Raconter la “même” chose dans un autre média, ce n’est plus raconter la même chose. […] Au fond, toute forme d’adaptation ne serait-elle pas, pour reprendre une métaphore musicale, qu’une “variation sur un thème”.
Titolo: La transécriture. Pour une théorie de l’adaptation. Littérature, cinéma, bande dessinée, théâtre, clip.
Autore: Thierry Groensteen, André Gaudreault (A cura di)
Anno di pubblicazione: 2002
Note: Atti del convegno Cerisy-la-Salle, 14-21 agosto 1993
Editore: CNBDI (Centre National de la Bande Dessinée et de L’image)
Pagine: 280
Prezzo: 19,05 Euro
ISBN: 2921053985
La transécriture. Pour une théorie de l’adaptation. Littérature, cinéma, bande dessinée, théâtre è un testo importante per l’analisi di fenomeni mediatici come Sin City, Fight Club e la prolifica corrente delle trasposizioni. André Gaudreault e Thierry Groensteen tentano, insieme ad altri studiosi, di definire il processo adattativo alla base di un qualunque testo derivato e di strutturarne una teoria sistematica. Gaudreault osserva come lo stesso termine “adaptation” (adattamento) sia problematico, poiché sottintende l’idea di comparazione ed equivalenza tra un’opera sorgente, l’ipotesto, e un’opera derivata, l’ipertesto.
Il processo di adattamento, secondo l’autore, implicherebbe così il passaggio forzato della fabula “nel corsetto di un altro medium”. Il termine più indicato sarebbe transécriture,una sorta di scrittura intermedia che permette all’icona di un testo (cioè l’idea che se ne fa il suo lettore) di conoscere nuova forma in un altro medium lasciandovi la propria impronta. Tale impronta può essere il semplice nocciolo duro della fabula o un diverso ipotesto.
“Raccontare la “stessa” cosa mediante un altro medium non è raccontare la stessa cosa. In fondo ogni forma d’adattamento non è altro che, per riprendere una metafora musicale, ‘una variazione sul tema’” recita la citazione iniziale. Questa e altre osservazioni presenti in questo studio di matrice semiotica costituiscono un interessante punto di partenza per analisi critiche sulla materia (oggi così attuale, con Hollywood mai sazia di soggetti). Il testo, anche se datato, in questi anni si è visto confermare le intuizioni contenute, divenendo un riferimento fondamentale.
Gli autori definiscono “adattamento” il processo di traduzione che produce un’opera a partire da un ipotesto preesistente, a meno che non si tratti di una copia (caso limite: Funny Games di Michael Haneke, riproposto con tratti d’identicità a distanza di dieci anni). Nell’opera sorgente sarebbe auspicabile, se non isolare, almeno distinguere alcuni componenti: la fabula — o soggetto — che l’opera narra e sviluppa, il medium nel quale s’incarna, il discorsoche tiene esplicitamente o implicitamente, e infine il testo che costituisce la superficie fenomenologica (parole, ma anche immagini o suoni). Queste componenti si possono considerare come intrinseche all’opera sorgente anche se non le appartengono esclusivamente. Una stessa fabula difatti può aver ispirato numerose opere. Il medium è un supporto comune a innumerevoli testi, anche differenti, ma in ciascuno di essi costituisce una performance mediaticasingolare.
Il discorso è sempre, prima di tutto, espressione di una soggettività e di un discorso sociale, e come tale veicola valori condivisi da una comunità, perché l’opera viene creata all’interno di un contesto storico e insieme artistico, culturale, sociale, economico e ideologico; ed è necessariamente determinata dalla condizione del medium nel momento storico dato. L’opera adattata è posteriore alla prima e il contesto si è necessariamente trasformato. Le scelte e le soluzioni artistiche saranno delle risposte a questi mutamenti. Più la situazione sociale e il piano ideologico saranno cambiati, più l’ipertesto tenderà a un discorso diverso, quantunque la fabula rimanga rigorosamente identica. L’adattamento è, in senso stretto, la reincarnazione di un’opera di partenza in un medium differente da quello che l’ha originariamente supportato. Questa transmediazionenon si può effettuare senza che gli elementi ipotestuali vengano più o meno alterati. Prima di tutto perché cambiare medium equivale a cambiare significante, e quindi il testo.
È a questo livello che la nozione di transécriture acquista tutto il suo valore. Il discorso subisce alcune variazioni per diverse ragioni. La prima è già stata menzionata ed è il cambiamento di contesto, la seconda è il cambiamento d’autore — il discorso veicola sempre, coscientemente o meno, una parte di soggettività individuale — a meno che non si tratti di un autoadattamento (come in Sin City, dove Frank Miller ha portato sullo schermo le proprie creazioni). La terza ragione è che ogni medium implica un’organizzazione differente del discorso e non ne lascia intatto il contenuto; i topoi e i simboli attorno ai quali il discorso si organizza non sapranno essere identici in due media differenti, ma saranno solo capaci di presentare delle equivalenze approssimative. Bisogna infine tener conto delle differenze nelle condizioni di ricezione dell’opera, anche in termini di attese. Queste differenze inducono, nel ricevente, una percezione e una riformulazione differenti del discorso tenuto.
Per quanto concerne la fabula le modifiche alle quali essa può essere sottoposta sono diverse. Senza pretesa di esaustività Groensteen ne menziona quattro: può trattarsi di cambiamenti delle situazioni drammatiche (dare una soluzione diversa a una scena o a un conflitto), di variazioni della struttura enunciativa (ciò si ha notoriamente quando si sopprime la voce narrante in un film adattato da un romanzo scritto in prima persona), di modifiche ai personaggi o di trasposizioni diegetiche (cambiamenti d’epoca o di quadro geografico). Tali differenze possono arrivare a rendere irriconoscibile la fabula di partenza. Attenzione: il processo di adattamento di un’opera letteraria in un altro medium non implica necessariamente che il testo originale venga in qualche modo alterato. L’originale può, in effetti, essere letto, cantato o riprodotto in extenso. Nell’adattamento entrano frequentemente in gioco degli agenti mediatori della traduzione.
Una terza opera, con o senza alcun particolare rapporto con l’ipotesto, può servire come riferimento implicito e contribuire al lavoro compiuto; quest’operazione mobilita spesso degli stati secondari (o forme derivate) del testo di partenza, o alcuni suoi corollari (come elementi biografici dell’autore) aprendosi così al territorio illimitato dell’intertesto. Dal punto di vista della sua ricezione da parte del pubblico, un’opera adattata si offre sempre a due modi di comprensione e di apprezzamento artistico: è possibile e legittimo apprezzarla di per sé, ignorando l’opera che l’ha ispirata o senza che intervenga il ricordo personale o la conoscenza erudita della stessa, oppure, in caso contrario, si gode di un apprezzamento secondo, legato proprio a una conoscenza pregressa. In senso inverso, quindi, l’opera derivata è suscettibile d’influenzare retroattivamente la percezione è l’apprezzamento dell’originale.