Titolo: Il castello dei Pirenei
Autore: Jostein Gaarder
Traduzione: Cristina Falcinella
Titolo originale: Slotter i Pyreneen
Anno di pubblicazione: 2009
Editore: Longanesi, Milano
Collana: La Gaja scienza
Pagine: 242
Prezzo: 16,60 Euro
ISBN: 9788830426970
Scrivo tutto questo per dirti che ancora oggi ho lo stesso identico sentimento nei confronti dell’esistenza.
“Sei ancora in grado, come un tempo, di provare gioia per ogni secondo che vivi?” mi domandi, e la mia risposta è sì.
Tuttavia molte cose sono cambiate, perché adesso si è aggiunto un elemento in più, una dimensione del tutto nuova. Mi chiedi: “Sei ancora capace di provare un ‘dolore sconfinato’ dovuto al fatto che la vita è così breve?… Ti vengono ancora le lacrime agli occhi pensando a espressioni come ‘vecchiaia’ e ‘durata della vita’?”. A questo mi sento di rispondere francamente di no. Non piango più. Per quanto riguarda il mio futuro vivo in uno stato di… quiete.
A metà tra il romanzo d’amore e il libro filosofico, l’ultimo prodotto editoriale di Jostein Gaarder fa seguito ai precedenti successi come Il mondo di Sofia e La ragazza delle arance, che gli hanno consegnato il favore dei lettori italiani, oltre che di quelli internazionali. Steinn e Solrun sono un uomo e una donna sui cinquanta che si rincontrano dopo trent’anni. Un tempo fidanzati, si erano bruscamente lasciati dopo un terribile avvenimento che aveva imposto loro di allontanarsi e non parlarsi più. In questi trent’anni si sono costruiti ciascuno una famiglia e una carriera, ma non si sono mai dimenticati. Stimato climatologo che ripone completa fiducia nella scienza lui, ricercatrice universitaria e più votata a una visione spiritualista-cristiana della vita lei.
Un’opera perfettamente rappresentativa della psicologia dell’autore che, attraverso le voci dei suoi due personaggi, affronta le grandi tematiche della vita umana e del mondo che tanto gli sono care. In un alternarsi di contributi, Stein e Solrun offrono quindi, ciascuno secondo il proprio punto di vista, una differente prospettiva nei confronti dei grandi interrogativi dell’esistenza e della magia e meraviglia del cosmo.
Dopo decenni, infatti, i due ex-amanti si incontrano fortuitamente nell’ultimo posto che avevano visitato insieme prima di lasciarsi. E a entrambi, superato l’iniziale stupore, pare incredibile che il fato riesca a essere al contempo così terribilmente meraviglioso e crudele. Sono infatti nuovamente uno di fronte all’altra e, nell’istante in cui si vedono, capiscono di non aver mai smesso di amarsi. Era stato piuttosto quell’odioso evento, con il quale non riuscivano a convivere stando insieme, a spingerli a troncare la loro relazione. La loro vita insieme infatti non sarebbe mai più stata la stessa dopo quella notte della quale, si erano ripromessi, non avrebbero mai più parlato.
Da questo casuale incontro deriva un fitto botta e risposta attraverso la rete in cui i due ripercorreranno a ritroso tutti gli anni che li hanno tenuti separati e cercheranno di riscoprire in cosa sono cambiati. Sia Steinn che Solrun infatti sono maturati e, forse un po’ trasformati. Se da un lato, quindi, si riconoscono, dall’altro emergono man mano anche diversi elementi che li hanno resi ad oggi quasi inconciliabili.
Anche questa volta l’autore ripropone ai suoi lettori i grandi temi con cui ha profonda dimestichezza: l’amore, il dolore, la vita, la morte e la passione, ai quali sottende un fil rouge fatto di domande sul senso dell’esistenza, sulla fede e sulla realtà, riuscendo a sviscerarle e a rispondervi con grandissima maestria. A questo si aggiungono anche elementi quali il destino, la telepatia e le coincidenze, ma anche la possibilità che una mano superiore osservi e indirizzi tutti gli eventi. Il risultato, però, non ha lo stesso appeal dei testi precedenti.
Un libro carico di contenuti e di concetti, ma che in certi punti risulta eccessivamente lento nella narrazione, rischiando così troppo spesso di perdere l’attenzione del lettore. Viene da pensare quasi che lo scrittore — in quello che dovrebbe rappresentare un suo “memorandum per aspiranti filosofi” — si sia lasciato prendere un po’ troppo la mano, finendo per smarrire il filo conduttore della storia.
Fortunatamente, l’eterno dilemma tra fede e ragione riesce a spiegare anche i passaggi più critici e in cui l’autore sembra perdersi per poi ritrovarsi, assieme a un lettore che non lo ha mai abbandonato del tutto, con nuove domande a cui fornire, puntualmente, le rispettive risposte.