Copertina Phalène D'OnyxIn un vecchio testo di mineralogia si legge: ‘onici- in mineralogia sono forme criptocristalline di quarzo (SiO2) sottotipo delle agate da cui si differenziano per essere striate’. E poi: ‘Sono da sempre associati al lusso e alle decorazioni per il loro aspetto trasparente e multicolore….’. ho fatto questa piccola ricerca perché trovavo il titolo della nuova opera di Autunna Et Sa Rose, ovvero Phalène D’Onyx una contraddizione, quasi un ossimoro. Se la falena infatti ricorda leggerezza e fragilità, l’onice, in quanto minerale, da un senso di durezza e pesantezza. Continuando a leggere però, scopro che l’onice è si pietra, e quindi di per sé dura, ma fra le pietre è una delle più malleabili e leggere. Gli alabastri stessi, i candidi alabastri da cui venivano create decorazioni che hanno adornato regge e dimore di re e principi, non sono altro che una forma dell’onice.

Una congiuntura di leggiadria e durezza quindi, una pietra sui generis che ha ispirato un musicista sui generis come Saverio Tesolato e il suo progetto Autunna Et Sa Rose. Chi conosce l’opera omnia di questo artista (quattro lp con questo, più le collaborazioni con Ataraxia e Steven Brown dei Tuxedomoon) sa che in essa non vi sono mezze misure. La libertà di espressione è il credo di questo progetto, una libertà che viene però incanalata nelle pieghe, ora spigolose ora gentili, della musica classica contemporanea, che si rifà ai modelli alti dei grandi compositori del Novecento. Mentre molti artisti con il tempo tendono a diventare auto indulgenti, concedendosi episodi più frivoli, Saverio prosegue imperterrito il suo percorso, realizzando probabilmente il suo disco più ostico.

Come in ogni altro suo lavoro, Tesolato mette in musica il proprio mondo interiore, con un approccio alla materia musicale minimalista e sperimentale. La scelta del minimalismo non è per nulla casuale. Il costruire le proprie composizioni su poche note e pochi accordi rende la musica indefinita e suscettibile di scatenare, nella mente di chi ascolta, le sensazioni più diverse e personali. La musica di Autnna Et Sa Rose riporta in primo piano la soggettività delle emozioni, lasciando agli altri ogni qualsivoglia orpello, per scavare nella profondità delle proprie composizioni e trovarne la natura ultima e, quindi, la loro essenza.

Il primo pezzo, Barriere Intangibili, con la drammatica recitazione di Sergio Scarlatella, introduce Seele Im Spielkartenschloss, in cui piano e violoncello cercano di dialogare fra di loro. All’inizio il dialogo è ibseniano, su due piani paralleli, allegoria dell’incomunicabilità. Poi il violoncello prende il sopravvento cercando di impostare piccole e nervose melodie, ma il piano, dispettoso e invadente, le interrompe quasi a reclamare un proprio spazio.

Saverio Tesolato

Anche Dondolante Luna Mia, come altri intermezzi presenti nel disco, tipo Tojours Toi Dans Mes Rêves o Fiammeggianti Folate, è un dialogo. In questo caso, esso si svolge fra soprano e mezzosoprano e ha come tema un invito a riaccendere la propria vita, liberandosi di vetusti schemi che, come veli, opacizzano il nostro vero essere. Non sono temi semplici, anche perché trattati con verbosità poetica, eppure basta un ascolto per immedesimarsi in questo mondo a metà fra la leggerezza della falena e la durezza dell’onice.

È Un Sofferto Pulsare è il primo strumentale e ritroviamo la coppia pianoforte e violoncello a contendersi il proscenio. Ma questa volta i due sembrano accordarsi ad un alternanza da protagonisti, fino ad assumere ruoli ben definiti, con il piano a che ritma i temi dettati dal violoncello. I pochi soffi di elettronica presenti nel disco appartengono essenzialmente a Intangibili Barriere e soprattutto a Avvolgenti Già Rami. La matrice digitale, infatti, crea un humus ambientale assai fertile per il germogliare degli archi che, come virgulti, si incrociano a disegnare figure strane ma vivaci. Le percussioni sono ancora di più merce rara, e fanno capolino all’inzio di Fruscii Di Sognata Libertà, che incede in territori quasi jazzati con venature di avanguardia, adocchiando, come detto, agli sperimentatori del primo Novecento. In essa il clarinetto cerca di librarsi alto nell’aria ma i suoi tentativi sono rintuzzati mentre inseguono in eterno la libertà citata nel titolo, che resta così solo sognata.

A chiudere il cerchio c’è Nella Pullulante Atmosfera. Qui infatti, il pianoforte e il violoncello che si sono corsi dietro per tutto il disco, finalmente si ritrovano ricompattandosi insieme alla voce soprano. I due strumenti, memori della lezione di È Un Sofferto Pulsare, si mettono disciplinatamente in riga ed è così che ognuno di essi si ritaglia un proprio spazio. Ma nell’intermezzo l’autore dà via libera all’estro degli strumenti, che hanno, così, la possibilità di sbizzarrirsi: il violoncello acquista potenza, mentre il piano schizza note sulla tela pazientemente disegnata dalla soprano.

Phalène D’Onyx è un disco fatto di dialoghi, di rincorse, di piccoli frammenti di melodia, di atmosfere aliene, di parole complesse. Il tutto, però, ha un fine ben preciso: lo scandagliare le parti più nascoste dell’animo umano, il portare alla luce ciò che di solito tendiamo a nascondere. È un atto di coraggio questo, in un momento in cui il coraggio di proporre musica diversa appartiene ormai ad una ridotta schiera di personaggi. Saverio Tesolato è fra questi e poco si cura se ad ascoltarlo sarà una piccola, ma devota, nicchia o una platea più grande; quel che conta è che la comunicazione, quel sottile filo invisibile fra chi crea arte e chi la recepisce, sia viva e reciproca. L’underground, quello vero, si nutre di questo e, anche se adesso non gode di buona salute, siamo certi che la gente come Saverio saprà tenerlo in vita in attesa di tempi migliori.