Il primo fu il mio bisnonno. Poi il lavoro passò a mio nonno e quindi a mio padre. Infine a me. Da sempre la gente ci accusa di uccidere, ci chiama assassini, ma si sbaglia. Noi diamo la morte. È diverso.
Charles-Henri Sanson
Uscito lo scorso 12 ottobre, il primo volume della nuova serie a fumetti Le Storie, della Sergio Bonelli Editore, ha il pregio di immergere gli appassionati dell’arte sequenziale, e non solo, nelle atmosfere della Rivoluzione francese prendendo a riferimento un punto di vista insolito. Pur occupandosi, infatti, di un argomento alquanto abusato Il boia di Parigi, questo il titolo dell’albo, focalizza l’attenzione su un personaggio da molti considerato secondario e quasi sconosciuto in Italia: Charles-Henri Sanson (1739-1806).
Questa figura enigmatica, ritenuta da alcuni un eroe da altri uno spietato tagliatore di teste, dispone di una biografia tanto vasta quanto quasi completamente falsa. I due maggiori volumi in grado di fornire notizie dettagliate sul suo conto, infatti, Mémoires pour servir à l’histoire de la Révolution Française par Sanson (1829) e Sept générations d’exécuteurs. Mémoires de Sanson (1862-1863) sono di un’autenticità tuttora controversa. Il secondo libro in particolare, scritto dal nipote basandosi, a quanto sostiene lui, sui diari lasciati dal suo antenato, è più facilmente paragonabile a un romanzo storico che a una storia documentata.
La soggettista e sceneggiatrice Paola Barbato, effettuando un minuzioso lavoro di ricerca che comporta il saper distinguere dove finisce la realtà e inizia la fantasia, riesce con maestria a dare voce a un personaggio che, in vita, prediligeva il silenzio al rumore chiassoso delle parole, mentre il disegnatore Giampiero Casertano dimostra di saper abilmente tradurre su carta le emozioni e le sensazioni che traspaiono dai testi della Barbato.
Charles-Henri Sanson viene dunque restituito al lettore in tutta la sua umanità. È un uomo che in un periodo storico di profondo e radicale cambiamento rimane fedele a se stesso e ai principi che gli sono stati inculcati da generazioni di tagliatori di teste. Predilige la ghigliottina alla spada, come strumento di morte, per risparmiare inutili sofferenze ai condannati. Si reca sempre a parlare con i prigionieri, prima dell’esecuzione, in modo da dare loro conforto. Dopo aver svolto il suo lavoro, nel silenzio e nell’oscurità di un vecchio laboratorio, ricuce accuratamente le teste ai defunti nel tentativo di restituire loro quella dignità che hanno perso per colpa della smania di esibizionismo di quegli stessi personaggi che li hanno condannati, e che ordinano a Sanson di mostrare la testa del morto agli spettatori come fosse un cimelio.
Sotto la sua ghigliottina, accuratamente lucidata e collaudata, Sanson vedrà passare amici e nemici: dal re di Francia, che gli fornirà consigli su come migliorare il suo strumento di lavoro, alla donna da lui segretamente amata, accusata di cospirare contro la Rivoluzione; senza dimenticare Danton e Robespierre, che da istigatori del boia si trasformeranno in sue vittime.
Vale la pena citare, in questo contesto, le parole che la Barbato fa pronunciare al personaggio in uno dei momenti più emozionanti del fumetto: “La paura. Compagna della morte, sua sorella di latte. Ma quando viene coltivata e instillata diventa innaturale. Cosa degli uomini. Un abominio. Ho smesso di andare in visita ai condannati. I processi sono divenuti una farsa orchestrata da Robespierre. Per mettere a morte un uomo bastano pochi minuti. Sono state ordinate ceste più grandi, per raccogliere più teste in una volta. Ad accogliere i corpi c’è una ripugnante fossa comune. Non riesco a sentirmi complice di tutto questo…”.
Dietro questa nuova serie della Bonelli c’è dunque uno straordinario lavoro di squadra il cui scopo non è fornire un didascalico trattato di Storia, come afferma Mauro Marcheselli in un’intervista rilasciata a Paolo Guiducci di Fumo di china, ma far sì che il lettore si appassioni all’umanità di questi personaggi, e non veda l’ora di conoscerne di nuovi.