FucineMute incontra Corso Salani, uno dei registi indipendenti italiani più interessanti.
Ha presentato all’Alba infinity film festival la sua ultima opera, lo abbiamo incontrato prima della proiezione.
Tommaso Caroni (TC): Il suo ultimo film si chiama Il peggio di noi. Cosa ci puoi raccontare a pochi istanti dalla presentazione in sala?
Corso Salani (CS): È un film in realtà di montaggio, ho riutilizzato immagini dei miei due film precedenti e le ho rimontate seguendo una specie di testo, di diario scritto dopo l’ultimo film che ho realizzato. Per cui in realtà è una via di mezzo tra un film e un documentario, è un film dal genere un po’ indefinibile, anche qui al festival non hanno saputo trovare bene una definizione.
TC: Il suo è un cinema molto personale, difficile da posizionare nel panorama cinematografico italiano. Lei come giudica la sua filmografia?
CS: Io mi sento soddisfatto di quasi tutto quello che ho fatto, non mi sento però particolarmente legato alla cinematografia italiana, ma non per sufficienza, ho scelto da tempo, mi è venuto naturale, filmare, spesso fuori dall’Italia, situazioni non italiane e anche in lingue straniere.
Credo che il cinema, e in particolare certi film, ti diano la possibilità di occuparti di tante cose da cui magari staresti lontano, penso che valga la pena sfruttarle le occasioni.
TC: A proposito di una delle sue tematiche principali che è il viaggio, le volevo chiedere se secondo lei è una situazione in cui il cinema si sposa oppure è solo il suo modo di esprimersi?
CS: Si, questo l’ho sentito e letto spesso, io in verità di film di viaggio ne ho fatti solo due, negli altri casi sono stato io a viaggiare, ma per andare a filmare storie che in realtà sono stanziali. Io ho bisogno di muovermi, di cambiare assolutamente vita nel momento in cui devo filmare qualcosa, una storia mi è impossibile ambientarla nei posti che conosco e in cui vivo, perché filmo sempre un’esperienza così totalizzante che ho bisogno che sia un episodio completo, un impegno e una vita per quel momento singolare.
TC: Un’altra delle sue tematiche principali che poi si vede essere anche esterna al film è quella dello scrivere. Lei tiene sempre dei diari, il ricordo però non è una cosa scritta ma immaginata, quindi in teoria anche più facile da rappresentare nel cinema, sbaglio?
CS: Io storie che riguardano personalmente me, pezzi di vita personale, non le ho mai filmate, però ogni scena che scrivo e che filmo si basa su delle immagini magari anche slegate fra loro. È un’altra possibilità che ti da il cinema quella di fermare, speri per sempre, momenti o immagini che hai visto, e quindi di non lasciarli restare ricordi ma di dar loro una vita che possa andare avanti nel tempo.
TC: Lei ha interpretato da protagonista i suoi primi film, poi i suoi protagonisti sono diventati femminili, ha scritto delle storie che non voleva interpretare come protagonista o invece ha prediletto posizioni femminili perché voleva protagoniste femminili?
CS: Nei miei primi due film ero protagonista voluto, poi mi sono un po’ annoiato. Mi è interessato sempre meno affrontare una storia dal punto di vista maschile, ma non essendo capace per gelosia di avere attori protagonisti maschili mi auto sceglievo sempre, poi i personaggi maschili sono andati sempre più a scomparire perché ormai le storie nascono in me direttamente al femminile, per protagoniste che cerco in seguito. Questo è un passaggio bellissimo: scrivere qualcosa per qualcuno che magari non conosci e dare poi il film a questo qualcuno, affidandoglielo senza gelosie e competizioni, dargli una storia che è parte di te.
Nel caso di personaggi maschili per me sarebbe difficile, perché si instaurerebbe comunque un rapporto di involontaria competizione mentre sulle attrici mi è un pochino più facile e semplice.
TC: Lei ha diretto e realizzato i suoi film in maniera molto indipendente, poi gli ultimi due sono stati prodotti dalla Pablo che secondo me è stata una bella realtà del cinema italiano, a differenza dell’autogestione totale come è andata la collaborazione con Arcopinto?
CS: Purtroppo non sono della tua stessa opinione sulla Pablo, quindi preferisco non parlarne. L’unica cosa positiva è che non c’era nessun tipo di struttura né di controllo da parte loro, mi è stata data totale libertà, anche se soprattutto sul secondo film ero stato lasciato a metà, quindi sono intervenuto io personalmente ed è stato più facile avere la libertà…
TC: Lei è un regista però è anche un grande attore, penso ai film di Marco Risi per esempio, io personalmente l’ho scoperta prima come attore che come regista…
CS: Come tutti…
TC: Volevo chiederle se il suo resta comunque un approccio al cinema da regista, lei vuole fare il regista e fa film d’attore solo quando glielo chiedono oppure la stimola essere diretto da qualcun’altro?
CS: Io partecipo poco e soprattutto partecipo a film che mi interessano, su storie a cui sono affezionato. Non ho ne il fuoco sacro della recitazione ne partecipo a provini. Se mi chiamano e la cosa mi piace accetto, quando lavoro per altri tengo sempre a lato il fatto che io faccio film, mi metto sempre a disposizione, non mi viene mai neanche in mente come filmerei o penserei una scena. Sono come due lavori diversi, credo di mettermi a disposizione come spero sempre i miei attori si mettano a disposizione quando li chiamo io.
TC: Lei spesso segue anche una distribuzione indipendente, non è semplice riuscire a recuperare i suoi film. Quest’ultimo lo porterà in giro come i precedenti nei cineclub, anche solo nelle grandi città per presentarlo?
CS: Ma questo in realtà non so che vita possa avere, è un film molto particolare che io avevo bisogno di girare, che volevo fare e che non so se avrà mai una distribuzione, per me era importante farlo e quindi il passo fondamentale è stato fatto, poi per il resto si vedrà.