Se pensiamo a una satira pungente, dissacrante, a volte triviale ma sempre divertentissima, il primo esempio che viene alla mente è Il Vernacoliere. L’ultradecennale rivista di fumetti (e non solo) ha varcato ormai le soglie della sua città-musa (Livorno) per espandersi prima in tutta la Toscana e poi in gran parte dell’Italia centro-settentrionale (senza contare gli abbonati da tutta la Penisola e oltre). Alcuni personaggi nati sulle sue pagine sono diventati dei versi cult e i loro giovani autori, sotto lo sguardo paterno del direttore Mario Cardinali, hanno potuto crescere e maturare. Proprio dal punto di vista stilistico, del tratto, delle chine, alcune serie non hanno niente da invidiare al fumetto cosiddetto “d’autore” che possiamo leggere su riviste blasonate come Linus. Penso, per esempio, alle tavole di Daniele Caluri e ai suoi molti personaggi, tra cui spiccano Fava di lesso, Luana la bebisitter e il caustico e spietato Don Zauker.
La cultura enciclopedica e la formazione erudita traspaiono invece nelle strisce di Federico Sardelli che però riservano sempre deliziose svolte verso il grottesco e l’assurdo: Il mago afono, Il bibliotecario, Le Madonne sono solo alcune delle sue fulminanti strisce.
Fra i vari autori del Vernacoliere, non ho citato questi due a caso, l’ho fatto perché mi è capitato di incontrarli in una performance dal vivo presso il circolo Hochiminh di Pistoia. In occasione delle “Settimane sociali”, che hanno visto sfilare anche nella città di Vanni Fucci (cfr. Dante, Inferno, canti XXIV-XXV) il cardinal Bagnasco con tutto il suo codazzo, sono state infatti organizzate una serie di iniziative tese a sottolineare i privilegi di cui gode la Chiesa e a rimarcare la laicità che dovrebbe caratterizzare l’operato delle istituzioni tutte. Fra queste, anche la serata dal titolo “Boia dé, ma siamo tutti cèi?!” alla quale erano invitati, appunto, i suddetti Caluri e Sardelli. Lo spettacolo, che potremmo definire satirico-multimediale, ha visto i due fumettisti alle prese con una materia ibrida a metà strada tra lo sketch, la poesia e la video-rappresentazione. Quest’ultima era composta da filmati auto prodotti, a tratti esilaranti, che vedevano gli autori improvvisare fantomatiche interviste realizzate in presa diretta con le persone di strada di Livorno.
Alle domande, relative alle più svariate tematiche socio-ecclesiastiche (fecondazione assistita, coppie di fatto, pedofilia ecc.), non potevano che seguire le dissacranti e pungenti risposte tipiche dello spirito labronico. È stato come vedere prender vita, sullo schermo, quelle vignette e quei personaggi che abitano le pagine del Vernacoliere. Una sorta di materializzazione di topos fumettistici o, per rimanere in tema, una sorta di “presepe vivente”.
Fumettisti in tournée quindi, ma che lasciano a casa il classico armamentario di chine e tavole. Caluri e Sardelli si cimentano in forme rappresentative diverse da quelle di loro stretta competenza, ma non poi tanto dissimili in quanto a spirito critico e mordace ironia.
Abbiamo colto l’occasione per fare alcune domande a Daniele Caluri.
Simone Piazzesi (SP): Vi capita spesso di fare serate in giro per locali, circoli et similia presentando le vostre creazioni multimediali?
Daniele Caluri (DC): In effetti sì. Per anni abbiamo girovagato con tutto il carrozzone del Vernacoliere, Mario Cardinali in testa, a presentare i suoi monologhi e le nostre vignette proiettate su schermo e le canzoni vernacolari di Pardo Fornaciari e Paolino Piazzesi. Poi ognuno ha proseguito per i ca… ehm, seguendo la propria sensibilità d’autore.
I Paguri (PAGani+calURI) hanno iniziato la loro attività scrivendo uno spettacolo che hanno portato in scena, nel 2006, alla Festa del Vernacoliere a Livorno: il Don Zauker Talk Show, mix di satira live e filmati che si beffano di pubblicità e salotti televisivi.
Il successo è stato tale che ci ha spinto a replicarlo a Lucca Comics nello stesso anno (le cui riprese sono state montate in un dvd che sarà disponibile a breve) e in altre città come Padova, Verona, Sansepolcro, Follonica. Perfino Pisa, pensa un po’.
Nel 2007 ne abbiamo scritta una nuova edizione, già portata in scena a Livorno, Calci, Pistoia e prossimamente Bologna e Milano.
SP: Pensi che quest’attività sia qualcosa di diverso dal fare fumetti o in qualche modo le due cose si integrano?
DC: Se la parola “fumetti” s’intende in senso generico, be’, sì, è parecchio diverso. Ma i fumetti citati sono quelli che faccio per il Vernacoliere, allora le cose cambiano.
Come sostengo da tempo, per me Luana, Don Zauker, Fava di Lesso, ecc… sono una fantastica valvola di sfogo, che mi permette di trovare un personale equilibrio fra il serio del mestiere che faccio e il faceto/critico/cinico/comico/carogna di cui tutti abbiamo bisogno. In questo senso, le due cose non solo si integrano, ma possono essere considerate due mezzi diversi per uno stesso fine.
SP: In questo tipo di serate fai sempre coppia con Sardelli?
No, la coppia (rigorosamente eterosessuale, beninteso) la faccio con Emiliano Pagani; quella con Sardelli è stata un’improvvisata. Con Federico ci frequentiamo da anni, ma non abbiamo mai fatto serate insieme prima di quella a Pistoia. Credo sia dovuto alla distanza, purtroppo: se abitassimo nella stessa città sicuramente ne verrebbero fuori delle belle, e molto più spesso.
SP: Se invece di essere nato a Livorno fossi nato a Cuneo per esempio, pensi che avresti fatto ugualmente il fumettista satirico?
DC: Domandaccia. Certo, alcuni ambienti possono creare un humus favorevole, e in questo senso lo spirito ancestralmente dissacratorio della gente di Livorno mi ha aiutato.
Ma la satira è un particolare esercizio critico dell’intelligenza, che spinge una persona a non bere tutto ciò che gli viene propinato dall’alto, ma anzi a cercare la macchia, la colpa, la malafede e smascherarla con una risata caustica. Dev’essere necessariamente cattiva e irriverente, e ovviamente non dipende dal luogo di nascita: per me il più grande vignettista satirico italiano è Altan, che è trevigiano.
SP: Collabori anche con testate famose e autori affermati a livello nazionale: che differenza c’è fra disegnare per il Vernacoliere o per la Bonelli?
DC: Fa un bel po’ di differenza, da tanti punti di vista. Come ho detto poco fa, i fumetti che faccio per il Vernacoliere sono la mia valvola di sfogo; la rivista più che una pubblicazione è una linea di pensiero, condivisa da autori e lettori. Lì la libertà d’espressione e opinione è limitata solo dal codice penale, e lo stesso vale per i contenuti, urlati sfacciatamente ogni mese su quelle 32 pagine.
Alla Bonelli la cosa è diametralmente opposta: lì ci sono parametri da rispettare, che non sono solo di carattere contenutistico. C’è di mezzo un lavoro serio e molto complicato, che prima mi era sconosciuto: la ricerca della documentazione per i luoghi, i personaggi, i costumi, le strutture; l’uso del bianco e nero, la veridicità del disegno. Ho imparato un mestiere. Anzi: sto ancora imparando un mestiere.
SP: La serata all’Hochiminh, per il suo misto fra poesia, satira, e gag varie, mi ha ricordato gli spettacoli del tuo concittadino Bobo Rondelli? Che ne pensi?
DC: Ho avuto modo di vedere un concerto di Bobo solo un paio di volte e, per il poco che posso dire, ho apprezzato molto. È davvero un animale da palcoscenico e, soprattutto, è uno degli ultimi toscani genuini, senza peli sulla lingua, cattivi e feroci come purtroppo non siamo abituati a vedere più.
Non sperate di trovare la toscanità nelle commediette al cinema, vi prego.
SP: Per la serie “A chi vuoi più bene, al babbo o alla mamma?”: qual è il tuo personaggio a cui sei più affezionato?
DC: Sai come rispondevo a chi mi faceva questa domanda, da piccolo? No, per questa volta no, via. Voglio essere sobrio ed elegante.
È difficilissimo, perché sono tutti una parte di me ed escluderne uno mi farebbe male.
Però… forse è Maicol quello a cui mi sono affezionato di più: è una palla di odio e adipe, lo posso plasmare come Pongo e nonostante sia un bambino gli faccio dire e fare cose spaventosamente agghiaccianti. Come non amarlo?
SP: Mai pensato di trarre un cartone animato dai tuoi personaggi? Se sì, quale pensi si presterebbe meglio all’operazione?
DC: Graficamente Nedo, ma il meccanismo dell’iterazione lo renderebbe ripetitivo in breve tempo. Probabilmente, ancora una volta, Luana e Maicol: l’iterazione li porterebbe a diventare una sorta di Looney Tunes, solo un pochinino più cattivi.
SP: Per concludere: se Don Zauker si trovasse in udienza privata con Papa Ratzinger, che gli direbbe? Attento alla risposta, non mi farmi scomunicare!
DC: Coincidenza! Questa è una delle domande del Don Zauker Talk Show: nel filmato di un finto sondaggio il presentatore, ad una domanda simile, riceve una risposta che non si sa se sia rivolta direttamente a lui o all’oggetto della domanda. Che è questa: “Se avesse la possibilità di trovarsi di fronte al Santo Padre, che cosa gli chiederebbe?”, risposta: “Che cazzo vuoi?”.