Autore: Jean-Patrick Manchette, Jacques Tardi
Anno di pubblicazione: 2011
Editore: Coconino Press
Pagine: 104
Formato: 21,5 x 29 cm
Prezzo: € 16,00
ISBN-13: 978-88-7618-041-5
Jacques Tardi prosegue la sua opera di adattamento a fumetti di opere letterarie. Stavolta non si allontana troppo dal milieu del fumetto propriamente detto, a cominciare dal fatto che Jean-Patrick Manchette è stato a varie riprese e con varie mansioni coinvolto nel mondo della BD: benché non si limiti certo solo a questo, il suo lavoro di traduttore è celebre tra gli appassionati soprattutto per la versione francese di Watchmen (non la prima edizione, quella di cui Dave Gibbons ebbe a lamentarsi). Ma, cosa ancora più importante, Manchette è stato un autore di fumetti vero e proprio visto che, pur tra i vari progetti non concretizzati, nel 1975 aveva scritto per lo stesso Tardi il bellissimo noir Griffu, un vero gioiellino che però, curiosamente, entrambi gli autori non consideravano un’opera del tutto riuscita.
Ma si può dire che Jacques Tardi giochi in casa, anche perché lo stile del romanzo d’origine (uscito per Gallimard nel 1981) si adatta perfettamente alla sua particolarissima personalità grafica, che qui si sposa meravigliosamente con lo stile behaviorista (descrivere scrupolosamente le azioni, mai esprimere i sentimenti dei personaggi) adottato da Manchette.
Christian Terrier è, come vuole la tradizione del genere noir, un assassino su commissione. Altrettanto fedelmente alle regole del noir, la storia prende l’avvio con quello che nelle intenzioni di Terrier sarà il suo ultimo lavoro prima di ritirarsi. Congedata la sua ultima ragazza può dedicarsi ai propositi che aveva messo a punto dieci anni prima. Inizia così un flashback.
Christian in realtà non si chiama Christian, ma Martin Terrier. Ha vissuto un’infanzia e un’adolescenza miserevoli, allevato da un padre povero d’affetto, ma a cui non mancava una grande dose di inettitudine, e l’intromissione di un amico di famiglia che voleva migliorarne l’esistenza non ha fatto altro che rendergliela ancora più amara, sottolineando la sua abissale distanza dai «borghesucci» con cui frequenta il liceo e dalla ragazza di cui si innamora.
Martin scappa da questa vita con propositi di riscatto grazie all’esercito. Durante un’operazione in Africa è l’unico a non farsi prendere dal panico dopo un attentato. Un soldato nero, Stanley, lo nota e apprezzandone il sangue freddo lo introduce a quella che diverrà la sua “professione”. Stanley diventa così il collegamento tra lui e l’organizzazione che negli ultimi dieci anni gli ha commissionato omicidi dal target sempre più elevato.
Ma purtroppo per Martin, non basta la sua volontà di ferro (o è solo ingenuità?) per mettere a posto una vita che sembra destinata inevitabilmente al fallimento, tanto più che, una volta presa la decisione di andare in pensione, pare essere misteriosamente perseguitato dalla sfortuna, o forse su di lui cominciano a stringersi le spire di una trappola mortale…
I dialoghi e i gesti del protagonista sono di una secchezza estrema, l’impassibilità appena perturbata con cui si mette dolorosamente a posto un dito dopo che gli è stato spezzato, o con cui assiste alla morte agghiacciante del suo migliore amico, si sposa meravigliosamente con il rigore quasi documentaristico con cui Manchette ci illustra come si organizza un attentato di alto profilo o come ci si deve comportare con un ostaggio donna.
Questa freddezza da entomologo, che è la cifra stilistica di Manchette, pienamente rispettata (anzi, esaltata) dal lavoro di Tardi, finisce per creare una distanza incolmabile tra il protagonista e il lettore: visto attraverso il vetrino di uno scienziato, Martin Terrier perde ogni possibilità di suscitare empatia e, alla fine, le sue vicende disperate si tingono di un’amara ironia, di un ridicolo che viene spontaneo pensare fosse proprio nelle intenzioni di Manchette.
Dal canto suo Jacques Tardi realizza il lavoro col suo solito stile, che per quanto si voglia incasellare in categorie precise (linea chiara, pop art, art neauveu, neo-liberty, grottesco, incisione) sfugge a tutte queste classificazioni, pur rappresentandole tutte. Di Jacques Tardi è nota (l’ha ammessa egli stesso) la preferenza che accorda ai mobili e agli sfondi piuttosto che alle figure umane, e tale tendenza interpreta alla perfezione il behaviorismo di Manchette: non solo la certosina raffigurazione di boschi, vedute urbane e decors è esteticamente valida di per sé, ma vedere calate in questi contesti delle figure umane anodine e ritratte praticamente sempre di fronte o di profilo ha un forte effetto straniante.
Tardi ha dichiarato anche che spesso il criterio con cui decide di trarre un fumetto da un romanzo è il fascino che ha esercitato su di lui una particolare sequenza del romanzo. Nel caso di Posizione di tiro non è difficile immaginare che sia stata l’ultima, patetica e desolante immagine ad averlo ispirato.
Posizione di tiro è un volume che ogni appassionato di Tardi e di buon fumetto dovrebbe avere in libreria, tanto più che per l’occasione Coconino Press ha optato per un generoso formato 21,5×29 che rende pienamente giustizia alle tavole del disegnatore. Notevole anche la qualità di stampa, la biacca con cui Tardi ha simulato le linee cinetiche nelle sequenze buie è molto ben impressa, e occasionalmente l’occhio attento può anche intuire le pecette applicate per correggere certi dettagli.
Chissà, forse è stato anche grazie all’interessamento di Coconino Press che altri editori italiani hanno deciso di metterlo nel proprio catalogo, pur se con formati non sempre dignitosi.