Preferisco fare le mie belle figurine che collezionare brutte figuracce….!
Andrea Guerzoni
Per entrare nel mondo dell’Ulisse di James Joyce non servono manuali di istruzioni: vi si entra e basta. Le regole le detta l’autore stesso: un linguaggio fuori dall’ordinario, diciotto capitoli scritti in diciotto stili diversi, e il monologo conclusivo di Molly Bloom eletto a simbolo della letteratura del Novecento.
Andrea Guerzoni, torinese, classe 1969, diplomato in pittura all’Accademia Albertina delle Belle Arti e artista poliedrico, ha scelto un modo tutto suo di rendere omaggio a uno dei capolavori del nostro secolo, e allo scrittore che, all’uscita del romanzo, dichiarava: “Ci ho messo dentro tanti di quegli enigmi che fra cent’anni gli studiosi staranno ancora cercando di risolverli”.
Prendendo come spunto il capitolo quindicesimo dell’Ulisse, designato da Joyce, nella sua corrispondenza privata, con il titolo Circe – Il bordello, Guerzoni realizza una serie di disegni in cui, a farla da padroni, sono proprio quegli oggetti che vivono di vita propria e si intromettono prepotentemente nei dialoghi di Leopold Bloom e Stephen Dedalus con la miriade di personaggi che popolano il quartiere dei bordelli con ingresso da Mabbot Street. Saponi, grammofoni, berretti, cespi di agrifogli, ventagli, fibbie, orologi a cucù, pianole e via dicendo, che in quella giornata del 16 giugno 1904 non rinunciano a trasmettere il loro messaggio, magari con un quasi incomprensibile: “Puttanusalemmaprilapor…” di un disco che fruscia contro la puntina, facendo strillare le puttane di turno. Senza dimenticare le singole parti del corpo umano la cui presenza si manifesta nel modo più inquietante possibile: come la mano di morto che scrive sul muro: “Bloom è un ghiozzo”.
L’artista dimostra un’eccezionale capacità di cogliere appieno il profondo significato insito in quel mondo antropomorfo, che confonde e allo stesso tempo attrae il lettore con uno stile teatrale e una varietà di sfumature in cui l’azzurro ha un ruolo preponderante. L’abilità di Guerzoni nel percepire il singolo dettaglio e metterlo in evidenza, giocando sulla stessa doppia lettura a cui si presta l’opera di Joyce, rende i disegni visivamente piacevoli e allo stesso tempo enigmatici, suscitando nel visitatore la medesima curiosità e voglia di scoprire a cui mirava l’Ulisse.
A completare la mostra l’installazione Maestro di colore, una serie di tele in stoffa che richiamano le cromaticità evocate da Joyce nella raccolta di poemi Pomes Penyeach, composti quasi tutti a Trieste, dove compaiono curiosi accostamenti di tonalità quali salsosangue (A Memory of the Players in a Mirror at Midnight), argentoviscosa (On the Beach at Fontana), grigioluna (She Weeps over Rahoon). Alcune delle tele dell’installazione sono corredate da un aforisma tratto sempre dal capitolo Circe.