La villa è barricata da un recinto senza feritoie, quando mi apre la signora di servizio si profila una casa architettonicamente disarmonica, ma noto subito il sistema antifurto, ma poi, una volta dentro, l’enorme divano che occupa un’enorme stanza arredata con finta casualità. Compilo il censimento della signora, un’elegante ed esile georgiana che al suo paese ha una laurea in psicologia e qui bada alla casa, al momento vuota perché tutta la famiglia è in vacanza. Lei vive con loro ma per l’Istat costituisce un altro nucleo familiare, mi fa sapere che la famiglia per cui lavora ha di proposito gettato il censimento. Non risponderanno. Siccome il rifiuto è concesso, dietro il pagamento di un’ammenda, faccio sapere che verranno contattati per ufficializzare la loro volontà. Poi però ricavo tutte le informazioni che probabilmente i signori non volevano diffondere dal modulo della loro dipendente: quattrocento metri quadri, cinque bagni, oltre dieci stanze e se ci fosse una casella aggiungerei giardino zen, fontane giapponesi e acquari con pesci esotici visibilmente ignari della propria bellezza. Mi sono chiesta perché questi abbienti cittadini non vogliano farsi conoscere dal signor Istat, che ha visitato tutte le nostre abitazioni. Mi sono detta che pensare a qualcosa da nascondere al fisco fosse fin troppo banale, pregiudizievole e classista, ma ho accelerato il passo sul vialetto: ho avuto l’impressione che non fosse solo discrezione, ma il panico di essere guardati, anche solo di striscio, per sottrarsi ad un giudizio frettoloso che a loro non interessa smentire.
Povera italietta… Fin quando sarà possibile pagare poco per non pagare molto o comunque quel giusto che tutti gli altri corrispondono, fino ad allora: http://www.youtube.com/watch?v=jDdDlYjNrdo