John Doe è una grande scommessa editoriale, una fucina per nuovi talenti e soprattutto un fumetto di qualità. Nel Giugno 2003 l’Eura Editoriale fece approdare in edicola il primo numero di questo mensile brossurato di cento pagine in b/n (in perfetto stile Bonelli) dalle splendide copertine di Massimo Carnevale, anticipandone l’uscita con due dossier allegati alle storiche riviste contenitore Skorpio e Lanciostory.
I lettori, quindi, erano stati in qualche modo preparati all’arrivo del nuovo personaggio nato dalla collaborazione tra Lorenzo Bartoli e Roberto Recchioni e quando l’albo uscì nelle edicole ebbe un discreto successo, guadagnandosi in pochi numeri la sua fetta di pubblico.
John Doe è il nome comunemente usato in America per definire i cadaveri senza nome e si addice perfettamente all’omonimo protagonista di questo fumetto on the road pieno zeppo di citazioni cinematografiche.
Il bel ragazzotto in questione è l’ex direttore della Trapassati Inc. e braccio destro di Morte, l’oscura mietitrice. La Trapassati Inc. è un’azienda che si occupa di gestire il decesso dei mortali secondo il destino imposto dalle Alte Sfere ed è stata fondata da Morte e dagli altri tre cavalieri dell’apocalisse (Guerra, Pestilenza e Fame). Questa “particolare” attività è stata sempre gestita da operatori umani che si occupano dei vari settori: dagli incidenti automobilistici a quelli domestici, dalle morti per malattia a quelle violente.
John dopo essere stato “scoperto” da Morte, sedotta dal suo fascino misterioso mentre si trovava di passaggio in un locale a Savannah, ottenne il posto di direttore nella sua Azienda dopo un lungo tirocinio con gli altri Cavalieri che gli hanno insegnato “i trucchi del mestiere”.
I suoi studi s’incentrarono sulle varie tecniche di sterminio e omicidio, sui vari tipi di combattimento corpo a corpo e con le armi, sino ad una conoscenza storica e pratica pressoché assoluta del mestiere di mietitore di anime.
Il suo test d’ammissione consistette nello scatenare un disastro aereo facendo in modo che tutte le vittime designate perissero nell’incidente. Un compito difficile e preciso che Morte non mancò di apprezzare.
Le storie del periodo in cui John rivestì il ruolo di direttore alla Trapassati Inc. sono attualmente in corso di pubblicazione su Skorpio e vedono il giovane protagonista, con la sua immancabile agenda alla mano (un manufatto mistico che riporta la causa e la data del decesso di tutti gli esseri umani) svolgere impeccabilmente il suo lavoro; la serie regolare (giunta al traguardo dei diciannove numeri), invece, inizia già dal termine del suo incarico.
Nel primo numero “La morte, l’universo e tutto quanto”, John scopre delle anomalie nei registri contabili dell’azienda: alcune persone vengono salvate, mentre (molte) altre vengono uccise prematuramente. Dopo aver cercato invano delle risposte tra i suoi collaboratori decide di non assecondare la politica adottata da Morte e di rubare la Falce dell’olocausto, nascondendola con l’aiuto di Tempo (un’altra entità perdutamente innamorata di lui).
Morte e gli altri Cavalieri rintracciano John e gli svelano il motivo del loro comportamento: ”Per realizzare lo spettacolo dell’Armageddon, uno show da sei miliardi di anime, sono necessari artisti, musicisti, generali che guidino eserciti assassini, e numerosi addetti ai lavori. Mettere in cantiere un’esibizione del genere richiede talento e fondi… ma le Alte Sfere pensano che noi quattro possiamo cavarcela da soli con un paio di fuochi d’artificio ed un disco di Wagner.
Il creato è molto meno perfetto di quanto si creda John, io e i miei soci siamo stati costretti a trovare soluzioni alternative.”
Il nostro antieroe allora capisce che i suoi quattro superiori stanno salvando degli individui speciali donandogli la vita eterna sacrificandone altri al loro posto, ma con la Falce dell’olocausto in suo possesso è lui a dettare le regole, perché senza di essa non possono “mettere in atto il massacro d’innocenti che serve a coprire il buco in bilancio”.
John ribadisce che come direttore della Trapassati Inc. ha il compito di fare in modo che le persone trovino la morte secondo il destino designatogli dalle Alte Sfere, è una questione di deontologia professionale. Ben presto però, dopo aver rintracciato il costruttore della Falce, scopre che quello strumento non può essere distrutto e che alla fine tornerà nelle mani del suo legittimo proprietario.
Ha così inizio la sua rocambolesca fuga sulle strade d’America a bordo di una Mustang, con i seguaci di Morte alle calcagna. Per riuscire ogni volta a farla franca dovrà contare sui favori di vecchi amici, colleghi ed amanti, che spesso incorreranno in grossi guai per avergli prestato soccorso.
In particolare ne risentirà il suo rapporto con Tempo, stanca di salvarlo nelle situazioni più disperate, che si sente usata da John, capace di ricambiare i suoi favori soltanto con fugaci notti di passione e con l’infedeltà.
La verità è che, oltre ad essere un dongiovanni di prima categoria, John è ancora innamorato di una sua vecchia fiamma, Mia, che ha sottratto alla morte e ha condotto in un ristorante al Termine dell’universo, facendole trovare lavoro come cuoca.
John Doe, questo personaggio dai capelli spettinati, il pizzetto ispido ed il sorriso triste, è un uomo dalla natura libera, che mantiene difficilmente i legami a causa della sua tendenza a “usare le persone”, come ha ben sottolineato Chase Meridian il supervisore del settore incidenti automobilistici, amica ed ex-amante di John, a cui ha procurato la macchina per la fuga.
Egli si è preso sulle sue spalle il carico dell’esistenza di migliaia d’innocenti ed è disposto a pagare a caro prezzo questa scelta, nonostante la sua vita stia andando in pezzi.
Attualmente il direttore della Trapassati Inc. è Autumn, ex-tossica e pornostar, che ha trovato la sua fortuna dopo aver incrociato John in una parentesi della sua vita sbandata. Questa ragazza spigliata e intraprendente (e molto somigliante a Hale Berry) dopo aver rubato l’auto di John viene inseguita da Guerra in persona che le scarica addosso l’artiglieria senza essersi reso conto che alla guida della Mustang non c’è l’uomo che cerca.
Autumn, miracolosamente illesa, in seguito viene condotta al cospetto di Morte, la quale, dopo averne saggiato la natura tenace, decide di assegnarle la direzione della sua azienda.
Lei e John si rincontreranno sulla strada per Groom Lake, il luogo in cui John fece precipitare quel Boeing 747 che fu il suo primo vero compito importante. Qui, dopo una breve conversazione, il nostro fuggitivo recupera la sua auto e passa le consegne ad Autumn.
Ad oggi, le ruote consumate dell’ormai celeberrima Ford Mustang fastback del 1968 (uscita direttamente del film Fuori in 60 secondi) continuano a mordere l’asfalto e neanche una bomba atomica sganciata dall’Enola gay è riuscita a fermarle.
John, dopo aver rischiato più volte la vita, si sta rendendo conto che i suoi inseguitori hanno cambiato tattica e che sono disposti ad ucciderlo pur di porre fine a questa dispendiosa ed infruttuosa caccia all’uomo, ma il nostro malinconico protagonista continua per la sua strada, vivendo la giornata.
Il mondo di John Doe si svela a poco a poco, dandoci l’impressione che si tratti di un lavoro in corso d’opera, che non si vuole legare a schemi fissi, ma che vuole crescere, permettendo ai propri personaggi di maturare lungo la storia.
Questo ha comportato un primo ciclo di storie (i primi sei numeri) un po’ sottotono che si sono in seguito rivalutate alla luce delle ultime avventure. In particolare, a livello di sceneggiature, si è meglio definito il rapporto tra Bartoli e Recchioni all’interno della serie.
Lorenzo si trova più a suo agio con storie riflessive, caratterizzate da elementi un po’ più romantici e tragici; mi riferisco in particolare alle storie: Il re del mondo in cui il comico Lester Brown rifiuta l’immortalità offertale da morte preferendo trovare la sua fine di fronte al pubblico durante un ultimo sensazionale spettacolo, Morte di un piccolo Dio in cui John assiste commosso alla fine dell’entità minore addetta ai luoghi comuni, Guerra! In cui il cavaliere seguace di Morte porta due ragazzi sulla strada insanguinata della perdizione, ed è chiaro il riferimento a Natural born Killers! Ed infine Tempo fuori sesto in cui Tempo, dopo essere stata ferita per l’ennesima volta da John, dà di matto scombinando l’ordine delle cose e costringendo il suo amato a crescere se stesso sin da quand’era in fasce. Una storia paradossale e toccante dagli imprevedibili sviluppi.
Roberto invece dà il meglio di sé in storie dense d’azione e di atmosfere alla Tarantino, in cui può giocare con la commistione di vari generi; e mi riferisco a: Gli avvoltoi hanno fame in cui John si scontra a colpi di Katana (non ci ricorda Kill Bill?) con degli zombi che sembrano venuti fuori da un film di Romero, aiutato da Autumn e da un bizzarro assassino elvis-maniaco, e Jingle Bell rock in cui è memorabile la sequenza in cui John combatte fianco a fianco con un Babbo Natale armato di mega-pistolone (alcuni lettori accorti potrebbero ricordare quel famoso crossover con Lobo…) e vestito da Iena (chi non ricorda il secondo celebre film del regista di Pulp Fiction?) contro un manipolo d’indiani usciti da Ombre rosse! Due storie per altro disegnate da un promettente Davide Gianfelice, dal tratto netto, nervoso, ma assolutamente godibile e pulito.
E proprio quest’ultimo appunto ci porta a trattare un altro degli aspetti fondamentali di John Doe: i disegnatori. Difatti alle matite già ben note come quelle di Emiliano Mammuccari, Giuseppe Manunta, Walter Venturi e Marco Cedric Farinelli, si aggiungono quelle di giovani talenti come Riccardo Burchielli, Andrea Accardi, Marco Guerrieri, Elisabetta Barletta e tanti altri che rendono John Doe un fumetto in cui si mescolano molteplici stili, anche molto diversi tra loro.
Ciò non va a scapito della qualità, perché, nella maggior parte dei casi, si vede l’impegno messo nella realizzazione delle tavole e, cosa forse più importante, il gusto di farle, la voglia di sperimentare.
Per questo ogni tanto si possono ritrovare soluzioni già adottate da maestri del fumetto come Freghieri o addirittura Jack Kirby, ma esse sono reinterpretate in un’ottica nuova da artisti molto capaci che si stanno facendo le ossa.
La citazione a più livelli (sul piano della sceneggiatura e su quello del disegno) è quindi uno degli elementi chiave di questo fumetto che si appropria di soluzioni visive, frasi e tecniche scomponendo le opere da cui trae ispirazione per costruire un prodotto nuovo ed originale.
John Doe, sottolineano i suoi autori, non è un fumetto citazionista, ma referenziale, in quanto vive in un universo popolato dagli stessi film, dagli stessi libri e dagli stessi fumetti che popolano il nostro universo reale, e, anche se qualche citazione bella e buona ogni tanto scappa, non si è mai ricalcato, creando un banale assembramento di “già visto”.
John Doe, in definitiva è un fumetto creato da autori che hanno il gusto di rischiare e che ce la stanno mettendo tutta per portare nelle edicole un prodotto nuovo, fresco, destinato al grande pubblico, con la passione di chi ama le storie che crea.
I riferimenti a film, libri e fumetti ben noti, l’utilizzo di giovani disegnatori, la scelta del modello Bonelli delle cento pagine in bianco e nero (economico ma corposo) e delle storie autoconcludenti inserite in un quadro più ampio, sono tutte scelte che ci fanno comprendere la volontà di proporre questo fumetto a più livelli, sia ai lettori giovani che si avvicinano da poco alla letteratura disegnata e per cui è fondamentale proporre storie e personaggi accattivanti, sia ai lettori più maturi che cercano in John Doe un passatempo piacevole, ma non troppo semplice, e che sono interessati a scoprire i nuovi talenti del fumetto italiano.