatti, che, se un’istituzione museale ha bisogno di fare cassa, basta che scelga di organizzare una mostra sull’impressionismo per avere dei risultati garantiti. Anche a causa dei tagli economici incombenti, sembra che sempre più istituzioni propendano verso il successo assicurato sciorinando i nomi d’oro di Monet, Manet, Degas, Renoir. Aumenta il sarcasmo il fatto che la mostra sia stata inaugurata durante la fashion week.

vista dell'esposizioneMa agli appassionati di moda, ai nostalgici degli en plain air o semplicemente a chi ha ancora voglia di vivere un piccolo sogno romantico, l’esposizione offre una visione inedita e singolarmente femminile dell’impressionismo, fatta di crinolina, corsetti e cappellini audaci, senza per questo pretendere di ridurre l’impressionismo ad un elogio del tessuto. Certo è che il movimento impressionista intendeva far emergere, tramite studi di luci e colori, il valore della quotidianità, degli oggetti comuni, dello spirito moderno che stava allora prendendo forma. Lo stile, in quanto connotazione sociale effimera ed “epidermica”, non poteva non essere al centro di queste ricerche, concentrate sull’emergenza della superficie, dedicate più al movimento che al dettaglio, all’aspetto che alla volontà, all’assetto centripeto dell’impressione che a quello centrifugo dell’emozione. La connotazione fenomenologica dell’impressionismo trovava quindi nella moda, di per sé soggetta ad una fenomenologia dello stile, una fonte di ispirazione continua.

Bisogna, allora, precisare che il concetto di moda si sviluppò in maniera esponenziale soprattutto in quel periodo, quando la borghesia della seconda metà del XIX secolo poté misurare la propria affermazione sociale tramite l’imposizione di stili ben precisi. Il fermento del periodo è, quindi, da considerarsi non solo l’oggetto, ma in qualche modo la concausa di una attitudine pittorica di tipo impressionista.

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Nascevano, infatti, le sale da concerto, i teatri, i cabaret. Nella buona società, le donne eleganti vivevano per il loro salotto e sognavano di poter approfittare di un numero indeterminato di toelette al giorno, senza contare le tenute che dovevano sfoggiare: dall’abbigliamento per la prima mattina a quello per il pranzo, dall’abito per la passeggiata pomeridiana a quello, più prezioso, della sera. A partire del 1860, la donna venne eretta a monumento tessile tramite l’invenzione della crinolina metallica, una vera e propria gabbia che permetteva di sostenere i tessuti degli abiti. Più tardi, la gabbia scomparirà sul davanti, restando pero’ presente sotto la parte posteriore dell’abito. Successivamente la silhouette si farà più leggera, e la gabbia verrà sostituita da uno sbuffo di pieghe, il famoso “cul de Paris”. Anche gli accessori giocavano un ruolo essenziale nella rappresentazione della figura femminile, ed ogni pittore aveva un modo particolare di celebrarli: stivaletti, veli, ventagli, ombrelli e cappelli partecipavano in maniera esplicita al gioco della seduzione.

Dans la serreAllo stesso tempo, l’abito e l’accessorio divenivano una passione non per forza determinata dallo statuto sociale. Accanto alla grande borghesia tradizionale, apparivano infatti delle nuove classi sociali, la piccola e media borghesia, che avevano saputo approfittare dei progressi dell’industrializzazione. Grazie ad una stampa sempre più abbondante, anche le donne di classi più modeste potevano adesso copiare a basso prezzo le mode dell’alta società. La stampa partecipò in maniera attiva alla promozione del concetto di moda: dai cataloghi illustrati dei grandi magazzini alle riviste specializzate per sarti e stilisti, questo tipo di immagini influenzò di certo i pittori impressionisti, e non soltanto loro. Mallarmé, poeta eccentrico e poliedrico, realizzò un magazine di moda: La Dernier Mode, dove, sotto diversi pseudonimi, si divertiva a redigere articoli su tutto ciò che riguardava la moda dell’epoca, dai gioielli ai mobili ai menu dei ristoranti.

Una nuova figura entrava quindi in scena, rappresentata dagli impressionisti con il nome di “La Parisienne”, ed è la vera protagonista della mostra: di origini borghesi o semplice venditrice di fiori, questo profilo che scavalcava le differenze sociali divenne, infatti, il soggetto prediletto dei pittori della modernità, facendo così sognare il mondo intero con le sue stoffe e i suoi sorrisi maliziosi. E se nella pittura impressionista la sua figura e i suoi abiti perdevano, per riprendere la dichiarazione di Mallarmé nei confronti di Monet “un po’ della loro sostanza e della loro solidità”, acquistavano, in compenso, una inedita sintonia con l’atmosfera circostante. La restituzione dei gesti e del gioco di tessuti guadagnava, grazie alla rapidità evocativa, grande autenticità, al punto che impariamo molto più sullo stile del periodo dai quadri impressionisti che dai ritratti mondani, falsamente naturali.

La Dame aux éventails

La curiosità della pittura impressionista e la vivacità della moda del periodo si sono quindi alimentate reciprocamente, per cercare di individuare lo stile emergente della modernità.

La mostra, organizzata in collaborazione con il Metropolitan Museum of Art di New York e l’Art Institute di Chicago, e realizzata con il sostegno dei marchi Luis Vuitton e Christian Dior, ce ne offre un panorama esaustivo, grazie anche alla presenza di una collezione di abiti e accessori dell’epoca.