LocandinaA chi ha frequentato il Sarajevo Film Festival negli ultimi anni, non è sicuramente sfuggita la commedia amara The happiest girl in the world del regista rumeno Radu Jude, che quest’anno ha presentato in concorso il suo nuovo film, Toată lumea din familia noastră (Everybody in our family), vincendo il premio più prestigioso del festival.

Marius, dentista divorziato, ha organizzato le vacanze al mare con la figlioletta, Sofia, che vive con la madre Otilia, il suo nuovo fidanzato Aurel e la nonna. Marius va a prendere la figlia dall’ex-moglie, ma, quando tutto sembra pronto per la partenza, nel piccolo appartamento rumeno, si scatena l’inferno: Aurel chiede a Marius di non portare via la bambina prima dell’arrivo della madre, successivamente Otilia impedisce all’ex-marito di partire, apportando una scusa banale sulla febbre della bambina. Tra minacce, urla, finte telefonate alla polizia, i diritti di Marius non vengono rispettati e la situazione precipita nel momento in cui il protagonista ferisce il fidanzato della donna che si è parato davanti alla porta per non lasciarlo uscire. Il padre umiliato imbocca la via della forza in uno sfogo di rabbia e frustrazioni per i suoi diritti negati, di fronte al continuo tentativo della moglie di tagliarlo fuori dalla vita della figlia, rimpiazzandolo con un nuovo padre imposto. Con un colpo di coda che lascia basito lo spettatore, Radu Jude sguinzaglia il suo protagonista senza freni, che passa dalla ragione al torto, dall’umiliazione subita alla follia violenta, senza mai sfociare nel dramma metropolitano. Con la macchina da presa agilmente posta alle spalle degli attori di questo “melodramma da interni”, Jude trasforma l’appartamento in un labirinto di piccole stanze, porte, tavoli, oggetti e mobilio che si presentano come continui ostacoli per il protagonista. Segue i movimenti di Serban Pavlu (attore presente in The happiest girl in the world, e conosciuto per The Death of Mister Lazarescu), scanditi dai dialoghi serrati della brillante sceneggiatura di Corina Sabau, che riesce a tenere altissima la tensione tra tragedia e commedia nera. La furia di Marius si scatena contro Otilia e Aurel, legati e imbavagliati nel salotto, la nonna rimane chiusa nella sua stanza con Sofia, mentre alla porta suonano e chiamano i vicini e la polizia.

Foto di scena

In una trama minima, che si svolge in poche ore, senza alcun approfondimento psicologico dei personaggi, regista e sceneggiatrice tengono vigili gli spettatori, sul confine sottilissimo tra la risoluzione drammatica e momenti comici, tutti incentrati sulla figura di Marius, intellettuale-primitivo poco cresciuto che picchia ferocemente Aurel e allo stesso tempo prega disperatamente Otilia di tornare con lui. L’azione si sviluppa partendo dalla piccola Sofia, ma il vero motore è Marius, che determina gli eventi. Il regista porta fino in fondo il suo personaggio senza preoccuparsi di “salvaguardare” la bambina dalla disperazione adulta: di fronte a Sofia tutti tentano di mostrare il meglio di sé, rivelando poi solo quello che realmente sono. La costernazione di Marius è cieca anche di fronte alla bambina, tentando di convincerla delle proprie ragioni, senza preoccuparsi di poterla traumatizzare o danneggiare e senza rendersi conto di aver già cominciato a perderla, legalmente e affettivamente. Il regista lascia l’apertura nel finale irrisolto, nella comica fuga di Marius dall’appartamento distrutto, una fuga che lo conduce poco distante, strizzando l’occhio ad un cinema d’azione.

Foto di scena (2)

L’indagine sui piccoli eroi quotidiani caratterizza tutta la cinematografia di Radu Jude, giunto al suo secondo lungometraggio, selezionato alla Berlinale 2012 e vincitore di numerosi premi nei festival cinematografici rumeni.

Il film mostra il modo in cui si perda la comunicazione tra un padre e sua figlia. Secondo noi, è interessante non tanto mostrare queste due persone già incapaci di comunicare adeguatamente, quanto tentare di capire e rappresentare il punto di inizio di questo difficile processo. Lo stile del film è molto semplice, così vicino al documentario, con grande attenzione all’esplorazione della storia e dei personaggi. (da Festival Scope)