Turandot 2010 - Arena di VeronaLa Turandot, celeberrima incompiuta di Giacomo Puccini, ultimo grande compositore italiano, apre l’ottantesimo festival lirico di Verona, interamente diretto da un altro grande interprete del melodramma italiano, il regista fiorentino Franco Zeffirelli. Per l’occasione, sul palco una delle ultime grandi cantanti liriche in attività, Maria Guleghina, nel ruolo della regina Turandot.

Come ormai in molti teatri, la prima della Turandot rende un volontario omaggio al grande Maestro, quindi, anche a Verona il finale dell’opera è omesso. C’è da chiedersi se la querelle tra gli eredi Puccini e i tentativi di riscrittura del finale incompiuto da parte di alcuni arditi, abbia ragione di esistere, dati i ben altri e cocenti problemi della lirica in Italia.

Ad ogni modo, la rilassante messinscena zeffirelliana piena di soluzioni ridondanti e colori sgargianti, verdi e rossi sparsi qua a là, conquista il pubblico prettamente turistico che in questi giorni affolla la città scaligera. L’idea di una Cina sfarzosa si mescola con una rappresentazione scenica che fa dell’orpello il suo punto cardine. Sembra quasi di trovarsi in una di quelle giostre disneyane o in una di quelle ricostruzioni che hanno reso famosi gli Hotel di Las Vegas in tutto il mondo. Il primo impatto con le mura di Pechino che aprono il secondo atto, lasciando subito il posto alla reggia imperiale, è di stupore da parte dei tradizionalisti e di eccitazione da parte del pubblico più turistico.

Forse non sarà la Cina che Puccini si immaginava, ma sicuramente le soluzioni scenografiche inducono lo spettatore a un profondo viaggio all’interno dell’Oriente immaginario che alberga in tutti noi. Il palco, infatti, è disseminato da quel “made in Cina” che ormai fa parte della nostra vita.

Turandot 2010 - Arena di Verona

Per quanto riguarda gli interpreti, Maria Guleghina non è sicuramente quella meravigliosa interprete ammirata in altre epoche e altri teatri, lascia molto a desiderare da numerosi punti di vista ma, con buona pace della critica più spietata, rimane una grandissima voce dotata di rara personalità. La classe, l’aggressività nei momenti più drammatici dell’opera e pianissimi di grande effetto, non hanno ancora del tutto fatto i conti con il tempo che imperterrito passa. Per quanto riguarda Calaf, troviamo ormai quello che si può definire una certezza tra i vari tenori italiani, ovvero il poderoso Marco Berti che, sa un punto di vista scenografico, lascia qualcosa a desiderare, soprattutto se accostato al fascino della Guleghina, sul versante interpretativo convince sia la critica sia il pubblico meno propenso a valutazioni canore. Un poco affaticato nel duetto finale, Berti ha la rara capacità di sembrare credibile in uno straordinario ventaglio di personaggi. Sarà forse per la potenza della sua voce, spesso a scapito della tecnica, che in fin dei conti non fa vendere alcun biglietto in più alle casse della Fondazione. Quello che è mancato, è stata Liù, sicuramente il personaggio chiave dell’opera pucciniana, spesso affidato ad interpreti poco convincenti. Ovviamente, rimembrare con affranto disio la Scotto o la Pampanini sarebbe esercizio scorretto e poco produttivo, ma è certo che Tamar Iveri, già sentita altrove, canta con una voce al limite dall’udibile, spesso volta all’indietro. Liù ha bisogno di ben altro spessore e tensione musicale. Turandot 2010 - Arena di VeronaNel ruolo di Timur, vola tra il pubblico dell’Arena la voce di Carlo Cigni, forse l’unico interprete privo di quella caricaturalità che in Turandot sembra ormai diventata la norma.

Insomma, l’impatto globale risulta piacevole ed efficace, anche grazie a una resa musicale impeccabile, vista la professionale direzione del direttore Giuliano Carella. C’è da dire che l’acustica dell’Arena è andata modificandosi nel corso degli anni, sarà forse per una diversa sistemazione della buca, sarà forse per via del tempo che passa tanto per gli interpreti quanto per chi non avendo voce per cantare è condannato ad ascoltare.