Magari sarà una preoccupazione superflua. Una precisazione non necessaria. In ogni caso questo scritto zeppo di furti letterari e cinematografici ambirebbe (forse inutilmente) ad un potenziale lettore foresto o almeno non triestino. Già come il grande Manzoni che per il suo capolavoro “I promessi sposi” ipotizzava uno sparuto numero di lettori, temo che la riconosciuta inaffidabilità dell’estensore di queste note riduca ulteriormente il bacino d’utenza. A rendere ancora più problematica la lettura del testo vorrei impunemente introdurre un elemento sviante. Una sorta di travestimento per cui dovreste immaginare che quello che segue sia l’eloquio di quel famoso maestro di cerimonia (Joel Grey), mascheramaligna e perversa dell’ambiguità, che magnifica le attrattive del “Cabaret” (1972) di Bob Fosse. A questo punto la maggior parte dei pochi lettori avrà già cliccato altrove (uomini di poca fede), i superstiti, invece, dovranno sorbirsi ancora qualche piccola divagazione.

Immagine articolo Fucine MuteSostiene il poeta Saba: “Trieste ha una scontrosa grazia”, che è quasi un ossimoro. In effetti non è detto che debba piacere a tutti. Facciamo il caso delviandante calviniano ed immaginiamo che sia lunedì. Allora, se una notte d’inverno un viaggiatore dovesse scendere dal treno nonavrebbe grandi difficoltà a raggiungere il Teatro Miela. Una passeggiata di centocinquanta metri ed ecco manifestarsi un palazzone in stile littorio che lo ospita. Da quattordici anni la Cooperativa Bonawentura gestisce questo spazio multimediale che macina cultura non accademica e divertimento intelligente. Un fiore all’occhiello per la città che qualcuno vorrebbe, incredibilmente, mettere a tacere. Del resto lo stesso Montale ammoniva profeticamente: “ma vi odiate sempre tanto a Trieste?”. Al Miela da cinque anni due amici per la pelle, Stefano Dongetti ed Alessandro Mizzi, hanno messo su qualcosa che pomposamente hanno chiamato Cabaret, o per essere più precisi Pupkin Kabarett. Se siete appassionati di cinema dovreste sapere che Rupert Pupkin è un personaggio cinematografico, aspirante comico, interpretato da Robert De Niro. Per raggiungere il suo scopo decide di rapire un conduttore televisivo (Jerry Lewis) ottenendo così la possibilità di esibirsi sul piccolo schermo. Il film è “Re per una notte” (1983) e lo firma Martin Scorsese. Pur visto in un’età giovanile facile alle suggestioni Rupert Pupkin è stato per Dongetti una sorta di improvvisa e fatale folgorazione. Da allora nonostante le accorate implorazione e i tentativi di dissuasione di parente e amici, egli ha deciso che da grande (si fa per dire) avrebbe fatto il comico. Ma, forse per pudore, non osava proporsi fino a quando non ha trovato in Mizzi più che un ingenuo sodale un astuto complice. I due, con spavalda sfrontatezza, (o con sfrontata spavalderia) hanno estorto alla dirigenza del Miela la possibilità di occupare la saletta piccola del teatro, per un paio di ore nella serata del lunedì, considerata giornata “morta”. Consapevole di non poter fare tutto da sola, la coppia, soprannominata dagli invidiosi il gatto e la volpe, ha assoldato due musicisti, il pianista Riccardo Morpurgo e il sassofonista Piero Purini, in grado di risollevare le incerte sorti delle serate. L’ingresso libero e gratuito garantiva almeno la presenza di qualche occasionale e sprovveduto spettatore, ma era opinione diffusa che il tutto non sarebbe durato a lungo. Insomma, a detta di molti, una scommessa persa in partenza ma che incredibilmente ha trovato una adesione ed una rispondenza oltre le più rosee previsioni. Così, nel corso del tempo, per contenere un pubblico sempre più numeroso, Dongetti e Mizzi hanno deciso di annettersi la Sala Grande e di imporre una modesta gabella all’ingresso.

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A questo punto starebbe bene una frase del tipo: molto si è scritto sulle ascendenze artistiche della coppia. Temo, con ragionevole grado diapprossimazione, che ciò non corrisponda al vero. Dopo profonda riflessione qualcuno ha individuato in Dean Martin e Jerry Lewis i possibili progenitori. Come si sa il duo nacque negli anni Quaranta al 500 Club di Atlantic City eha successivamente esportato la sua comicità, dal 1949 al 1956, in sedici film. Mizzi ricorda Martin. è lui il comico “serio”, la mente “pensante”, l’organizzatore. Dongetti, per gli intimi “Donge”, è il comico “irrazionale”, la mente “incontrollabile”, il folletto. Insieme formano una coppia assolutamente unica ed originale. Ma solo chi li ha visti dagli esordi ha potuto misurare la loro evoluzione. Già perché agli iniziMizzi amava proporsi soprattutto come attore dei monologhi impietosi di Eric Bogosian, mentre Dongetti sfoderava una vena ancor più surreale. A loro due si sono successivamente aggregati altri compagni di ventura. Massimo Sangermano che si è specializzato nel far le pulci al quotidiano locale. Laura Bussani che dimostra una predilezione per gli argomenti scatologici e le sporcaccionerie della terza età. Il servo di scena Nazareno Bassi rigorosamente e ostinatamente in azione combinata con voce off. Ultimo recente acquisto lo sloveno Janko Petrovec che filosofeggia con causticità su vizi e virtù della minoranza. In più, ai musicisti d’esordio Morpurgo e Purini, si sono aggiunti il batterista Luca Colussi, il bassista Andrea Lombardini e il trombettista Flavio D’Avanzo, tutti appassionatamente ribattezzati la Niente Band. Ormai il Pupkin Kabarett è diventato per i suoi due ideatori una sorta di kolossal che li avvicina nelle aspirazioni agli ineguagliabili Garinei e Giovannini.

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In ogni caso, se siete dei forestieri e capitate dalle parti di Trieste un qualsiasi lunedì, cogliete l’occasione, qui si direbbe, di fare uno “scampon” al Miela. Come direbbe il maestro di cerimonia Joel Grey le ragazze del bar sono affascinanti e cortesi, l’atmosfera giusta e rilassata, gli artisti in grado di farvi divertire. Buon Pupkin Kabarett a tutti.

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P.S. per una fortuita coincidenza Alessandro Mizzi festeggia proprio in questi giorni di dicembre dell’anno di grazia 2004 i suoi primi quarant’anni. Un’occasione in più per venirlo a vedere ed applaudire.