Titolo italiano: I tre usi del coltello
Titolo originale: Three Uses of the Knife, On Directing Films e True and False
Traduzione: Andreina Lombardi Bom
Curatore: Andreina Lombardi Bom
ISBN: 978-88-7521-265-0
Anno di pubblicazione: giugno 2010
Pagine: 320
Editore: minimum fax
Gli esseri umani hanno sempre vissuto profondi conflitti a tutti i livelli. Il conflitto tra desideri e possibilità, istinto e moralità, punto di vista personale e collettivo, che in letteratura prendono le forme di commedia, tragedia o melodramma. Tra i diversi autori moderni che sono riusciti a mettere in scena in modo convincente questi contrasti, accanto a David Rabe e Sam Shepard, sicuramente c’è lo scrittore, sceneggiatore e regista americano David Mamet.
Il suo punto di vista sul cinema è caratterizzato da una incredibile ed eclettica abilità, che lo vede a suo agio tanto alle prese con la scrittura, quanto alla direzione e al montaggio. Forse per questo suo essere un artista “trino”, Mamet è poco conosciuto dal grande pubblico, abituato ad accontentarsi di ciò che il mare restituisce in superficie. Autore di pièces teatrali caratterizzate dall’apparente assenza di testo e da un largo uso di quello che viene chiamato dialogo spezzato, Mamet descrive una società regolata dall’inganno, dal rancore e dall’istinto di sopraffazione, in un contesto di rapporti difficili e complicati tra persone spesso odiose e imperfette. Premio Pulitzer, è anche uno sceneggiatore passato alla storia del cinema, basti pensare a Il postino suona sempre due volte (1981), Il verdetto (1982), Gli intoccabili (1987) o Hannibal (2001). Per chi si ricordasse anche solo vagamente i dialoghi di questi film o il loro ritmo incalzante e avvincente, non sarebbe così difficile comprendere quanto Mamet sia abile nello sviscerare, appunto, le profonde contraddizioni e i conflitti che albergano nella natura umana.
I tre usi del coltello, edito da minimum fax, è una raccolta di saggi di Mamet. Nella prima sezione, quella che dà il titolo all’edizione italiana, l’autore americano si occupa del trattamento dell’idea o del soggetto da parte dello sceneggiatore. La seconda lezione di cinema (“Dirigere un film”) è tratta da una sua serie di interventi alla Columbia University. Infine, in “Vero e falso”, egli si occupa degli attori e del ruolo del regista nel momento in cui viene chiamato a dirigere e modellare il lavoro degli stessi sul set.
Per Mamet, un capolavoro è definibile tale solo in quanto passato attraverso l’analisi del reale, del vero, di quella verità che egli tratta come soggetto ispiratore in tutte le sue opere teatrali o cinematografiche. Questo non fa certo di Mamet un taumaturgo o un critico moralista della società moderna, piuttosto egli agisce come il recensore quando viene chiamato a trarre una summa del lavoro altrui. Il funzionamento meccanico di un film, secondo lui, è da molti punti di vista simile a un’esperienza onirica. Come nel sogno la giustapposizione d’immagini contrastanti produce qualcosa che alle volte si avvicina molto alla realtà, tanto da farci svegliare spaventati o fradici di sudore; parimenti un film sovrappone fotogrammi, completamente liberi da qualsiasi dovere moralistico o storiografico, talmente potenti da farci vivere come protagonisti quella sequenza cinematografica. In altre parole, un film per Mamet è la risposta a una domanda, ovvero a un quesito che qualcuno si è posto e al quale molti si sono presi la briga di dare risposta.