Il titolo dell’attuale esposizione al Centre Pompidou — Paris-Delhi-Bombay… — immerge già in una dimensione di viaggio, di incontro culturale, un tuffo in immaginari esotici, lontani ed invitanti. L’intento della mostra è quello di far scoprire al visitatore realtà e immaginari della democrazia più grande del mondo, oggi in piena espansione economica, culturale e artistica, attraverso interessanti percorsi di confronto tra gli sguardi di artisti contemporanei indiani e francesi. L’originalità dell’approccio sta appunto nelle diversità dei punti di vista, arricchita da una ricca programmazione di attività collaterali (conferenze, dibattiti, proiezioni di film, animazioni, spettacoli, danza, eccetera). I due terzi delle opere sono delle commissioni, al punto che nella grande maggioranza dei casi gli artisti francesi esposti hanno visitato l’India la prima volta per l’occasione. Questo incrocio di sguardi ha dato spazio ad un dialogo culturale inedito nell’istituzione culturale francese, che è stato nutrito e preparato da quattro anni di ricerche di politologi, sociologi, storici dell’arte e antropologi.
Le opere fotografano i cambiamenti di una realtà in pieno sviluppo: dalla politica all’urbanesimo, dal rapporto all’ecologia alla famiglia, dalla religione alla parità tra i sessi e al ruolo delle donne nella società, nella crescita economica e nello sviluppo culturale del paese. I curatori Sophie Duplaix e Fabrice Bousteau hanno scelto artisti tra i 30 e i 65 anni, con una predilezione per la generazione degli artisti nati negli anni ’60, la prima ad emergere sulla scena internazionale in seguito all’apertura dell’economia indiana all’inizio degli anni ’90.
Il percorso visivo si snoda tra i meandri antropologici e sociali di un’intera civiltà intersecandosi con un lavoro sulle rappresentazioni, sui miti e sull’immaginario che caratterizzano l’India contemporanea.
L’obiettivo della mostra è di far conoscere una modernità — quella indiana — di cui spesso non abbiamo la misura, portando alla luce, attraverso il mezzo artistico, sguardi che, tra il locale e il globale, indagano i codici sociali attuali e i nuovi rapporti tra tradizione e modernità.
Alla galleria parigina Albert Benamou (ottavo arrondissement, rue Penthièvre) si è invece scelto di esporre tre giovani artisti indiani sconosciuti all’Occidente: Lochan Upadhyay, Chandramohan e Shantamani. Indian spring è il titolo della mostra. Due uomini e una donna che hanno in comune gli studi alla prestigiosa Accademia di Belle Arti di Baroda, vera fucina di nuovi talenti nello stato più a ovest dell’India — il Gujarat — e diverse forme di impegno nel processo di superamento di un’idea astratta di India come un’affascinante ma sconosciuta “alterità generica”. Le opere esposte sono state commissionate dalle due curatrici dell’esposizione, Dominique Frétard e Anne Maniglier, che hanno scoperto e conosciuto storie e opere dei giovani creatori e costruito nel tempo un fruttuoso dialogo con loro.
I tre artisti lavorano con materiali di recupero portatori di un’identità culturale indiana (pezzi di sari, corde di plastica riciclate, eccetera) e la loro opera artistica interagisce con la società del luogo in cui vivono. Riflettono sulle gerarchie sociali, sulle identità di genere, sulle problematiche ecologiche, sui meccanismi repressivi dei partiti nazionalisti, costruendo — anche attraverso gesti di impegno sociale — significati e messaggi “globali” e un’idea di modernità nutrita da influenze culturali multiple. Nella loro produzione, indagano il loro ruolo di artisti in un’India oggi in crescita economica galoppante, scontrandosi a volte con un conservatorismo retrogrado, mettono in scena diversi rapporti ai luoghi e alle tradizioni e restituiscono uno sguardo innovativo sulle preoccupazioni, le critiche e le nuove proposte della giovane generazione di artisti indiani.
A cosa è dovuto un tale interesse della scena dell’arte parigina verso l’arte contemporanea indiana? Al di là delle differenze strutturali che caratterizzano i due luoghi espositivi, l’interesse comune sembra essere la riflessione artistica innovativa che delinea oggi per l’Occidente nuove idee di sviluppo.
Gli impulsi dati dagli artisti esposti sono tra i più attuali oggi, non solo per l’“universalizzazione” e la condivisione globale dei problemi affrontati (sostenibilità dello sviluppo economico, modelli di democrazia, problematiche identitarie, ecologia) ma anche perché la vibrante avanguardia palpabile nelle opere di questi artisti sta nella capacità di saper esprimere un’apertura immaginativa a soluzioni creative che si trovano all’intersezione tra due culture.
Se il futuro dell’arte contemporanea sembra dirigersi deciso verso una sempre maggiore permeabilità culturale, che passa anche per il recupero di un impegno sociale locale, sono forse nati anche nuovi tessuti connettivi che stanno spostando gradualmente i centri del mondo dell’arte sempre più verso est?
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