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Due anni fa, in occasione della mia prima esperienza al Lido, avevo realizzato un backstage con l’intento di raccontare le sensazioni e le emozioni del primo impatto con IL festival del cinema.
Per un appassionato della settima arte, avere la possibilità di vedere in anteprima mondiale l’opera di un regista stimato e idolatrato, è un’emozione unica; come Wimbledon o il Superbowl per gli sportivi, Natale o Carnevale per i bambini.
Quest’anno, invece, ho vissuto Venezia come una piacevole abitudine, muovendomi con disinvoltura tra proiezioni, conferenze e interviste rubate. Due anni t’insegnano che le attese vanno vissute come momenti di pausa e che non è necessario fare un piano della giornata prestabilito; spesso le cose migliori (film o incontri) avvengono quando meno te lo aspetti, in modo inusuale e sorprendente.
Ho voluto quindi provare a realizzare un video sperimentando due differenti approcci percettivi. Da un lato ho seguito l’occhio di chi, curioso e frenetico, si trova al festival di Venezia per la prima volta, dall’altro c’è chi già conosce la strada da percorrere, dove sono le curve e a che velocità bisogna prenderle.
Lo spunto per quest’idea è arrivato pensando al mio compagno di viaggio, Rocco Riccio. Giovane regista torinese, Rocco, mi ha dato la possibilità di analizzare da una prospettiva differente dalla mia l’impatto che crea il festival.
Se di critici o aspiranti tali il lido abbonda, di registi e tecnici se ne vedono sempre meno. La mancanza di uno spazio adibito al mercato, un luogo in cui incontrare le case di distribuzione e gli agenti, ha reso inutile il soggiorno di molti professionisti del settore, giovani registi e documentaristi in primis. Rocco, amante del cinema ma non della critica, ha dovuto misurarsi così con un mondo che solitamente teme, quello dei giudizi e delle critiche di chi, per davvero, si sente per indole o dovere, spinto a raccontare e commentare la creatività degli altri. Il suo è stato un percorso di avvicinamento timoroso e guardingo (l’attesa e le battute sulla pellicola di De Oliveira ne sono un genuino estratto) che, grazie alle discussioni con altri nostri compagni di viaggio lo ha avvicinato a comprendere il subconscio del critico.
All’interno della riflessione sulla critica ho voluto anche inserire un gioco (perverso) di (non)critica cinematografica. La parola, l’arma a doppio taglio nell’analisi filmica, può essere anche sfruttata per mascherare un giudizio; così una critica può risultare autentica anche se l’autore pensa l’opposto o ancora peggio non ha visto il film. Naturalmente il nostro è stato solo un gioco, ma ci ha permesso di affrontare con ironia quello che è il dilemma del pubblico che non ama la critica: quanto questa è autentica? La risposta è semplice: la passione è il motore di questo mestiere e del parere del critico bisogna fare tesoro, per comprendere meglio il cinema e per sviluppare un proprio giudizio o gusto personale.
Perché per un critico un film di Todd Haynes non è solo una pellicola.
I registi italiani a Venezia sono come la nazionale di calcio ai mondiali.
E la prima settimana di settembre è la più bella dell’anno.
Tommaso Caroni