America Oggi

Titolo: America oggi
Autore: Raymond Carver
Traduzione: Riccardo Duranti
Titolo originale: Short Cuts
Anno di pubblicazione: 2009
Editore: Minimum Fax, Roma
Collana: I quindici
Pagine: 231
Prezzo: 16 Euro
ISBN: 9788875212377

Cioè, quando ero piccola questa è l’ultima cosa che mi sarei immaginata di mettermi a fare. Gesù, e chi ci pensava che da grande sarei finita a vendere vitamine? Vitamine porta a porta. Roba da non crederci. È una cosa che mi fa veramente uscire di testa.
Raymond Carver, America oggi

Che straordinaria terra è l’America. Un territorio immenso che si dispiega tra miglia e fusi orari. Dove il nuovo giorno viene salutato da manifesti pop e iridescenti grattacieli che sfregiano lo skyline di una città che non dorme, per proseguire on the road attraversando l’assolata Florida, gli Appalachi, le ventose e industriali regioni del Midwest, continuando per le distese immense del giallo granturco, tra pozzi texani, mandrie e cowboy. Fra note rock, blues, country di un vecchio juke-box, la giornata si trascina stanca e s’addormenta tra le colline di una nuova Babilonia, in mezzo a decine d’immortali Marilyn dalle labbra rosse che s’aggirano con fare ammiccante. Un paesaggio immenso e fantasmatico, motore del “grande romanzo americano”. Come poter contenere e dare un senso alle molteplici sfaccettature cangianti degli States è la sfida di molti scrittori. Si pensi all’immensa metafora di Don DeLillo in Underworld o alla trasfigurazione effettuata da Philip Roth in Pastorale Americana. Senza dimenticare il fotografo Robert Frank, capace di dare volti e profili alla way of life de Gli americani. Frammenti di una nazione che ritroviamo nei racconti di Raymond Carver, che si possono leggere come un unico grande componimento narrativo. Ray è nato nell’Oregon nel lontano 1938, da un padre operaio di segheria e da una madre cameriera. Un matrimonio fallito, due figli e qualche bicchiere di troppo tra una sfuriata e l’altra a causa del suo carattere irascibile ed instabile. Lavori deprimenti ma necessari, sempre affiancati da una costante pratica di scrittura. Un uomo duro che non si è mai arreso, temprato da una vita difficile, arrivato al successo nel 1976 con la sua prima raccolta Vuoi star zitta, per favore?, l’inizio di uno degli scrittori più amati ed importanti del secondo Novecento.

Raymond CarverQuesto libro intitolato America oggi, pubblicato dalla Minimum Fax, mette assieme le nove storie e la poesia di Raymond Carver dalle quali il regista Robert Altman è partito per realizzare la sceneggiatura del film America oggi, che gli è valso il Leone d’Oro al Festival di Venezia nel 1993. Un testo adatto sia a bibliofili sia a cinefili, grazie ai numerosi contenuti extra riguardanti la pellicola e il mondo di Carver, uno scrittore battezzato in principio come “minimalista”, anche se oggi possiamo affermare che la sottigliezza dei suoi lavori era dovuta più al suo editor che a una personale ricerca estetica. Bisogna però constatare che questo ha spinto poi Carver a utilizzare un linguaggio secco, levigato e ripulito, capace in pochi tratti di spiegare un paesaggio reale e composito. Questa spiccata sensibilità per la frase la troviamo soprattutto nei suoi racconti in forma di poesia: una tecnica a metà tra la short story e i versi tradizionali, che gli permette di portare all’estremo la fragilità del momento narrato. Ne è un esempio l’ultimo titolo di quest’opera, Limonata. La storia racconta di un padre che è distrutto per aver perso un figlio, ed è sommerso dai sensi di colpa. In un’inverosimile ricostruzione della catena degli eventi che hanno portato alla tragica fine del ragazzo, si giunge ad un’assurda conclusione: “Se non ci fossero stati i limoni sulla terra, e non ci fossero stati i supermercati Safeway, be’, Jim avrebbe ancora suo figlio, no?” La ricerca di un senso porta ai limoni come colpa ultima: una disperazione che si aggrappa a tutto pur di non accettare la reale impotenza dell’individuo davanti alla sfortuna. Uno dei più bei racconti del libro, nel quale sempre il caso, senza capricci o macchinazioni di sorta, si dispiega nelle vite più semplici e sconvolge gli eventi è Dì alle donne che usciamo: Jerry Kaiser, insoddisfatto sessualmente dalla noiosa e stereotipata vita matrimoniale, stupra e uccide una ragazza avvicinata per strada senza alcun motivo apparente. Altre storie di Ray, invece, sembrano degli episodi raccontati da un tipo qualunque che ti si siede a fianco in un fast-food e, con una tazza di caffè nero fumante in mano, inizia a parlare per scacciare la noia: “Secondo Al, la soluzione era una sola. Doveva sbarazzarsi del cane senza che Betty o i bambini se ne accorgessero. Di notte. Doveva agire di notte. Si sarebbe limitato a portare Suzy in macchina – be’, da qualche parte, il posto l’avrebbe deciso dopo – avrebbe aperto la portiera, una spinta e via, se ne sarebbe andato”. Nelle poche righe d’introduzione l’io narrante ci dà il benvenuto nella “Carver Country”, un paese, generalmente descritto con mesto realismo, dove si dispiega il cuore dell’America anni ’70, fra posti anonimi che sembrano dipinti da Hopper. Lo scrittore ci porta per strade, cortili e case, in locali notturni frequentati da malagente che scola whisky o ancora tra cameriere di tavole calde e venditori porta a porta. Storie di memoria checoviana, dove persone qualunque sono protagoniste del mestiere di vivere. Coppie senza futuro, mogli, amanti, padri e figli che s’aggirano soli, mentre s’eclissano i piaceri e le allegrie: gli uomini tradiscono le mogli per inerzia, le donne si fanno portatrici di una sessualità semplice, i matrimoni s’impoveriscono e le invidie crescono. La speranza per qualcosa di migliore scompare: né redenzione né colpa in una morale del tutto personale, che non trascende una realtà spesso torva. Ray rivela la debolezza, l’ipocrisia e la desolazione della provincia, dove il sogno americano lascia spazio a parole stanche fra silenzi e taciti accordi, ed il finale sovente spiazza il lettore lasciandolo spaesato nella cruda verità.