Da Factory Girl a Walk the Line, da La vie en rose fino a The Edge of Love – il recentissimo biopic incentrato sulla vita e le donne del poeta Dylan Thomas — gli ultimi anni hanno registrato un vero e proprio boom del cinema biografico, meglio conosciuto come biopic-mania. Le vite d’artista, di personaggi realmente vissuti e resi immortali da un tragico destino, sono tornati così a rivivere al centro del grande schermo, e si rivelano al pubblico in tutto il loro fascino di miti di celluloide.
E proprio le dive e le icone della New York dei primi anni ‘80 e della nouvelle vague, da Andy Warhol a Jean Seberg, da Syd Barrett a Hunter S. Thompson, dai Monty Phyton a Jean Michel Basquiat sono stati protagonisti della quarta edizione del Biografilm Festival- International Celebration of Lives, primo evento interamente dedicato alle biografie e ai racconti di vita, in calendario dal 11 al 15 giugno negli spazi della Manifattura delle Arti di Bologna.
Per chi visitasi Bologna per la prima volta, trovarsi al Biograf significa anche andare alla scoperta della Manifattura delle Arti, il polo culturale sorto nell’antica area portuale della città e cornice del festival. Un percorso a tappe, il progetto della Manifattura delle Arti, culminato nel 2003 con il trasferimento della Cineteca Comunale nella sede di via Riva di Reno, ed il conseguente spostamento delle sue attività negli spazi dell’ex Macello, dove si collocano la Biblioteca, gli archivi della fotografia e della grafica, le due nuove sale del Cinema Lumiére e i Laboratori del Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università.
Poco più avanti, le fabbriche di carta dell’antico Mulino Tamburi ospitano la sede del Dipartimento di Scienze della Comunicazione; last, but not least, negli spazi che più sembrano evocare l’idea del laboratorio, la Sala dei Forni, da un anno ha aperto i battenti il MAMbo, ovvero il Museo d’Arte Moderna di Bologna. Uno spazio di dieci ettari e centomila metri quadrati, che è stato completamente riqualificato e adattato alle esigenze di una città contemporanea, e, da zona abbandonata al degrado ambientale e sociale, si è trasformata in un simbolo dell’integrazione degli interessi più diversi, un luogo di scambio e produzione d’idee, oggi fiore all’occhiello della Bologna d’avanguardia.
La location della Manifattura delle Arti si sposa benissimo con l’idea del Biograf, non solo un festival del cinema, quindi, ma una manifestazione che spazia dal cinema alla tv, dalla fotografia alla radio, dalla letteratura all’incontro con quanti le vite le hanno vissute, conosciute, studiate, amate. International Celebration of Lives è il sottotitolo scelto per un festival alla ricerca di vite da raccontare per la prima volta, ma anche di vite che meritino di essere raccontate di nuovo; nella convinzione che ogni storia di vita, celebre o meno nota, vicina o lontana nello spazio e nel tempo, reale o immaginaria, possa aiutarci a comprendere anche un po’ della nostra storia, e ad orientarci nello scenario contemporaneo.
La selezione ufficiale di Biografilm 2008, a cui hanno partecipato oltre 300 titoli, ha proposto gli esiti più interessanti e originali della produzione biografilmica internazionale. Dieci opere provenienti da sette paesi diversi, che presentano esperienze individuali o collettive, personali o esemplari, capaci di condurci all’esplorazione di molteplici universi: dagli affetti familiari alla contestazione, dal mondo del cinema alla scena artistica e musicale, dai grandi eventi della storia recente ai nodi ancora irrisolti del nostro passato più prossimo.
Alla fine, la giuria presieduta dallo scrittore Paul Collins e composta da Milena Kaneva, Erik Jambor e Milena Agostinelli, ha assegnato il Lancia Award al film franco-spagnolo Lucio di Aitor Arregi e José Mari Goenaga ovvero la rocambolesca e incredibilmente vera storia del più grande falsario di tutti i tempi, Lucio Urtubia.Un personaggio incredibile, l’uomo che ha truffato una delle banche più potenti del mondo e ha continuato a fare il muratore senza perdere nemmeno un giorno di lavoro dichiarando in tutta tranquillità: “i ladri sono le banche. Noi, la sola cosa che cerchiamo di fare è quella di ristabilire un po’ di equilibrio”. La giuria del Biograf ha premiato Lucio con la motivazione che “non solo impiega con ambizione tutti gli strumenti moderni del linguaggio cinematografico ma li applica creativamente e con eleganza: è così affascinante dal punto di vista artistico e problematico da quello morale come una banconota falsificata”.
Il vincitore del Best Life Award è il film americano Hear and Now di Irene Taylor Brodski, un’emozionante biografia a sfondo familiare in cui l’autrice racconta la straordinaria avventura dei suoi genitori, Paul e Sally, che — dopo una vita trascorsa nel silenzio — decidono di sottoporsi ad un’operazione per recuperare l’udito. Come dichiara la giuria del festival, Hear and Now “ingloba l’unico e l’universale: unico nella decisione di un’anziana coppia di chiudere un periodo di vita caratterizzato da una muta sordità e universale nel loro amore eterno nel momento in cui si sono trovati ad affrontar un profondo cambiamento nelle loro vite”.
La giuria ha inoltre riservato una Menzione Speciale al regista ed attore Adrian Grenier, già interprete di Il diavolo veste Prada, per il suo lungometraggio d’esordio Shot in the Dark, poiché “incarna il potente legame tra il processo filmico e le vite che esso rappresenta: non ultimo quella del regista stesso”.
Vincitore dell’Audience Award, Gonzo:The life and work of Dr. Hunter S. Thompson di Alex Gibney, proiettato al Biograf in anteprima internazionale. Il film, narrato da Johnny Depp, rappresenta la biografia definitiva del provocatorio, irriverente, anarchico e dissacrante reporter statunitense Hunter S. Thompson (1937-2005), l’inventore del gonzo journalism, un genere altamente autobiografico e spesso a cavallo tra realtà e pura invenzione.
Quest’anno il festival si è aperto con il gala inaugurale nella splendida cornice del MAMbo, il Museo d’Arte Moderna di Bologna. Ospite d’onore del cocktail e madrina del festival è stata la giovane regista e attrice Isabella Ragonese, nuova stella del cinema che ha saputo interpretare la vita delle giovani generazioni italiane attraverso gli occhi di Marta, la protagonista dell’ultimo film di Paolo Virzì Tutta la vita davanti. Nel corso della serata sono stati proiettati tre preziosi cortometraggi animati dedicati alla città di New York: Miss Glory, The Mouse on 57th Street e Mouse in Manhattan.
Evento centrale del festival, è stata proprio la ‘biografia’ della città di New York nei primi anni ‘80, scenario di una stagione culturale indimenticabile, ripercorsa attraverso gli occhi del fotografo ticinese Edo Bertoglio e i tanti omaggi alla Factory. A partire dalla mostra “New York Figurines 1978-82”, che ha presentato alcuni degli scatti più belli della collezione “Figurines” di Edo Bertoglio. Le foto, scattate tra il 1977 e l’82 sul tetto del suo loft nel quartiere del Lower East Side, ritraggono dieci giovani donne protagoniste della downtown scene newyorkese, dall’art-director e fotografa Maripol, allora compagna di Bertoglio, alla nota cantante del gruppo Blondie Deborah Harry, da una giovanissima Robin Wright Penn alla famosa designer di moda Anna Sui; la mostra è stata allestita sui cartelloni pubblicitari sparsi lungo le strade della città per rispettare l’originario contesto urbano.
Di Bertoglio, il festival ha presentato anche due interessanti film biografici, Downtown ‘81 e Face Addict. Il primo, scritto da Glenn O’Brien e prodotto da Maripol, dipinge l’inizio della carriera di Jean-Michel Basquiat, interprete centrale della downtown scene della fine degli anni ‘70 e primi anni ‘80 a New York ed è l’unico film con protagonista il ‘vero’ Basquiat.
Face Addict è il nostalgico viaggio di ritorno a New York dopo vent’anni sugli stessi luoghi, alla ricerca della comunità di artisti che si autodistrusse con l’eroina. Le atmosfere, i volti, le feste della New York di allora sono stati anche al centro di un incontro con lo stesso Edo Bertoglio, insieme a Maripol e Walter Steding, interprete di Face Addict e assistente di Andy Warhol negli anni della Factory, che hanno guidato il pubblico attraverso i grattacieli di Manhattan nel corso di uno slide show.
La musica resta l’altro filo conduttore del Biografilm, con al centro l’omaggio dedicato a Syd Barrett, ‘il diamante pazzo’ fondatore dei Pink Floyd ritiratosi all’apice del successo per problemi dovuti all’abuso di Lsd. Una lunga storia la sua, fatta di musica, ricognizioni tecniche ed espressive, ascese, viaggi e cadute, intuizioni geniali e transitorie mancanze di consapevolezza. L’appuntamento ha preso il via con l’affollatissimo incontro alla presenza del Gotha del giornalismo musicale, come John Vignola di “Il Mucchio Selvaggio”, Luca Ferrari, autore di diverse monografie sui Pink Floyd, e del nipote di Syd Ian Barrett, nel corso del quale è emerso un ritratto privato dell’artista, ex studente di storia dell’arte il cui grande amore, oltre alla musica, era la pittura.
Il festival si è concluso con l’attesa proiezione del film di Peter Whitehead Pink Floyd London ’66-’67, un collage di tre diverse esibizioni dello storico gruppo, seguito dal film di John Edginton The Pink Floyd & Syd Barrett Story che racconta la vita del ‘cappellaio matto’ attraverso le testimonianze degli amici e dei collaboratori più stretti. La serata dedicata a Syd Barrett ha visto la sala del Cinema Lumiére riempirsi all’inverosimile, e moltissime persone non sono riuscite ad entrare. Un autentico rito di celebration of life, che testimonia dell’affetto ed interesse sempre vivi nei confronti di un personaggio enigmatico, destinato con la sua vita controcorrente a salire nell’Olimpo del rock.