Qualcuno di voi lo avrà notato già da parecchi mesi. Fa la sua bella comparsa assieme ad altri link che, nel cosiddetto footer di ogni nostro articolo, rimandano ad altrettanti progetti editoriali di cui la nostra associazione è progenitrice. Mi riferisco a quel AudioDrome, affiancato da FuciNews e FucineCorti.
Su questi due ultimi avrebbe pur senso in questa sede discutere, se non altro per anticiparvi le novità che a breve riguarderanno lo sviluppo di entrambi. Ma mi riservo le occasioni che altri editoriali mi offriranno per aggiornarvi in tal senso. E quindi, frondate le ali, resta il centro – e non è un caso che quel “drome” in cui (s)corre l’audio si collochi tra il testo di FuciNews e il video di FucineCorti.
Ma questa, ripeto, è un’altra storia.
Quella, per contro, di cui scriverò oggi nacque giusto un anno fa, o giù di lì.
Tal Fabrizio Garau (che per voi, nostri lettori, non ha bisogno di presentazioni, tutt’al più di un link) mi chiese, rivolgendosi a queste nostre Fucine che egli ben conosceva anche al di là delle frequentazioni più strettamente legate alla sua attività di redattore, se me la sentivo di prendere in mano un altro progetto editoriale che a quel tempo, da altro tempo ancora già moriente, stava veramente esalando l’ultimo respiro.
Si trattava della (peraltro ben nota) webzine HMP – Heavy Music Portal, della quale lo stesso Fabrizio era stato, già da parecchi mesi prima della chiusura imminente o comunque preannunciata, solerte collaboratore. Purtroppo, pur in presenza di una redazione nutrita, di contatti interessanti, di visitatori cospicui e di un nome costruito nel corso di anni interi d’attività costante e continuativa, il progetto in sé non poteva più esprimere le sue potenzialità, poiché quella che ne era stata mente creativa, capace di rappresentarlo a tutto tondo – dalla gestione dei rapporti con l’esterno, il coordinamento di quelli interni, fino alla curatela editoriale, anche in senso strettamente informatico -, aveva deciso di chiudere i giochi, sparigliando sul tavolo verde un desolante due di picche e determinando la chiusura di una rivista on-line con decine di contributi settimanali, migliaia di articoli ed una community che constava allora di altrettanti utenti.
Alla proposta di prendere in mano le sorti ormai già segnate di quella testata, da queste parti risposero positivamente il sottoscritto, mai stanco di accettare nuove sfide, ed anche Serena Smeragliuolo, nostro presidente e caporedattore. Io mi sarei occupato di un lavoro sistemistico consistente nell’installazione della nuova piattaforma editoriale e nella successiva personalizzazione di tutti i suoi servizi di comunicazione, e Serena, per contro, avrebbe ideato la nuova interfaccia grafica complessiva, disegnando logo della testata e layout delle sue generiche pagine. E fu così che nel giugno del 2006 AudioDrome prese vita.
Seguirono settimane intere di prove, ottimizzazioni, perfezionamenti e poi soprattutto parecchi mesi per l’imponente lavoro di travaso dei vecchi contenuti, del quale lo stesso Fabrizio Garau si è fatto carico in via del tutto esclusiva, con la correzione di svariate migliaia di articoli, recensioni, interviste e loro contestuale reimpaginazione integrale.
A dirla così, riportata nella suesposta manciata di righe, sembra che quella appena descritta sia stata una passeggiata. Probabilmente lo è stata per chi ha deciso di chiudere baracca e burattini con un semplice click del mouse, quando ha ritenuto che [cit.] “l’unica ambizione e ragion d’essere dei sogni” fosse “quella di vedere la luce e non dissolversi alla sua comparsa, così da prender vita, eterna, nella memoria”.
Per noialtri, che ben altre passeggiate ci siamo fatti con migliaia di click del mouse atti a costruire e non a distruggere, la ragion d’essere di quegli stessi sogni non stava nel far prendere loro una vita che fosse imperitura da una parte ed altrettanto eterea dall’altra (nella memoria, addirittura).
Ci siamo quindi accontentati di una vita meno eterna (un sito nasce, vive e pur’anche muore; parimenti un sogno, se ci pensate) e di una memoria più banalmente materica: quella di un server, di un disco rigido, di un nastro di backup, di un chip, se proprio volete. Una memoria al sapor silicio, non carbonio.
Di ciò che ad oggi, dopo meno di un anno di presenza on-line, sia diventato AudioDrome preferisco siano a riferire persone altre da me medesimo. Meglio ancora se queste persone sono rappresentate da quelle informazioni ufficiali, a dir il vero assai spersonalizzate, elaborate su base statistica a partire dai dati che il server scrive pedissequo ogni volta che un singolo utente si collega al sito.
Lo ho già fatto per Fucine Mute una volta e non vedo quindi per qual motivo non debba farlo anche adesso: dal settembre 2006 al maggio 2007 (fino alle ore 23:59:48, non un secondo in più!) si son collegati 625.253 visitatori, che, alla media di 2.290 al giorno, si son letti la bellezza di 2.654.326 pagine.
Poco senso avrebbe adesso calarsi nell’analisi approfondita di tutta l’enorme mole di dati riportati in quelle statistiche. E per due buoni motivi. Primo: non mi chiamo Renato Mannheimer e ritengo pertanto che ogni persona con pur’anche un minimo di capacità logico-inferenziali sia in grado di astrarre autonomamente i concetti che derivano dalla valutazione quantitativa dei dati con essi rappresentati (come si sul dire: “ogni commento è superfluo”, meno quello di chi commenta da sé e per sé); secondo: se iniziassi la disamina delle implicazioni derivanti dall’aggregazione di dati intercorrelati, allora non solo dovrei riempire altre pagine di questo editoriale con righe e righe di un testo che non apporterebbe contenuto informativo ulteriore a quello di cui già disponiamo, ma sortirei l’effetto opposto di rendere analitico un lavoro che ha piena ragion d’essere nei termini in cui esso sia compiutamente sintetico. Paradossalmente, e giusto per essere oltremodo chiari: potrei trascrivere le milioni di righe – così come prese dai file di LOG, così come scritte dal server ad ogni singola richiesta di accesso ad una risorsa di AudioDrome – raggiungendo forme di analisi non ulteriormente dense… Ma allora che senso avrebbe avuto tutto il lavoro necessario alla costituzione del report, prodotto della decimazione di tutte quelle milioni di righe, ridotte a numeri incasellati in tabelle riepilogative?
Tuttavia una licenza me la prendo, e lo faccio a proposito delle statistiche di accesso afferenti ai soli file, ovvero a quegli oggetti informatici rappresentativi delle risorse fisiche che AudioDrome mette a disposizione dei suoi visitatori, umani o meno che siano.
Se date un’occhiata al report in questione allora noterete una che il file robots.txt vede un incremento costante e continuativo delle volte in cui esso è stato richiamato da qualcuno, vedremo presto chi. Questo file è molto importante, poiché in esso sono contenute le informazioni delle quali si avvalgono gli spider dei motori di ricerca quando essi periodicamente scandagliano la struttura informativa di un generico sito Internet.
Ebbene, il fatto che dal settembre del 2006 ad oggi il numero di accessi a quel file sia più che triplicato in modo lineare, ovvero crescente e continuativo, è indice di come i vari motori di ricerca, Google in primis, siano stati sempre più presenti nei loro “ritorni”, avendo tutti quanti ritenuto che la presenza di aggiornamenti periodici, la crescita dei referenti esterni e l’incremento dei tempi di permanenza sul sito, fossero di per sé situazioni che giustificavano ulteriori passaggi al fine dell’accrescimento dei loro indici.
Per farla breve: un sito Internet morto, non aggiornato, con contenuto sempre identico a se stesso, è un sito che non fa gola né alle persone in carne ed ossa, né ai robot dei motori di ricerca, che non solo in questo dimostrano un’umanità tutta loro, cosa che per certi versi preoccupa (del resto io penso che Google sia un essere umano vivente, che come pochi altri riesce a comprendermi dandomi ciò che voglio).
Il fatto che così non sia – e che a dirlo non sia io, ma il risultato di milioni di analisi spassionate, asettiche ed obiettive – la dice lunga su quanto quello di AudioDrome stia profilandosi come un successo editoriale al di là delle più rosee aspettative.
Il mio grazie – ché fa piacere aver firmato in parte questo successo – a tutti i redattori, ovvero a tutti coloro che non si sono arresi alla dinamica (rectius: statica) dei sogni congelati in memorie eterne ma che, rimboccandosi le maniche, con il loro lavoro quotidiano, stanno portando avanti questa veramente bell’avventura.