Titolo: Lettere da Torino
Autore: Friedrich Nietzsche
Traduzione: Vivetta Vivarelli
Anno di pubblicazione: 2008
Editore: Adelphi, Torino
Collana: Piccola Biblioteca Adelphi
Pagine: 269
Prezzo: 15,00 Euro
ISBN: 9788845922626
A Cosima Wagner
TORINO, 3 gennaio 1889
TORINO, 3 gennaio 1889
Alla principessa Arianna, la mia amata.
È un pregiudizio che io sia un uomo. Ma ho spesso vissuto tra gli uomini e conosco tutte le esperienze che gli uomini possono fare, dalle più basse alle più alte. Tra gli indiani sono stato Buddha, in Grecia Dioniso — Alessandro e Cesare sono le mie incarnazioni, come pure il poeta di Shakespeare Lord Bacon. Da ultimo sono stato ancora Voltaire e Napoleone, forse anche Richard Wagner… Ma questa volta vengo come Dioniso vittorioso, che renderà la terra un giorno di festa… Non che io abbia molto tempo… I cieli gioiscono per il fatto che sono qui… Sono stato anche appeso alla croce…
Lettere da Torino — edito da Adelphi, e curato da Giuliano Campioni — contiene tutte le lettere e gli abbozzi di lettere, giunti fino a noi, che Friedrich Nietzsche scrive durante il suo ultimo soggiorno a Torino, tra il 21 settembre 1888 e il 9 gennaio 1889. Questo documento ci tratteggia l’ultima esplosiva fase del filosofo, “il tempo della grande vendemmia ”, quel periodo che diede i natali a: Il caso Wagner, Crepuscolo degli idoli, Ecce homo, L’anticristo, Nietzsche contra Wagner, e i Ditirambi di Dioniso. D’altra parte, si può altresì notare la mancanza di qualsiasi riferimento alla Volontà di potenza.
I maggiori corrispondenti dell’epistolario sono il musicista Heinrich Köselitz, amico e discepolo fidato del filosofo; Costantin Georg Naumann, il suo editore; Hippolyte Taine, un’intellettuale europeo; Georg Brandes, critico letterario, conferenziere, e studioso di diritto e filosofia, che metterà in contatto Nietzsche con August Strindberg.
Grazie alle Lettere possiamo osservare l’evoluzione di alcune delle opere di Nietzsche, la sua cura nel seguire il processo di stampa, e la ricerca di soldi e di fidati traduttori per la diffusione dei testi — l’autore vuole che le tirature dei suoi libri superino quelle di Nana di Zola. Resosi conto dei numerosi fraintendimenti che aveva subito, Nietzsche sente il bisogno di farsi conoscere e comprendere. In una lettera a Köselitz, datata 30 ottobre, parlando di Ecce homo leggiamo: ”non vorrei assolutamente presentarmi all’umanità come profeta, mostro e spauracchio morale”.
Dopo un soggiorno estivo passato a Sils-Maria, in Engadina, il filosofo era alla ricerca di una località che potesse ristorarlo sia dal punto di vista psichico che fisico. La città sabauda, dopo la felice esperienza primaverile, e grazie all’influenza delle suggestive pagine dedicate a Torino di Lettres familières sur l’Italie di Charles de Brosses, e dall’opera Croquis italiens di Paul Bourget, gli sembrava il posto ideale.
Nietzsche prende alloggio in via Carlo Alberto 6, presso la famiglia dell’edicolante David Fino, e in una lettera a Köselitz scrive: “La mia camera, posizione di prim’ordine in centro, sole dalla mattina al pomeriggio, vista su Palazzo Carignano, sulla piazza Carlo Alberto e in lontananza sulle verdi montagne”. In un eccesso di euforia, subito il rapporto con la città e i suoi abitanti sembra idilliaco. Nietzsche resta affascinato dalle strade dritte e larghe, dalla bellezza delle grandi piazze, dagli edifici regolari e dai colori autunnali della città che gli appaiono “un Claude Lorrain come mai mi sarei sognato di vedere”.
Felice per una salute ritrovata — vera o presunta —, vive assaporando le piccole cose: i teatri, i caffè, le passeggiate e le trattorie con i loro buonissimi “maccaroni”, definendo tutte le persone con cui ha a che fare “perfettamente riuscite, molto garbate, allegre”, al pari della fruttivendola che gli sceglieva magnifici grappoli d’uva. Era come se Torino, “città dignitosa e severa!”, fosse costruita apposta per lui, il posto perfetto per l’eremita che deve portare a termine il suo obiettivo che: “spaccherà in due la storia, al punto che avremo un nuovo computo del tempo: a partire dal 1888 come anno Uno”.
Uno dei temi ricorrenti nell’epistolario è il Caso Wagner, dove continua il confronto-scontro di Nietzsche con l’artista tedesco. Nella lettera del 10 dicembre, indirizzata a Ferdinand Avenarius, afferma: ”è evidente la contrapposizione tra un decadent e una natura che crea per sovrabbondanza di forza, vale a dire una natura dionisiaca, che è il gioco più difficile”. Iniziano a farsi sentire proclami mitomani e sintomi di pazzia come: “Nei prossimi anni il mondo sarà sottosopra: dopo che sarà licenziato il vecchio Dio, sarò io d’ora in poi a regnare sul mondo”.
Col passare dei mesi i toni delle lettere lievitano, fino a sfociare nei “biglietti della follia”. Dal 3 gennaio Nietzsche scrive a conoscenti e non, a cardinali e sovrani firmandosi Cesare, Crocefisso o Dioniso. Con la firma Il Crocefisso, il 3 gennaio invia una missiva a Meta von Salis che dice: ”Il mondo è trasfigurato, poiché Dio è sulla terra. Non vede come tutti i cieli gioiscono? Ho appena preso possesso del mio regno, getterò il Papa in prigione e farò fucilare Guglielmo, Bismarck e Stöcker”.
Stava proclamando il suo eterno ritorno: ”io sono tutti i nomi della storia”; si era dissolto nella totalità, si svelava come il dio Dioniso, un “divino pagliaccio” in preda ad un furore orgiastico giunto a liberare il mondo. Nell’ultima lettera, datata 6 gennaio 1889, indirizzata al professore Burckhardt, la sola dell’ultimo periodo firmata “Nietzsche”, confessa: ”in fin dei conti sarei stato molto più volentieri professore a Basilea piuttosto che Dio; ma non ho osato spingere il mio egoismo privato al punto di tralasciare per colpa sua la creazione del mondo”.
Avvisato da Burckhard, l’amico Overbeck raggiunge Nietzsche a Torino con l’intento di portarlo all’ospedale psichiatrico di Basilea. Nell’appartamento, alla vista dell’amico, Nietzsche lo abbraccia e scoppia in un pianto. Iniziando una gestualità oscena, danzando e suonando il pianoforte, si proclama “il buffone della nuova eternità”, lasciando in Overbeck “l’impressione più penetrante di distruzione e di annientamento che la vita mi abbia mai procurato e mai mi procurerà”.
Nei Frammenti postumi si legge: ”Il Dioniso fatto a pezzi è una promessa alla vita: essa rinascerà e rifiorirà eternamente dalla distruzione”.