In concorso al Trieste Film Festival Il re dei ladri di Ivan Fila, ha riscontrato i favori di buona parte del pubblico, senza riuscire comunque ad assicurarsi neppure un premio. Il regista ci apre uno scorcio su una delicata ma allo stesso tempo dura storia di vita vissuta da dei poco più che bambini costretti a diventare troppo presto adulti.

Ivan Fila

Ucraina: due bambini, fratello e sorella, vengono venduti a Caruso, il direttore di un circo che dovrebbe farli diventare dei grandi artisti. Appena oltrepassato il confine però la dura realtà li colpisce violentemente: Mimma viene venduta a un bordello e Barbu viene iniziato al crimine assieme ad altri giovanissimi compagni. Il bambino però, fiducioso nel buon animo di Caruso, che intanto si è legato a lui come se fosse il figlio che non ha mai avuto, non capisce subito la situazione. Però anche questo castello di carte crolla improvvisamente e Barbu scopre l’orrenda verità: la sorella è costretta a prostituirsi e per la loro vita sembrano non esserci speranze.
Un film che è stato per il regista quasi un dovere, il dovere di raccontare una storia vera, allo scopo di riscattare questi bambini, che si trovano agli angoli di ogni grande città, facendo in modo che vengano guardati con occhi diversi.

Sara Visentin (SV): Lea e Il re dei ladri sono due storie molto forti, in quale si è sentito più coinvolto?

Ivan Fila (IF): Non posso dire che ho partecipato di più in Lea o ne Il re dei ladri. Ho amato entrambi i film anche se sono molto diversi.
Come regista scegli di seguire delle storie che vuoi raccontare, senti che vuoi raccontarne una, una volta è stata Lea, questa volta è stata Il re dei ladri, la prossima volta saranno storie completamente differenti. Così le ho amate entrambe come se fossero i miei bambini e non posso dire che preferisco l’una o l’altra.

SV: Può raccontarci dei bambini protagonisti del suo film?

IF: Penso che essi abbiano ottenuto un’opportunità col film, perché hanno imparato un sacco di cose durante la sua produzione e l’esperienza è stata per loro un sostituto della scuola. Il ragazzo più vecchio, Marcel, ha avuto un bambino l’anno scorso con una sedicenne e adesso è sposato e padre. Barbu fuma, non cresce, resta sempre lo stesso. Hanno imparato, penso che abbiano avuto una vera esperienza, è stata un’importante scuola di vita, spero.

SV: La scelta di chiamare Lazar Ristovski come interprete per la parte di Caruso è stata una scelta immediata? Come si è trovato poi a lavorare con lui?

IF: Egli era probabilmente la sola scelta perché é un attore geniale. Ho cercato nella Repubblica Ceca e poi in Germania e non ho potuto trovare un attore giusto perché Lazar è la combinazione di poesia e follia, è come un vulcano. È veramente difficile trovare un attore con tali sentimenti animali, egli ha tutto ciò dentro di sé. È stata dunque una buona collaborazione, non abbiamo avuto mai problemi, mai discussioni, abbiamo seguito lo stesso percorso.

Immagine articolo Fucine Mute

SV: Dove ha trovato il bambino che ha interpretato il ruolo di Barbu nel film? Senza di lui, almeno secondo me, il film non sarebbe stato lo stesso.

IF: Abbiamo cominciato a cercare dappertutto, partendo dall’Italia a Cesenatico, dove c’è una scuola circense, ma abbiamo trovato solo dei bambini troppo occidentali, molto viziati dallo stile di vita occidentale. Dopo io e il mio assistente alla regia siamo andati in Russia a San Pietroburgo, dove c’era un’altra scuola circense, li abbiamo trovati entrambi. 

SV: La musica è un elemento importantissimo del suo film, ne segna i passaggi e gli stacchi. Vuole dirci qualcosa a questo proposito?

IF: Avevo una particolare aspettativa per la musica ma non potevo trasmetterla facilmente al compositore de Il re dei ladri. Così mi sono seduto accanto a lui e l’ho obbligato a comporre questo tipo di musica. Perché la musica è veramente importante per me per raccontare una storia. Il percorso compiuto è stato speciale, egli ha lavorato molto e sono felice di questo, ma è stata una dura lotta.

SV: In quale direzione la sta portando il suo cinema, quale tipo di storie si sente di poter e di dover raccontare? Quando si mette dietro la macchina da presa sente una responsabilità di qualche tipo di fronte ad una storia in particolare, e di fronte poi a chi vedrà questa storia?

IF: La mia strada è molto difficile. Ho visto molti film privi di storia, solo con effetti speciali, con scene di violenza gratuita… io vorrei parlare invece di storie di uomini. Il problema è che queste storie non sono considerate commerciali, ci sono moltissime difficoltà a finanziare questi film. Non mi preoccupo per il futuro perché non penso che seguiremo la via del cinema americano o che andremo al cinema solo per vedere bombe ed effetti speciali o fesserie senza gente intorno. Spero che le nostre storie non verranno uccise.