Locandina originale di Buonanotte, mammaQuando senti che la tua vita non ha più una ragione d’essere e il senso di inadeguatezza è diventato troppo opprimente, allora il desiderio di porre fine a tanta sofferenza e di ritrovare finalmente la meritata tranquillità potrebbe spingerti a un gesto estremo. È quello che succede a Jessie, quarantenne epilettica, divorziata e con un figlio tossicodipendente in prigione per rapina, quando una sera come tante comunica alla madre Thelma di volersi sparare un colpo di pistola alla tempia. La madre la schernisce, la prende per matta, ma poi si rende conto che quella decisione è frutto di una mente lucida e consapevole che vuole spegnere definitivamente l’interruttore della sua vita. Il confronto tra le due donne diventa così inevitabile, in un crescendo di frasi non dette e segreti inconfessabili che la madre finirà pian piano per svelare, nel disperato tentativo di convincere la figlia a desistere.

Questa la trama dell’atto unico Buonanotte, mamma di Marsha Norman, per la traduzione di Laura Curino e la regia di Serena Sinigaglia, andato in scena nelle scorse settimane al Teatro Bobbio di Trieste. Nel ruolo delle protagoniste, Ariella Reggio e Marcela Serli, un duo di attrici inedito e straordinario, che riesce a mantenere alta la tensione fino alla fine, in uno scambio di battute ricco di drammaticità e macabra ironia, che commuove e diverte allo stesso tempo. Molto azzeccata la scelta stilistica di smontare la scenografia a mano a mano che la storia procede, per poi far crollare il tutto alla fine, quando la protagonista sta per compiere il proprio destino. Interessante anche l’idea del sottofondo musicale iniziale, con Sere Nere di Tiziano Ferro che immerge la pièce in quell’umorismo nero tipico di Marsha Norman.

Ariella ReggioAriella Reggio, sicuramente una delle attrici più eclettiche del panorama teatrale e televisivo, interpreta in modo convincente il ruolo di una madre che non ha mai capito fino in fondo la propria figlia, e forse non ha neanche mai cercato di capirla, impegnata com’era nel lamentarsi di un’esistenza che non rispecchiava le proprie aspettative, accanto ad un uomo che lei non amava e di cui non comprendeva i continui mutismi. “Sai quanto mi divertivo a stare lì seduta tra te e tuo padre che vi accendevate e spegnevate come due lampadine”, dice a Jessie riferendosi all’epilessia.

Marcela Serli, argentina di nascita e già con numerose esperienze alle spalle anche in qualità di autrice teatrale, si immedesima completamente nel ruolo di Jessie, riuscendo a evidenziare le molteplici sfaccettature del personaggio: una donna che vuole smettere di essere compatita e che si riserva il diritto di operare una scelta drastica, avendo, però, la delicatezza di conversare per la prima e unica volta con sua madre, in modo da non farle sentire il peso del suo gesto. “Aspetta due settimane, potremo fare altre chiacchierate come quella di stasera”, dice Thelma a Jessie, “No, mamma! Non potremo fare altre chiacchierate come quella di stasera, perché è l’ultima parte della serata a rendere così piacevole la prima. No, mamma. Così la penso io. Questo è il mio modo di dire tutto quello che penso e dico no! A Danny e a Loretta e alla Cina comunista e all’epilessia e a Ricky e a Max e a te e a me e alla speranza, dico no!”.

Il testo teatrale, scritto nel 1983 da Marsha Norman, valse all’autrice il Premio Pulitzer per la Drammaturgia e ben quattro nomination ai Tony Awards. Nel 1986 fu realizzata anche una trasposizione cinematografica dal titolo Una finestra nella notte, con Sissy Spacek ed Anne Bancroft.

Marsha NormanLa Norman, cresciuta in una famiglia profondamente metodista, trascorse l’infanzia in completa solitudine e divenne scrittrice e autrice teatrale proprio perché andare a teatro e leggere libri erano le uniche cose che la sua famiglia le concedesse. La sua esperienza al Kentucky Central State Hospital, a stretto contatto con adolescenti affetti da turbe psichiche, influenzerà in modo determinante la sua produzione teatrale, spingendola a scrivere anche Getting Out (1977), la cui protagonista, dopo aver trascorso otto anni in prigione per rapina e omicidio colposo, subisce uno sdoppiamento di personalità da cui fatica a riprendersi.

Buonanotte, mamma oltre a presentare una particolare struttura drammaturgica in cui lo spettatore viene informato fin dall’inizio delle intenzioni della protagonista, si caratterizza per la ricchezza dei dialoghi e per il ribaltamento dei ruoli madre/figlia. Prima di porre fine alla sua esistenza, infatti, Jessie predispone tutta una serie di liste di oggetti che potranno essere utili a sua madre, e le fornisce indicazioni precise su come fare la spesa e come gestirsi, questo perché, fino a quel momento è stata proprio lei a fare da madre a sua madre.

Thelma, al contrario, non ha mai cercato di ristabilire i ruoli, e si è sempre lasciata accudire dalla figlia nella convinzione, vera o presunta, che questo le bastasse. Tra le due donne esiste dunque una totale incomunicabilità, che emerge ancora di più quando si viene a sapere che i continui mutismi del padre avevano per Jessie una valenza di affetto di molto superiore a qualsiasi parola della madre. Anche gli altri personaggi di contorno, presenti solo in quanto motivo di discussione tra le due, entrano a far parte di quella negatività che Jessie ha sempre percepito nei suoi confronti; la madre tenta invano di spiegarle che la famiglia non è qualcosa che uno si sceglie ma che capita e lei controbatte che i familiari sanno troppo, e lo sanno prima che tu abbia la possibilità di decidere se vuoi che lo sappiano o no.

Ariella Reggio e Marcela Serli

La pièce non ha lo scopo di fornire risposte o di giudicare le argomentazioni delle due protagoniste, ma cerca di focalizzare l’attenzione dello spettatore su tematiche importanti, quali il suicidio, il destino, la moralità, la determinazione, il complesso rapporto con la famiglia. Non a caso il testo originale è ambientato negli anni Ottanta, periodo di profondi cambiamenti per la società americana, in cui le situazioni di disagio, soprattutto giovanile, iniziano a manifestarsi con frequenza crescente. Trasporlo ai giorni nostri si rivela una scelta vincente per il Teatro Stabile La Contrada, che, pur mantenendo inalterato lo spirito originale del testo, riesce così ad avvicinarlo maggiormente al pubblico, attualizzando gli elementi nei quali lo spettatore può identificarsi, come la televisione costantemente accesa sui reality show, o il riferimento all’uso di Internet. Un dramma sicuramente da non perdere.