C’è uno strano rumore
nella mia testa
che mi fa vivere
al contrario, rinchiuso
in un angolo
della stessa stanza
di quando ero
ancora bambino

Immagine articolo Fucine MuteNon è vero che da bambini si è più felici. Ci sono bambini che restano segnati. Ci sono infanzie che non finiscono mai, stanze dalle quali non si esce, ricordi che persistono, nodi che non si sciolgono. In qualcuno c’è un mondo a sé stante, dal quale un po’ non riesce a scappare e un po’ non vuole, perché l’altro mondo, quello delle persone normali (?), non è un cazzo bello e fa male (Suonano alla porta, se rispondo mi frantumo, quindi resto qui). Qualcuno, per qualche motivo, riceve questo non-dono, e non cambierà mai. Poi escono dei dischi come Un mondo in me e uno pensa che sia davvero immorale possedere qualcosa di così bello, proveniente però da tanto orrore quotidiano. Per fortuna, morale e arte sono distinte.

Com’era prevedibile, oltre che auspicabile, i Canaan hanno cercato di fare un disco con Gianni Pedretti dei Colloquio, che aveva preso parte con la sua voce, e una volta anche con un suo testo, agli ultimi due album del gruppo di Mauro Berchi. I Canaan possiedono una personalità spiccata, come si vede immediatamente dai cinque dischi da loro pubblicati e dalla loro ricchezza di linguaggi (dark/wave, ambient) che non diviene confusione ma diverso modo di esprimere pochi invariabili stati d’animo. I Colloquio sono una band wave (un po’ ricorda gli altri italiani Le Masque e un po’ i Depeche Mode) che rimane impressa per i testi in italiano e per la loro “autorialità”.

Un mondo in me non sono i Canaan con Gianni che canta, bensì i Canaan e i Colloquio che provano a fare qualcosa insieme. Il suono liquido della chitarra e quello delle tastiere lasciano sempre intuire le influenze dark, quindi permettono collegamenti ad almeno uno dei due progetti originari, ma la sezione ritmica è stravolta, decostruita in studio e resa spezzata e soffocante, tanto da divenire uno dei tratti nuovi, caratterizzanti e memorabili del disco: una diversa e sfiancante pesantezza, che contribuisce molto a colorare tutto di grigio. Le stesse canzoni possono essere percepite come tali solo in senso lato, soprattutto grazie alla presenza carismatica di Gianni, perché la loro forma — anch’essa decostruita — non è mai quella classica: si ha la sensazione di essere di fronte al cantautore, ma non è (solo) così.
Per chi segue i Canaan la cosa non è del tutto sorprendente, alla luce dei nuovi metodi compositivi adottati con The Unsaid Words. Succede dunque un evento rarissimo: si sa dove collocare il lavoro, si sa chi lo compra, chi ne parla, ma non si riesce a citare una somiglianza e nulla sembra già detto da altri. Ogni brano è la parte di un tutto inscindibile e tragico, di conseguenza sarebbe inutile citarne uno in particolare che sia rappresentativo dal punto di vista testuale o musicale, ma è certo che i due scelti per il download siano tra gli episodi forti di Un mondo in me. Solo un consiglio: dopo che li avete scaricati, non accontentatevi e procuratevi anche il disco.