Nel 2006 parlare di black metal significa non essere ascoltati. L’interesse del pubblico è quasi del tutto scemato, perché è troppo facile ormai associare il genere solo a violenza gratuita, satanismo adolescenziale, nazismo e allo sfruttamento commerciale che ne è seguito: per un periodo aveva venduto bene, grazie a vampiri di plastica e a malvagi di pezza. Nei primi anni Novanta questo stile è stato un tentativo quasi punk di radicalizzare ulteriormente una scena estrema piuttosto statica, perciò le conseguenze sono state quelle più comiche dei giorni nostri, ma non solo: alcuni hanno (ri)trovato la capacità di lasciar perdere i tecnicismi in favore delle atmosfere, in più hanno potuto riscoprire le proprie radici (il discorso sul paesaggio norvegese, ad esempio), senza per forza aderire a ideologie di destra. Pur non inneggiando a Hitler e a Lucifero, nel 2004 i Peccatum ancora s’ispiravano a Kittelsen e lo stesso discorso vale ancora oggi per i Solefald.
Per coloro che suonano black metal nei Negurã Bunget, formazione attiva dal ’95, l’atmosfera costituisce la ragion d’essere della musica. Poiché sono rumeni, la riscoperta delle radici (e del paesaggio) significa per loro riappropriarsi di un’identità calpestata da invasioni straniere e dall’uniformante e spersonalizzante regime sovietico. Certo si percepisce il pericolo di una deriva conservatrice, ma i loro album al momento possono solo colpirci per la loro poesia, simile a quella del connazionale Lucian Blaga, incentrata sulla natura e sul suo mistero. È proprio il mistero la forza del gruppo fondato da due ragazzi che si fanno conoscere attraverso gli pseudonimi di Hupogrammos Disciple’s e Negru: “Negurã Bunget” significa — con una certa approssimazione — foresta nebbiosa, ed è di quest’oscurità sacrale (i sacerdoti viaggiano nella nebbia, con significati lisergici annessi) che si nutre la loro piccola “leggenda” all’interno della scena underground. La foresta, simbolo dell’irrazionale, è il rifugio di queste persone, che vi cercano una sorta di mistica pace e di purificazione interiore: quest’ultimo è il tema di fondo della loro recente fatica, dal titolo “Om”, cioè “uomo”. Ecco dunque che accanto al black metal — massima espressione di irrazionalità — troviamo un lavoro di ricerca sulla musica tradizionale, basti ascoltare il flauto in “Cunoasterea Tacuta”, che è esempio perfetto di fusione tra elettrico e organico, e in “Hora Soarelui”, ovverosia la “danza del sole”, una danza folk rumena appunto, per non parlare poi di come ci atterriva e affascinava il suono del corno sull’album precedente, dal titolo “‘N Crugu Bradului”. Qui però soprattutto le percussioni di “Norilor”, nel loro essere così primarie e terribili, ci calano subito in un medioevo della mente: Sephiroth e altri progetti della Cold Meat Industry pagherebbero per avere simili risultati, tra l’altro probabilmente non ottenuti attraverso artifici elettronici, ma con la collaborazione di altri musicisti locali. Di sicuro la componente folk è uno dei massimi punti di forza di “Om”, per come lo rende vario e completo, di fatto maturo nel suo essere collocato in una dimensione atemporale.
Per quanto riguarda invece l’aspetto strettamente metallico, il punto di riferimento sembra essere stato il capolavoro “In The Nightside Eclipse” degli Emperor: riff lunghi e ipnotici uniti a tastiere semplici e minimali, ma avvolgenti fino a saturare il nostro ascolto, come accade in “Cel Din Urma Vis” o nella parte finale di “Tesarul De Lumini”, una delle vette dell’album, col suo crescendo indescrivibile. È sempre atmosfera, è ancora misticismo. Hupogrammos Disciple’s piega la sua voce alle esigenze narrative dell’album, affinché sia le parti recitate sia le tipiche grida inumane, piuttosto che il più classico cantato pulito, siano all’altezza del racconto. È curioso — ma in realtà si torna sempre a quell’oscurità di fondo — come si possa rimanere affascinati da parole delle quali non si conosce assolutamente il significato, perché i Negură Bunget non possono che esprimersi con la loro lingua madre.
Encomiabile la scelta pubblicare “Om” insieme a un dvd con dei clip che ci mettono a disposizione le immagini di quella natura celebrata dal gruppo e con un’intervista utile a comprendere meglio un mondo sul serio distante dal nostro.
Nel 2006 parlare di black metal significa non essere ascoltati. Spiace moltissimo (quasi) solo per i Negură Bunget.