Locandina Paolo Conte Palmanova 2012Titolo più banale, ammetto, non si poteva trovare.
Redattrice meno qualificata, suppongo, nemmeno.
Tuttavia, la bellezza di un concerto di Paolo Conte è tale da mettere in difficoltà anche il più esperto dei critici, rendendo davvero arduo il compito di non ridurre la recensione a un florilegio di luoghi comuni che spaziano da “l’evento imperdibile”, “il prestigioso appuntamento” e “lo spettacolo sublime” a “la magia di Paolo Conte”, “l’esecuzione impeccabile”, “il fascino irresistibile”, perciò mi cimento sfacciata in un’impresa che sarebbe comunque – per chiunque – troppo grande.

Raccontare un concerto di Paolo Conte rendendo un minimo di giustizia all’evento è impresa ardita perché non si tratta di relazionare una scaletta, commentando l’esecuzione e le reazioni del pubblico; si tratta – anzi, si dovrebbe trattare – di descrivere atmosfere ed emozioni complesse e variegate, di per sé non facili da categorizzare. 

La prima sensazione è di euforia per un evento di rara portata. È palpabile nel pubblico, in coda al gazebo della biglietteria, impaziente e ansioso di ritirare il proprio biglietto e poi di entrare a prendere posto; l’organizzazione – fluida e apparentemente ben oliata – spiega con garbo agli spettatori che vorrebbero accedere in anticipo alla platea che ciò non è possibile perché il permesso per la chiusura della piazza ha una durata circoscritta nel tempo e non si può chiedere a chi non ha il biglietto per lo spettacolo di lasciare la piazza prima dell’orario stabilito, di conseguenza il pubblico non può accedere prima che la piazza venga svuotata. Par logico, eppure non manca qualcuno che ha da ridire. L’Italia è un paese di santi, poeti, navigatori, allenatori di calcio e organizzatori di concerti.

Il palco di Paolo Conte a Palmanova

 Sono molti, però, anche gli spettatori che pazientano in fila e si attengono alle indicazioni; fra loro, diversi stranieri, che fanno conoscenza in inglese e spiegano – se non ho origliato male –, gli uni, di essere olandesi in villeggiatura, gli altri, di essere venuti apposta dall’Austria.

I ristoranti sfruttano la chiusura del traffico e aumentano la loro capacità di coperti disponendo panche in mezzo alla strada, dando alla cittadina fortificata, solitamente linda e composta, l’aria di uno stereotipato borgo italiano; non tutti i locali fanno fronte ugualmente bene all’eccezionale afflusso di avventori, ma pare che nessuno se ne avveda, trepidante com’è di assistere al concerto dell'”avvocato” e con la mente già tutta proiettata su di esso.

All’ingresso, abbiamo conferma dell’impressione iniziale: la piazza è gremita “in ogni posto di ordine e grado”, posti in piedi inclusi. Palmanova, ma il discorso potrebbe essere esteso a tutto il Friuli Venezia Giulia, non è una città-fantasma e risponde compatta al richiamo di un avvenimento di rilievo; basta solo un po’ di coraggio affinché esso abbia luogo e stasera, 26 luglio 2012, ne abbiamo la riprova.

Palmanova 26 luglio 2012, concerto di Paolo Conte

Quando il concerto ha inizio, il pubblico trattiene a stento l’esultanza. A un concerto di Paolo Conte non si canta e non si battono le mani a tempo, ma più di qualcuno è ugualmente trascinato; poi se ne avvede e si ferma, come dispiaciuto di aver importunato gli altri spettatori, ma intanto l’entusiasmo lo ha già trascinato. Le signore dietro di me sono scatenate: le ventenni davanti a Springsteen hanno più contegno, e anche noi tardone, davanti a Bruce, siamo più composte del quartetto di dame giuliane over sessanta che si abbandonano a sospiri, commenti e urletti elettrizzati a mezza voce non appena riconoscono la canzone eseguita. Sghignazzo, pensando ai figli che le immaginano compassate e intimidite nel loro vestito da sera al concerto, magari un po’ in apprensione nel saperle in giro da sole la sera, in mezzo a tanta gente, ignari della tempra e dello spirito delle loro genitrici. Mi aspetto che da un momento all’altro mi voli sopra la testa una cintura Gibaud, lanciata ammiccante verso il palco.

A discolpa delle ri-adolescenti alle mie spalle, sia detto che la scaletta della serata era composta di soli “greatest hits“. L’ultimo disco pubblicato, infatti, è Gong-oh, un’altra raccolta di successi, la dodicesima in trent’anni, se Wikipedia non sbaglia. L’anima commerciale dell’operazione è difficile da smentire, ma il tour che ne deriva è adatto anche ai palati meno fini (il mio, per esempio), così che chi non lo ha mai visto dal vivo non resta deluso, perché può vedere il prodigio – tanto per non usare iperboli – della musica di Paolo Conte che già ama compiersi sotto i propri occhi. È un po’ come andare in pellegrinaggio alla Guardia ed essere miracolati: avviene proprio ciò che si desiderava, ma lo stupore è ugualmente immenso.

Un'immagine del concerto di Paolo Conte a Palmanova

Conte e i musicisti che lo accompagnano aprono il concerto con Cuanta pasión, e proseguono con Sotto le stelle del jazz (con la quale io potrei già dirmi appagata), Alle prese con una verde milonga, Bartali nel nuovo arrangiamento già proposto – se non ricordo male – al No Borders Festival nel 2009, Paso doble e sicuramente qualche altro brano che ho dimenticato.
Dopo l’intervallo ascoltiamo Dancing, Gioco d’azzardo, Gli impermeabili, Madeleine, L’Orchestrina e almeno un paio d’altre canzoni che la mia scarsa memoria e la mia tracotante ostinazione e non prendere appunti condannano all’oblio; non manca Via con me, sulla quale il battimani del pubblico avrebbe potuto essere impedito, a stento, solo sotto minaccia di armi da fuoco. 
Frustrata anche da questo artista la mia speranza di vedere eseguita la mia canzone preferita, che nel caso del musicista astigiano è Boogie. 

Lo spettacolo è troppo corto, o forse è solo troppo bello e la serata troppo perfetta perché finisca. La piazza è una cartolina panoramica, c’è una luna in fondo al blu, il pubblico si avvicina al palco e prega a gran voce l’artista di suonare ancora, ma Paolo Conte, che, pur non avendo detto una parola da quando è salito sul palco, è stato magnetico e comunicativo come un gatto, muove la sua manona sotto il mento, come una lama, stringe qualche mano e sparisce incorruttibile senza concedere ulteriori bis, silenzioso e lesto com’era entrato.

E noi lì, indecisi se essere estasiati o affranti, con quell’espressione un po’ così di chi ha deciso che a dicembre lo va a vedere a Genova.

Paolo Conte in concerto a Palmanova il 26 luglio 2012