Titolo: Lo spaccone
Autore: Walter Tevis
Traduzione: Tullio Dobner
Titolo originale: The hustler
Anno di pubblicazione: 2008
Prima ed. italiana: 1961
Editore: Minimun Fax, Roma
Collana: Classic
Pagine: 256
Prezzo: 11,00 Euro
ISBN: 9788875211790
Ma forse era proprio quel che Bert intendeva dire quando aveva parlato di carattere. Sentire il bisogno di vincere. Amare il gioco è necessario, come sempre bisogna amare l’arte che ti dà da vivere. E sono molti gli aspetti che te lo fanno amare, l’emozione, il gusto delle difficoltà, la pratica dell’abilità tecnica. Ma limitarsi a godere di questi aspetti avrebbe significato fare la fine di Findlay. Per giocare a biliardo bisogna voler vincere, senza scuse e senza ipocrisie con se stessi. Solo allora si ha il diritto di amare quel gioco. Seduto nell’automobile di Bert, con il corpo indolenzito e la mente incredibilmente lucida, Eddie sentiva che ora la necessità di vincere era dappertutto nella vita, in ogni gesto, in ogni discorso, in ogni incontro fra individui. E questa conclusione gli si andava radicando ora nell’anima come un punto di riferimento per la vita, una chiave di comprensione del mondo.
Walter Tevis Lo spaccone
Lo spaccone viene pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1959. È il primo romanzo di Walter Tevis, che nei due anni successivi si era guadagnato una certa fama come scrittore di racconti di fantascienza su alcune riviste di genere. Subito un bestseller, solo due anni dopo diventa un film di successo, la cui sceneggiatura è curata dallo stesso autore, per la regia di Robert Rossen. Nel film, Paul Newman interpreta impeccabilmente “Fast Eddie” Nelson, il giovane talento del biliardo che si prova a scalare le vette dell’azzardo al gioco, sfidando i miti del suo tempo, e ingaggiando una lotta con se stesso, con le paure che si frappongono alla sua affermazione. Di più, Eddie, sullo schermo, non poteva che essere Paul Newman, l’unico attore in grado di dar corpo a questo eroe sfacciato e inconsapevole della propria vulnerabilità, che nel corso degli eventi prova su di sé l’amaro della sconfitta, il dolore della dignità rotta e spuntata dai più forti e scaltri, per approdare infine a quell’equilibrio che nasce soltanto da un viaggio al fondo di se stessi.
Durante questa saga della scoperta, Eddie è accompagnato da diversi mentori, l’amico Charlie e il faccendiere Bert, tutti e due prodighi di lezioni e consigli perché falliti per mancanza di talento vero. E stringe un’alleanza con una donna, Sarah, sua simile dentro la gabbia della diversità e nella tendenza all’autocommiserazione, primo e più duro ostacolo alla sua realizzazione. Sarah è zoppa, ed è un’alcolizzata. Studia, e scrive, ma soffoca il suo talento dentro un fosso di vittimismo che le impedisce di risalire a galla, e di puntare in alto. Così come è incapace di credere che l’amore di Eddie possa davvero esistere, schiacciata dal terrore della responsabilità che questo implica, uscire da sé, dai propri limitati ma certi confini, per fare spazio all’altro, e a nuove, ignote e pericolose, declinazioni del proprio essere.
Tevis ha infuso nel romanzo, così come in tutte le altre sue maggiori produzioni, la forza delle sue contraddizioni, e delle sue esperienze. Ed è questa incredibile tensione che il lettore percepisce fra le pagine, e che dà ai suoi romanzi la caratura del capolavoro. Come nel caso di tutti gli altri scrittori scelti dall’editore per la collana Classics, la caratteristica di Tevis è quella d’essere rimasto nel tempo, tanto da essere eletto da tutta una generazione di scrittori contemporanei (David Foster Wallace, Rick Moody, Jonathan Lethem, Aimee Bender, Colson Whitehead) fra i “padri letterari”, pur essendo le sue opere da anni scomparse dagli scaffali delle librerie.
Così è stato anche per Richard Yates, Donald Barthelme, John Barth, Stanley Elkin (di cui a breve uscirà l’ottimo The Magic Kingdom, sempre per i tipi di Minimum Fax). La casa editrice ha quindi il pregio di riproporre in veste rinnovata (attraverso la cura delle traduzioni), e in alcuni casi di pubblicare per la prima volta in Italia, autori che sono a tutti gli effetti dei classici, non certo soltanto per anzianità letteraria raggiunta, ma soprattutto alla prova della lettura. Torniamo a Tevis, quindi, e a questo The Hustler, ben tradotto con Lo spaccone, ma che in lingua originale si porta dietro una pletora di significati complementari e aggiuntivi: non soltanto è il termine con il quale si definisce un giocatore d’azzardo, ma sta ad indicare anche una persona energica e aggressiva, qualcuno in cerca di guai e, last but not least, un marchettaro. In Eddie c’è tutto questo, all’inizio della sua storia mischiato a casaccio in dosi non omogenee, e alla fine a formare un giusto amalgama.
L’autore è infuso, come sempre accade in narrativa, in tutti i suoi personaggi, nei faccendieri falliti, nella disperazione auto-centrata e alcolica di Sarah, nell’ambizione di Eddie a lucrare sul suo talento, nell’essere alieni di ognuno di loro. Tevis, infatti, alieno lo è stato per tutta la vita. Molto malato da bambino, fu lasciato dai genitori per un anno intero da solo in ospedale all’età di dieci anni, costretto ad immobilità e all’assunzione di fenobarbital e luminal da terapie antiquate per la sua malattia reumatica al cuore. Una volta dimesso, si trovò ad essere alieno nell’ambiente rurale del Kentucky, dopo undici anni passati in città, a San Francisco. A scuola fu sempre bersaglio dei bulli di turno, per quel suo essere buffo, sgraziato e silenzioso. Vagò da una scuola all’altra senza mai trovare un amico, fino a che s’imbattè in tale Toby Kavanaugh, un ragazzo ricco che gli insegnò a giocare a biliardo.
Dopo la laurea insegna nelle scuole superiori e successivamente all’università. Durante la stesura del suo secondo romanzo, L’uomo che cadde sulla terra, così come il suo personaggio, diventa un alcolista, e la sua dipendenza durerà per diciassette anni. In quel periodo smette anche di scrivere, e non ricomincerà finché non si sarà disintossicato, nel 1975, anno in cui comincia anche a sottoporsi a psicoterapia. Tevis, anche dopo la pubblicazione di due bestseller, non si considerava affatto uno scrittore arrivato; fu visto frequentare scuole di scrittura, e dichiarava di essere “un bravo scrittore americano di secondo livello”. Ma, uscito dalla dipendenza, decise di lasciare l’insegnamento, trasferendosi a New York per dedicarsi soltanto a scrivere. Pubblica altri quattro romanzi prima di morire, ad appena 56 anni, per una crisi cardiaca. Nel suo ultimo libro, The color of money, seguito ideale per quanto molto meno riuscito de Lo spaccone, al nostro Eddie viene rivolta una battuta che getta luce sul dramma di Tevis: “Te ne sei rimasto seduto sul tuo talento per vent’anni”.
In Tevis, la scrittura, o il biliardo, o gli scacchi, sono il modo per battere una sconfitta che sta all’origine delle varie partite perse, un fallimento iniziale, quella solitudine che sia Eddie che Sarah conoscono bene, quella della diversità che li esclude, soli, dal mondo. Battere Minnesota Fats, per Eddie, significa qualcosa di più che vincere una scommessa in denaro, significa il riscatto dell’alieno dal conforme, attraverso il talento e il coraggio. Quello stesso talento, e coraggio, che è servito a Tevis per scrivere, e per restare.