Marea oranje per AmsterdamUna marea oranje, accompagnata da un puzzo oleoso di alcol e urina e da mega decibel di musica tecno e canti simil-popolari, ha in-festato l’ultimo weekend di aprile di ogni città, paese e villaggio dei Paesi Bassi. È il tributo pop alla monarchia Orange, appunto, che regna sui sudditi neerlandesi con zelante riserbo (quantomeno al cospetto delle gossippettare vicende dei cugini d’Oltremanica), e si crogiola nell’agio silenzioso dei propri privilegi blu. Con rare eccezioni come il Koninginnedag, ovvero il “Giorno della Regina”, che cade ogni anno il 30 di aprile.

In tal giorno si festeggia il non-compleanno dell’attuale regnante Beatrix, in memoria del compleanno della non-più regnante (e defunta) Juliana. A parte i contorti ricorsi carrolliani, il 30 aprile è festa nazionale in tutti i Paesi Bassi e i neerlandesi – mai chiamare, per esempio, un abitante di Maastricht “olandese”, dal momento che l’Olanda è solo una delle regioni dei Paesi Bassi – non mancano di rendere tributo alla loro regina. Raramente ostili, talvolta compiaciuti, ma molto più spesso indifferenti, i neerlandesi non prestano grande attenzione alle sorti della casa reale. Ma una volta l’anno si premurano di celebrare con caratteristico eccesso chi ha avuto la grazia – poco importa se auto-celebrativa – di regalare loro un day-off in più dal lavoro.

Le origini del Giorno della Regina risalgono al XIX secolo e trovano ragione nel tentativo di rendere il “marchio Orange”, per così dire, più appetibile, in un’epoca in cui la monarchia non godeva di grande considerazione tra i sudditi. Si tratta, insomma, di una abile operazione di marketing, anticipatrice di tante successive tendenze mercificatrici. Come se, in fondo, anche la monarchia dovesse conquistarsi la propria pagnotta. Antonietta docet.

Il primo Giorno della Regina (o, meglio, della “principessa”) fu festeggiato, quasi esclusivamente ad Utrecht, il 31 agosto del 1885, quinto compleanno della futura regnante Wilhelmina. L’usanza si ripeté negli anni a seguire, riscontrando un crescente successo tra i sudditi. Tuttavia, essendo ancora ben lontani i tempi frikkettoni in grado di rendere i Paesi Bassi così popular nel resto del mondo, le celebrazioni si consumavano spesso nel giro di una parata multicolor – grazie agli omaggi floreali di svariate centinaia di sudditi – e quale canto folkloristico.

Nel 1948, Juliana, figlia di Wilhelmina, ascese al trono e dall’anno seguente i festeggiamenti per il Giorno della Regina vennero spostati al 30 aprile, giorno del suo compleanno. Talmente popolare fu Juliana tra i neerlandesi – era definita, un po’ banalmente, “la regina della gente” – che quando Beatrix le succedette nel 1980 decise di mantenere la data inalterata, anche confidando nella clemenza della primavera, rispetto alla rigidità dell’inverno (il compleanno ufficiale di Beatrix cade il 31 gennaio, quando di solito i canali delle città neerlandesi sono ghiacciati e c’è ben poca voglia di andare in giro a festeggiare).

Le dirette televisive, iniziate nel 1950, e il crescente agio benestante post-conflitto contribuirono a rendere sempre più popolare l’evento. Ma anche più attraente agli occhi di squilibrati in cerca dei “fifteen minutes of celebrity”, tant’è vero che nel 2009 uno di loro irruppe con la sua auto in mezzo alla folla festante per il passaggio della famiglia Reale, con il proposito di eliminare qualche membro della Casa. Senza riuscirci.

Festa in strada

Volendo stemperare il tono “politico” del Koninginnedag, dagli anni ’60 sono stati autorizzati con successo i vrijmarkt – i mercatini liberi – ovvero bancarelle allestite per strada, dagli abitanti, con l’intento di sbarazzarsi del “vecchio” e di fare al contempo, da bravi protestanti, un po’ di cassa. Oggi, già 4-5 giorni prima del Giorno della Regina è possibile vedere tracciati col gesso, lungo i marciapiedi, i confini di ogni futura bancarella, poiché le migliori postazioni sono oggetto di vere e proprie contese cittadine.

Quest’anno le celebrazioni hanno coinciso con un long-weekend, iniziato il venerdì e conclusosi al martedì sera (1 maggio). Quattro giorni di “sballo” che, ad Amsterdam, sono stati caratterizzati da svariati spettacoli in tutte le piazze del centro, feste on the boat lungo i famosi grachten – i canali della city – e diverse street-parade, alcune autorizzate, altre autogestite, che hanno di fatto bloccato il centro storico a qualunque mezzo di deambulazione che non avesse due gambe e un tasso alcolico superiore a 2.5. Niente bici, niente bus, niente tram, only walking ‘n’ crawling people. Che poi, per carità, nei neerlandesi la sbornia prende spesso una svolta chiassosa e quasi mai violenta; e per fortuna! viene da pensare, dal momento che, con le loro moli fisiche, questi simpatici vichinghi si stagliano di diversi centimetri al di sopra della media, cosicché dell’uomo medio, per l’appunto, non hanno, dopo diverse pinte, che una vaga percezione.

Party sulle barche

Ma in fondo, una volta all’interno della bolgia oranje che tutto annulla e cancella – voci amiche, profumi primaverili, orizzonti ottocenteschi – non si può che assimilarne il ritmo, lo schizofrenico incedere, e lasciarsi condurre senza opporre resistenza alcuna, affinché sia davvero possibile scoprire dove porta, tutta quella fiumana monocolore, sperando che la birra lungo il percorso non manchi mai e che la destinazione finale non preveda qualche tuffo nell’Amstel, il Canal-Grande della capitale. Se poi il ritorno a casa, tra i saccheggi dell’invenduto dei vrijmarkt e un tramonto eterno che non vuol lasciar spazio alla quiete della sera, sarà incolume, si renderà grazia alla regina. E poco importa se le celebrazioni sono state ormai fagocitate dal must del “divertimento at all costs”, o se il loro spirito è stato mercanteggiato per pochi denari. In fondo, il Giorno della Regina, è nato (anche) per “comprarsi” i sudditi. E i sudditi, a loro volta, si sono “comprati” un giorno di libertà. È il fascino pop della monarchia (discreta).